Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 52989 del 19/10/2017


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 52989 Anno 2017
Presidente: CARCANO DOMENICO
Relatore: CENTONZE ALESSANDRO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:
1) Mourchid Hicham, nato il 28/05/1976;

Avverso l’ordinanza n. 696/2016 emessa 1’08/11/2016 dal Tribunale di
sorveglianza di Trieste;

Sentita la relazione svolta dal Consigliere dott. Alessandro Centonze;

Lette le conclusioni del Procuratore generale, che ha concluso per
l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata;

Data Udienza: 19/10/2017

RILEVATO IN FATTO

1. Con il provvedimento in epigrafe il Tribunale di sorveglianza di Trieste
rigettava il reclamo proposto avverso l’ordinanza emessa dal Magistrato di
sorveglianza di Udine il 14/04/2016, con sui era stata respinta l’istanza
presentata da Hicham Mourchid, ai sensi dell’art. 35-ter Ord. Pen., finalizzata a
ottenere la riduzione di pena a titolo di riparazione, per un periodo di 36 giorni,
per effetto delle condizioni detentive patite a partire dal 04/02/2008, che si

Il rigetto del reclamo presentato da Mourchid veniva giustificato dalle
informazioni acquisite presso la Casa circondariale di Tolmezzo, dalle quali
emergeva che il detenuto aveva usufruito di uno spazio abitativo che, tenuto
conto degli arredi e dei compagni di cella, risultava superiore alla misura
individuale di 3 metri quadri, godendo al contempo dei benefici trattamentali,
previsti dalla struttura penitenziaria dove era ristretto.

2.

Avverso tale ordinanza, Hicham Mourchid ricorreva per cassazione,

deducendo due motivi di ricorso.
Con il primo motivo di ricorso si deducevano violazione di legge e vizio di
motivazione del provvedimento impugnato, in riferimento all’art.

35-ter Ord.

Pen., 27 Cost. e 3 CEDU, conseguenti al fatto che la decisione in esame risultava
sprovvista di un percorso argomentativo che desse adeguatamente conto degli
elementi di informazione acquisiti dal Tribunale di sorveglianza di Trieste ai fini
della valutazione delle condizioni detentive patite dal ricorrente.
Con il secondo motivo di ricorso si deducevano violazione di legge e vizio di
motivazione del provvedimento impugnato, in riferimento all’art.

35-ter Ord.

Pen., 27 Cost. e 3 CEDU, conseguenti al fatto che le condizioni di detenzione
patite da Mourchid si ponevano in contrasto con la previsione dell’art. 3 CEDU,
legittimando l’attivazione della procedura finalizzata all’ottenimento del beneficio
riparatorio di cui all’art. 69, comma 6, lett. b), Ord. Pen., limitatamente al
computo dello spazio detentivo individuale di cui aveva usufruito.
Queste ragioni imponevano l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.

2. Osserva, innanzitutto, esaminare il primo motivo di ricorso, con cui si
censurava il percorso argomentativo seguito dal Tribunalecti—sprveglianza di
2

ritenevano non conformi ai parametri stabiliti dall’art. 3 CEDU.


Trieste sotto il profilo degli elementi informativi utilizzati ai fini della decisione,
evidenziando che il rimedio riparatorio richiesto da Mourchid, per complessivi 36
giorni di pena detentiva, veniva negato sulla base di una valutazione delle
frazioni di carcerazione effettuata nel rispetto dei principi affermati dalla Corte
EDU, correttamente richiamati nel provvedimento impugnato.
Si consideri che il contenuto dell’ordinanza emessa dal Magistrato di
sorveglianza di Udine il 14/04/2016 – così come richiamata dal Tribunale di
sorveglianza di Trieste – si fondava su un’analitica valutazione del trattamento

vagliato sulla base delle informazioni trasmesse dalla Casa circondariale di
Tolmezzo, in conseguenza delle quali gli veniva negato il diritto a ottenere una
riduzione di pena per complessivi 36 giorni.
Queste ragioni impongono di ritenere inammissibile il primo motivo di ricorso.

3. Analogo giudizio di inammissibilità deve essere espresso con riferimento
al secondo motivo di ricorso, con cui si deducevano violazione di legge e vizio di
motivazione del provvedimento impugnato, conseguenti al fatto che le condizioni
di detenzione patite da Mourchid si ponevano in contrasto con la previsione
dell’art. 3 CEDU.
Osserva, in proposito, il Collegio che l’assunto su cui il ricorrente fonda la
doglianza in esame è smentito dalle risultanze processuali, atteso che limitatamente alla frazione detentiva patita presso la Casa circondariale di
Tolmezzo – il detenuto, tenuto conto degli arredi camerali e del numero dei
compagni di cella, usufruiva di uno spazio individuale superiore ai 3 metri quadri,
beneficiando al contempo dei benefici trattamentali previsti nella struttura
penitenziaria dove era ristretto.
Tali conclusioni appaiono rispettose del dettato dell’art. 3 CEDU e conformi
alla giurisprudenza consolidata di questa Corte, secondo la quale: «Ai fini della
determinazione dello spazio individuale minimo intramurario, pari o superiore a
tre metri quadrati da assicurare a ogni detenuto affinché lo Stato non incorra
nella violazione del divieto di trattamenti inumani o degradanti, stabilito dall’art.
3 della Convenzione dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, così come
interpretato dalla conforme giurisprudenza della Corte EDU […], dalla superficie
lorda della cella devono essere detratte l’area destinata ai servizi igienici e quella
occupata da strutture tendenzialmente fisse […]» (Sez. 1, n. 13124 del
17/11/2014, Morello, Rv. 269514).

4. Per queste ragioni, il ricorso proposto da Hicham Moruchid deve essere
dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorr te al
3

carcerario patito dal ricorrente durante le frazioni di pena detentiva controversa,

pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al
versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in euro
duemila, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro duemila in favore della Cassa delle

Così deciso il 19/10/2017.

ammende.

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