Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 52983 del 19/04/2017


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 52983 Anno 2017
Presidente: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA
Relatore: TARDIO ANGELA

SENTENZA

sul ricorso proposto da
De Lellis Mauro, nato a Pescara il 06/11/1971

avverso la ordinanza del 23/05/2016 del Tribunale di Chieti – sezione distaccata
di Ortona

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
sentita la relazione svolta dal consigliere Angela Tardio;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Giulio Romano, che ha chiesto annullarsi, con rinvio, nei limiti precisati
in motivazione, l’ordinanza impugnata.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 23 maggio 2016 il Tribunale di Chieti – sezione
distaccata di Ortona, decidendo in funzione di giudice dell’esecuzione nei
confronti di Mauro De Lellis, in esito alla udienza camerale del 12 maggio 2016:

Data Udienza: 19/04/2017

- ha ritenuto che non vi fosse nulla a provvedere in ordine alla istanza di
incidente di esecuzione depositata il 25 gennaio 2016 e reiterata il 29 gennaio
2016 quanto alla riapplicazione dell’indulto, costituendo l’istanza

“una sorta di

impugnazione della precedente analoga istanza conclusasi con provvedimento
dell’11.11.2015″, le cui argomentazioni andavano condivise, dovendo il computo
della pena non inferiore a due anni riferirsi alla pena finale che seguiva alla
condanna, e non alla pena base;
– ha escluso che ricorressero i presupposti per dichiarare, ex art. 172 cod.

sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. dal Tribunale di Roma il 16 febbraio 2004,
irrevocabile il 23 marzo 2004, per la violazione dell’art. 216 legge fall.,
commessa in Roma il 23 aprile 1997, per avere il condannato riportato, nel
tempo necessario per l’estinzione della pena, condanne per truffe e per tenuta
irregolare o incompleta di scritture contabili e altre inosservanze, aventi la
medesima indole fraudolenta;
– ha riconosciuto il vincolo della continuazione tra i reati giudicati con le
sentenze del 3 maggio 2011 del Giudice della udienza preliminare del Tribunale
di Pescara e del 23 aprile 2014 della Corte di appello di L’Aquila, ritenuta la
sussistenza della unicità del disegno criminoso, determinando in mesi otto di
reclusione l’aumento in continuazione rispetto alla pena di anni due di reclusione
irrogata per il reato più grave di cui alla seconda sentenza.

2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo
del suo difensore avv. Antonio Di Blasio, l’interessato De Lellis, che ne chiede
l’annullamento con riferimento al rigetto della richiesta di applicazione
dell’indulto, già revocato, deducendone la fondatezza nel merito, e con
riferimento al diniego della estinzione della pena per intervenuta prescrizione,
deducendo la commissione dei reati, di cui alle sentenze sub 2 e 3 del certificato
penale, prima della irrevocabilità della sentenza del 16 febbraio 2004 del
Tribunale di Roma, anche se giudicati successivamente, e, in ogni caso,
l’intervenuto decorso del termine di prescrizione decennale dalla data di
irrevocabilità della sentenza sub 3.

3.

Il Sostituto Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta,

concludendo per la declaratoria di inammissibilità del motivo relativo alla omessa
riapplicazione dell’indulto e per l’annullamento con rinvio dell’ordinanza
impugnata limitatamente al diniego della estinzione, per decorso del tempo,
della pena inflitta con la sentenza del 16 febbraio 2014, stante la fondatezza al
riguardo del ricorso.

2

pen., la prescrizione della pena di anni due, applicata con sentenza emessa ai

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.

H primo motivo del ricorso, che attiene alla contestata omessa

applicazione dell’indulto ai sensi della legge n. 241 del 2006, è inammissibile.
1.1. Il presupposto fattuale dell’ordinanza, correlato all’esito della
precedente analoga istanza con provvedimento reso in data 11 novembre 2015 e
giustificativo della interpretazione della nuova istanza del 25 gennaio 2016 come

provvedere”, non è contestato dal ricorrente, che, nella premessa espositiva del
ricorso, rappresenta di avere proposto incidente di esecuzione, con atto del 25
gennaio 2016, deducendo l’erroneità del già adottato provvedimento di revoca
dell’indulto.
1.2. Le questioni afferenti al merito di detto provvedimento, invece,
avrebbero dovuto formare oggetto di specifica impugnazione, a mezzo di ricorso
per cassazione in termini, il cui omesso esperimento, non contestato, non
consente la deduzione dell’ipotetico errore di fatto o di diritto -cui avrebbe
dovuto porsi rimedio con lo strumento della impugnazione- in via autonoma in
diverso procedimento, per la operatività della preclusione del cosiddetto
giudicato esecutivo, alla cui stregua, in caso di esaurimento

dell’iter delle

impugnazioni ovvero di mancata impugnazione da parte degli aventi diritto, il
provvedimento conclusivo acquisita carattere di stabilità e, dunque, di
definitività, ove, come nella specie, non siano dedotti elementi nuovi, di fatto o
di diritto, cronologicamente sopravvenuti alla decisione, ovvero non siano
prospettati elementi pregressi o coevi che, tuttavia, non abbiano formato
oggetto di considerazione, neppure implicita, da parte del giudice (tra le altre, da
ultimo, Sez. 1, n. 7877 del 21/01/2015, P.M. in proc. Conti, Rv. 262596; Sez. 1,
n. 40647 del 12/06/2014, Fenotti, Rv. 260542, e giurisprudenza ivi richiamata).

2.

Né merita accoglimento il secondo motivo, che attinge l’ordinanza

impugnata sul punto relativo alla omessa declaratoria della prescrizione della
pena applicata con la sentenza del 16 febbraio 2004 del Tribunale di Roma,
irrevocabile il 23 marzo 2004.
2.1. Si premette il richiamo ai consolidati condivisi principi pertinenti alla
non denunciabilità, con il ricorso per cassazione, dei “vizi della motivazione nelle
questioni di diritto affrontate dal giudice di merito in relazione alla
argomentazioni giuridiche delle parti” (Sez. 5, n. 4173 del 22/02/1994, Marzola,
Rv. 197993), in quanto o le medesime “sono fondate, e allora il fatto che il
giudice le abbia disattese (motivatamente o meno) da luogo al diverso motivo di

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“una sorta di impugnazione”, sì da condurre a un epilogo decisorio di “nulla a

censura costituito dalla violazione di legge; ovvero sono infondate, e allora che il
giudice le abbia disattese non può dar luogo ad alcun vizio di legittimità della
pronuncia giudiziale, avuto anche riguardo al disposto di cui all’art. 619 c.p.p.,
comma 1, che consente di correggere, ove necessario, la motivazione quando la
decisione in diritto sia comunque corretta” (Sez. 1, n. 4931 del 17/12/1991, dep.
2012, Ministero Tesoro in proc. Parente, Rv. 188913).
2.2. Tanto premesso, si rileva che, se è corretto il rilievo difensivo, condiviso
nella requisitoria scritta della Procura generale, che i reati per i quali il ricorrente

data di irrevocabilità della indicata sentenza -ritenuti dal Giudice dell’esecuzione
accomunati dalla stessa indole del reato con essa giudicato e ostativi alla
dichiarazione di estinzione della relativa pena ex art. 172, ultimo comma, cod.
pen.- sono stati commessi in data antecedente alla detta data e come tali non
sono di ostacolo alla estinzione della pena (tra le altre, Sez. 1, n.
18990 del 07/04/2004, Turco, Rv. 227984; Sez. 1, n. 46691 del 24/10/2012,
3acovitti, Rv. 253975), risulta dallo stesso certificato penale, che questa Corte
ha acquisito, che:
– il ricorrente ha riportato condanna (con la sentenza sub 7 del certificato
penale) per il delitto di tentata estorsione, commesso il 20 dicembre 2009 e il 4
gennaio 2010, la cui identità di indole con il delitto di bancarotta fraudolenta
trova univoco fondamento nella stessa finalità di profitto che li connota (tra le
altre, sulla nozione di

“reati della stessa indole”,

Sez. 1, n. 44255 del

17/09/2014, Durdev, Rv. 260800; Sez. 1, n. 46138 del 27/10/2009, Greco, Rv.
245504; Sez. 3, n. 3362 del 04/10/1996, P.M. in proc. Barrese, Rv. 206531);
– il ricorrente, inoltre, è un recidivo reiterato infraquinquennale ex art. 99,
quarto comma, cod. pen., e tale status soggettivo è stato ritenuto (con la
sentenza sub 8 del certificato penale) dal giudice del processo di cognizione, nel
quale la recidiva era stata contestata (tra le altre Sez. 1, n. 13398 del
19/02/2013, Milacic, Rv. 245021) .
2.3. La congiunta ricorrenza di tali emergenze, che integrano le due
alternative cause ostative alla vicenda estintiva della pena per decorso del
tempo, prevista dall’art. 172, ultimo comma, cod. pen., conferma la correttezza
della decisione in diritto, e comporta la rettifica della motivazione dell’ordinanza,
a norma dell’art. 619, comma 1, cod. proc. pen., nel senso della non pertinenza,
al predetto fine, delle condanne di cui alle sentenze sub 2 e 3 del certificato
penale.

3. Il ricorso, proposto sulla base di censure inammissibili o infondate, deve
essere, conclusivamente, rigettato.

4

ha riportato condanna (con le sentenze sub 2 e 3 del certificato penale) dopo la

Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

Così deciso il 19/04/2017

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