Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 52962 del 17/10/2017


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 52962 Anno 2017
Presidente: DAVIGO PIERCAMILLO
Relatore: IMPERIALI LUCIANO

sul ricorso proposto da:
CASSESE ANTONIO nato il 12/02/1971 a SAN GIORGIO A CREMANO

avverso l’ordinanza del 26/04/2017 del TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI
sentita la relazione svolta dal Consigliere LUCIANO IMPERIALI;
late/sentite le conclusioni del PG ANTONIO MURA
Il Proc. Gen. conclude per il rigetto
Udito il difensore :04’i

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Il difensore presente Chiede l’accoglimento del ricorso

Data Udienza: 17/10/2017

RITENUTO IN FATTO
1. Antonio Cassese ricorre per Cassazione avverso l’ordinanza in data 26/4/2017 con la
quale il Tribunale di Napoli, sezione del riesame, ha rigettato l’appello proposto avverso
l’ordinanza del giudice per le indagini preliminari del Tribunale Nord che in data 8/2/2017
aveva respinto l’istanza difensiva volta ad ottenere la declaratoria di inefficacia della misura
degli arresti domiciliari emessa nei suoi confronti il 24/10/2016 ed eseguita il 5/11/2016 per
aver promosso e partecipato ad un’associazione per delinquere, per essere scaduti i termini di

cautelare gli imputa uno solo dei reati satelliti ma, comunque, è stata emessa soltanto in
relazione all’ipotesi associativa, deduce:
1.1. La violazione di legge, ed in particolare dell’art. 648 cod. proc. pen., con riferimento
alla preclusione endoprocessuale conseguente al cd. giudicato cautelare, che si assume
ritenuta dal Tribunale coprire anche le questioni meramente deducibili e non dedotte, come nel
caso di specie la questione attinente alla corretta qualificazione giuridica del ruolo attribuitogli,
che il ricorrente assume da intendersi in termini di mero partecipe all’associazione criminosa e
non di promotore, tanto più che la questione del corretto inquadramento della fattispecie
sarebbe stata per lui priva di interesse concreto nel momento del riesame dell’ordinanza
genetica, e tale, pertanto, da determinarne in quel momento l’inammissibilità.
1.2. La violazione di legge, con riferimento all’art. 416 cod. pen., per essergli stata
attribuito il ruolo di promotore del sodalizio, pur trattandosi di condotta distinta, alternativa ed
autonoma da quella di mero partecipe.

CONSIDERATO IN DIRITTO
2. Il ricorso è inammissibile, in quanto si discosta dai parametri dell’impugnazione di
legittimità stabiliti dall’art. 606 cod. proc. pen.
2.1. E’ ben vero, infatti, che in tema di giudicato cautelare la preclusione processuale
conseguente alle pronunzie emesse, all’esito del procedimento incidentale di impugnazione,
dalla Corte Suprema ovvero dal Tribunale in sede di riesame o di appello, avverso le ordinanze
in tema di misure cautelari, ha una portata più modesta rispetto a quella determinata dalla
cosa giudicata, sia perché è limitata allo stato degli atti, sia perché non copre anche le
questioni deducibili, ma soltanto le questioni dedotte, implicitamente o esplicitamente, nei
procedimenti di impugnazione avverso ordinanze in materia di misure cautelari personali (Sez.
1, n. 47482 del 06/10/2015, Rv. 265858). Come correttamente rilevato dal provvedimento
impugnato, però, dalla lettura congiunta dell’ordinanza genetica e di quella di conferma
pronunciata dal Tribunale di Napoli in funzione di giudice del riesame in data 29/11/2016
emerge che il ricorrente è stato riconosciuto gravemente indiziato di aver svolto un “ruolo
fondamentale” per l’associazione criminosa descritta nel capo di incolpazione provvisoria, in
particolare con la condotta di reclutare le vittime, di avvicinare ex studenti alla ricerca di prima
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fase in relazione alla partecipazione all’associazione. Il ricorrente, premesso che l’ordinanza

occupazione, grazie alla sua qualifica di insegnante di scuola superiore, e di formulare, anche
nella fase successiva, offerte di intermediazione di pubblici ufficiali asseritamente in grado di
assicurare, con i loro mezzi, il superamento di concorsi pubblici: il ricorrente, così, formulava
proposte di accordo, riscuoteva il denaro, intercedeva nell’eventuale successiva fase patologica
conseguente al mancato superamento delle prove, in tal modo consentendo la diffusione del
programma criminoso dell’associazione.
In relazione a tale quadro indiziario si è innegabilmente formato il cd. giudicato cautelare,
ma il ricorrente in questa sede contesta la corretta qualificazione del ruolo attribuitogli, quello

all’associazione e dell’autonomia delle figure criminose di carattere alternativo previste nei
reati associativi, per cui la condotta del promotore o capo costituisce figura autonoma di reato
e non circostanza aggravante della partecipazione all’associazione medesima. (Sez. 2, n.
40254 del 12/06/2014, Rv. 260444; Sez. 5, n. 8430 del 17/01/2014, Rv. 258304). Si è
correttamente rilevato, però, che proprio l’autonomia delle singole figure criminose di cui ai
commi 1 e 2 dell’art. 416 cod. pen. non esclude che il soggetto possa aver assunto anche le
vesti del partecipe, svolgendo, in determinati momenti della vita associativa, compiti di natura
meramente esecutiva in vista del conseguimento degli obiettivi criminali dell’associazione.
Soprattutto, deve rilevarsi che, in tema di reato associativo, riveste il ruolo di promotore
non solo chi sia stato l’iniziatore dell’associazione, coagulando attorno a sè le prime adesioni e
consensi partecipativi, ma anche colui che – pur senza necessariamente partecipare alla
complessiva attività di gestione dell’associazione, né all’assunzione di funzioni decisionali,
condotte connotanti le diverse figure dell’organizzatore e del capo – contribuisce alla
potenzialità pericolosa del gruppo già costituito, provocando l’adesione di terzi all’associazione
ed ai suoi scopi attraverso un’attività di diffusione del programma (Sez. 2, n. 52316 del
27/09/2016, Rv. 268962), e la condotta contestata al Cassese risulta in primo luogo quella di
diffusione del programma criminoso ed all’ampliamento della sua sfera di azione, con il
coinvolgimento di soggetti che, pur senza entrare a far parte del sodalizio e restandone invece
vittime, si mostravano interessati ad acquisire garanzie di conseguire comunque, anche con
intermediazioni illecite procurate dal ricorrente, il superamento di concorsi pubblici.
Sono del tutto infondate, pertanto, le censure rivolte alla qualificazione giuridica delle
condotte contestate al Cassese e, conseguentemente, deve ritenersi corretta l’individuazione
del termine di fase in sei mesi, ai sensi dell’art. 303 comma 1 lett. a) n. 1 cod. proc. pen., in
quanto correlato alla pena prevista per la più grave condotta di promotore dell’associazione per
delinquere, determinata dall’art. 416 comma 1 cod. pen. con la reclusione da tre a sette anni.
3. Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara
inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al
pagamento delle spese del procedimento e della somma di C 1.500,00 in favore della Cassa
delle Ammende.

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di “promotore” del sodalizio, anche in virtù della contestazione anche di quello di “partecipe”

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento della somma di euro millecinquecento alla Cassa delle Ammende.

Così deliberato in camera di consiglio, il 17 ottobre 2017

Dott. L

.•• Im eriali

Il Presidente
Dott. Piercamillo Davigo

Il Consigliere estensore

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