Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 52955 del 08/11/2017


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 52955 Anno 2017
Presidente: DAVIGO PIERCAMILLO
Relatore: SGADARI GIUSEPPE

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:
Polimeno Davide, nato a Galatina il 20/05/1990,
avverso la sentenza del 27/01/2017 della Corte di Appello di Lecce;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione della causa svolta dal consigliere Giuseppe Sgadari;
udito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale Perla
Lori, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1.Con la sentenza in epigrafe, la Corte di Appello di Lecce, parzialmente
riformando solo con riguardo al trattamento sanzionatorio la sentenza del
Tribunale di Lecce del 22 febbraio 2016, confermava la responsabilità del
ricorrente per il reato di rapina aggravata dall’uso di arma e dal travisamento del
complice Saracino Salvatore, al quale il Polimeno, fungendo anche da palo,
aveva offerto il coltello utilizzato per minacciare le cassiere di un supermercato al
fine di appropriarsi del danaro contenuto nelle casse e pari ad oltre 1000 euro.
1

Data Udienza: 08/11/2017

,.

2. Ricorre per cassazione Davide Polimeno, a mezzo del suo difensore e con
unico atto, deducendo:
1)

violazione di legge e vizio della motivazione in ordine alla ritenuta

responsabilità dell’imputato, fondata esclusivamente sulle dichiarazioni del correo
Saracino, contraddittorie e prive di riscontri;
2) vizio di motivazione per travisamento della prova in ordine alla mancata
considerazione della versione difensiva circa il motivo per il quale il Polimeno era

3) violazione di legge in ordine alla mancata concessione dell’attenuante di cui
all’art. 114 cod.pen..

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è manifestamente infondato.
1.11 ricorrente reitera questioni di puro merito che già la Corte di Appello aveva
risolto con motivazioni esenti da vizi logico-giuridici rilevabili in questa sede.
Evidenziando una serie concatenata di riscontri alle dichiarazioni dei Saracino,
che il ricorrente vorrebbe scindere, prospettando una alternativa ricostruzione
ritenuta dalla Corte del tutto implausibile.
In particolare, la chiamata in correità del Saracino era stata riscontrata dal fatto
che effettivamente il ricorrente si trovava all’esterno del supermercato negli
istanti della rapina, come confermato dai testi oculari, era nel possesso del
cellulare del Saracino, era stato chiamato pochi minuti dopo la rapina da
quest’ultimo per concordare un appuntamento per la spartizione del bottino, al
quale, infatti, il Saracino si era presentato con il compendio in contanti ancora in
tasca nonostante si fosse disfatto degli abiti utilizzati per commettere il delitto.
La concatenazione cronologica di questi eventi ha portato la Corte a esprimere il
proprio ragionevole convincimento che il chiamante in correità fosse attendibile
nell’attribuire al ricorrente il ruolo di complice che aveva fatto da palo,
prospettandogli l’occasione migliore per entrare dentro il supermercato ed
allontanandosi dal luogo con la bicicletta e con il cellulare dell’amico poi da questi
chiamato per fissare un incontro subito dopo il fatto al fine di dividere il
compendio del delitto.
Le opposte deduzioni difensive tendono a sollecitare una diversa, oltre che
logicamente inverosimile, ricostruzione di tutta la vicenda processuale preclusa
al giudizio di legittimità, dovendosi evidenziare che il supposto travisamento
della prova – che trattandosi di doppia conforme di accertamento di
responsabilità dovrebbe essere ictu oculi evidente – attiene ad aspetti marginali

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in possesso del cellulare del Saracino subito dopo la rapina;

che non intaccano la potenza dei riscontri alle dichiarazioni del chiamante in
correità siccome sottolineati dalla sentenza impugnata.
2. Le considerazioni che precedono assorbono quanto dedotto con il secondo
motivo di ricorso.
3. Il terzo motivo è inammissibile ex art. 606, comma 3, cod. proc. pen., perché
deduce una violazione di legge che non aveva formato oggetto dei motivi di
appello.

pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila alla Cassa
delle Ammende, commisurata all’effettivo grado di colpa dello stesso ricorrente
nella determinazione della causa di inammissibilità.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro duemila a favore della Cassa delle
Ammende.
Così deliberato in Roma, udienza pubblica del 08 novembre 2017

Alla declaratoria di inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al

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