Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 52954 del 08/11/2017


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 52954 Anno 2017
Presidente: DAVIGO PIERCAMILLO
Relatore: SGADARI GIUSEPPE

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:
1) Fontana Michele, nato a San Cipriano D’Aversa il 23/11/1970,
2) Fontana Michele, nato a San Cipriano D’Aversa il 14/05/1971,
avverso la sentenza del 29/06/2016 della Corte di Appello di Napoli;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione della causa svolta dal consigliere Giuseppe Sgadari;
udito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale Perla
Lori, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
udito il difensore, avv. Ida Blasi, in sostituzione dell’avv. Massimo Biffa, che ha
concluso riportandosi ai motivi di ricorso e chiedendone l’accoglimento;

RITENUTO IN FATTO

1.Con la sentenza in epigrafe, la Corte di Appello di Napoli, in esito a giudizio
abbreviato, confermava la sentenza del Giudice per le indagini preliminari del
Tribunale di Napoli che aveva condannato i ricorrenti alle pene di giustizia in
ordine al reato di estorsione continuata pluriaggravata.
1

Data Udienza: 08/11/2017

2.La Corte riteneva provato che i ricorrenti, appartenenti al clan camorristico dei
casalesi, avessero con minaccia estorto alla persona offesa 5000 euro da
destinare ai “carcerati di Casapenna”, quale tangente in relazione all’acquisto di
un terreno che la vittima doveva effettuare, pagamento per di più avvenuto
nonostante ella avesse rinunciato all’acquisto del terreno.
3. Ricorrono per cassazione i due Fontana, a mezzo del loro comune difensore e
con unico atto, deducendo:

ricorrenti, dovuto al fatto che la Corte di Appello avrebbe prestato fede al
resoconto della vicenda proveniente dalla persona offesa Gennaro Garofalo,
nonostante le contraddizioni insite nel racconto, in particolare con riguardo al
ruolo svolto dal Fontana Michele classe 1970 (inteso Sceriffo), che non avrebbe
potuto partecipare all’incontro con la vittima a tenore estorsivo, così come
indicato nel capo di imputazione, in quanto detenuto all’epoca del fatto,
risultando logicamente incongruente la circostanza che la Corte avesse attribuito
al ricorrente il ruolo di mandante, non contestatogli, esercitato nonostante fosse
ristretto in carcere.
Tale vizio motivazionale riverbererebbe i suoi effetti, secondo il ricorso, anche
sulla posizione dell’altro ricorrente, Fontana Michele classe 1971 (inteso
Puzzi//o);
2) vizio della motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza dell’aggravante delle
più persone riunite, non emergente dal racconto della persona offesa, sul punto
fortemente contraddittorio avuto riguardo alle diverse versioni da costei fornite
nelle varie occasioni in cui aveva reso dichiarazioni, come segnalato vanamente
con i motivi di appello.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è manifestamente infondato.
1.1 ricorrenti reiterano questioni di merito che già la Corte di Appello aveva
risolto con motivazioni esenti da vizi logico-giuridici rilevabili in questa sede.
Infatti, a fg. 12 della sentenza impugnata, è stato chiarito con estrema
specificità che la datazione della vicenda estorsiva in periodo compatibile con lo
stato di libertà del ricorrente Fontana Michele (inteso Sceriffo), doveva attribuirsi
al fatto, del tutto obliterato in ricorso, che la persona offesa aveva offerto un
dato oggettivo cui ancorare il suo ricordo siccome oggetto di aggiustamento tra
una dichiarazione e l’altra, vale a dire la data dell’assegno con il quale ella aveva
pagato la caparra al venditore del terreno, tale Paolella; dato facilmente

2

1) vizio della motivazione quanto all’affermazione di responsabilità di entrambi i

riscontrabile in un dibattimento, cui gli imputati si sono sottratti con la libera
scelta di definire il procedimento allo stato degli atti.
D’altra parte, i ricorrenti omettono di rilevare che la piena attendibilità della
vittima era stata ritenuta dalla Corte proprio attraverso il riscontro alle sue
dichiarazioni fornito dal venditore del terreno.
2. Anche con riguardo alla sussistenza dell’aggravante delle più persone riunite,
il ricorso è manifestamente infondato, avendo la Corte enucleato, nell’ambito

pretesa estorsiva era stata esternata dai due Fontana e da altro correo,
contestualmente presenti al cospetto della vittima, così da rendere configurabile
l’aggravante secondo la pacifica giurisprudenza di legittimità non contestata in
ricorso.
3. Infine, non sussiste la presunta contraddizione motivazionale in cui sarebbe
incorsa la Corte nell’attribuire al Fontana Michele classe 1970 il ruolo di
mandante, poiché dal complessivo tenore del provvedimento impugnato ed
anche, a ben vedere, dalla stessa rubrica, risulta che tale imputato, oltre ad aver
partecipato alla fase iniziale della richiesta illecita, proprio tale ruolo di mandante
aveva assunto con riguardo alle successive richieste estorsive alla vittima del
solo ricorrente Fontana classe 1971 (inteso

Puzzi//o),

che agiva per conto

dell’altro e che aveva poi intascato materialmente il danaro, secondo il racconto
della persona offesa.
Alla declaratoria di inammissibilità consegue la condanna dei ricorrenti al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila ciascuno alla
Cassa delle Ammende, commisurata all’effettivo grado di colpa degli stessi
ricorrenti nella determinazione della causa di inammissibilità.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro duemila ciascuno a favore della Cassa delle
Ammende.
Così deliberato in Roma, udienza pubblica del 08 novembre 2017.

dell’estorsione compiuta in forma continuata, un episodio specifico nel quale la

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