Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5295 del 15/05/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 5295 Anno 2014
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: TARDIO ANGELA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
LODATO MASSIMO N. IL 01/01/1975
avverso la sentenza n. 1045/2012 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 13/07/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANGELA TARDIO;

Data Udienza: 15/05/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Il 13 luglio 2012 la Corte d’appello di Palermo ha confermato la sentenza
del 15 dicembre 2009 del Tribunale di Palermo, che aveva dichiarato Lodato
Massimo colpevole del reato previsto dagli artt. 81 cpv. cod. pen. e 9, comma 2,
legge n. 1423 del 1956, per avere contravvenuto in due occasioni agli obblighi
inerenti alla misura di sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno e l’aveva

e riuniti i reati sotto il vincolo della continuazione, alla pena di anni uno e mesi
quattro di reclusione.
2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione per mezzo del
suo difensore l’imputato, che ne ha chiesto l’annullamento, deducendo, con unico
motivo, erronea applicazione della legge penale e carenza, contraddittorietà e
illogicità della motivazione ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod.
proc. pen., in relazione al reato di cui all’art. 9, comma 2, legge n. 1423 del
1956.
3. In esito al preliminare esame presidenziale, il ricorso è stato rimesso a
questa Sezione per la decisione in camera di consiglio ai sensi degli artt. 591,
comma 1, e 606, comma 3, cod. proc. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato.
2. L’art. 9, comma 2, legge n. 1423 del 1956, è stato modificato dalla legge
31 luglio 2005, n. 155, che ha convertito il d.l. 27 luglio 2005, n. 144, e per
effetto di tale modifica, applicabile al caso in esame, essendo stati commessi i
fatti tra il 28 e il 31 maggio 2006, punisce come delitto l’inosservanza degli
obblighi e delle prescrizioni inerenti alla misura di prevenzione della sorveglianza
speciale applicata con obbligo o divieto di soggiorno, distinguendo tale ipotesi
dalla meno grave fattispecie prevista dal comma primo del medesimo articolo,
che punisce con l’arresto “il contravventore agli obblighi inerenti alla
sorveglianza speciale”.
Secondo il costante orientamento di questa Corte (tra le altre, Sez. 1, n.
2217 del 13/12/2006, dep. 23/01/2007, P.M. in proc. Laurendino, Rv. 235899;
Sez. 1, n. 47766 del 06/11/2008, dep. 23/12/2008, P.M. in proc. Lungari, Rv.
242748; Sez. 1, n. 8412 del 27/01/2009, dep. 25/02/2009, P.G. in proc. Iuorio,
Rv. 242975), l’attuale riferimento normativo tanto agli “obblighi” quanto alle
“prescrizioni inerenti alla sorveglianza speciale con l’obbligo o il divieto di
soggiorno” (mentre in precedenza si prevedeva la sanzione della reclusione “se
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condannato, concesse le attenuanti generiche equivalenti alla contestata recidiva

l’inosservanza riguarda la sorveglianza speciale con l’obbligo o il divieto di
soggiorno”) ha reso manifesta la volontà del legislatore di sottoporre a un
trattamento sanzionatorio più rigoroso tutte le infrazioni commesse da colui al
quale sia stata imposta la misura di prevenzione più grave e che, quindi, è stato
ritenuto portatore di una maggiore pericolosità rispetto a chi sia stato sottoposto
alla mera sorveglianza speciale e le cui violazioni (esse sole, ai sensi della
normativa come modificata) sono, di contro, sanzionate con l’arresto.
Alla stregua di detta modifica normativa, pertanto, correttamente è stata

inosservanza agli obblighi inerenti alla sorveglianza speciale con l’obbligo di
soggiorno, al medesimo applicata, attuata attraverso la mancata presenza in
casa negli orari in cui era prescritta la permanenza domiciliare.
3. Il ricorso deve essere, quindi, dichiarato inammissibile, con condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché – valutato il contenuto
del ricorso e in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella
determinazione della causa d’inammissibilità – al versamento della somma,
ritenuta congrua, di euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 15 maggio 2013

Il Consigliere estensore

Il Presi ente

qualificata come delitto la violazione contestata al ricorrente, in quanto

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