Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 52948 del 03/10/2017


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 52948 Anno 2017
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: COSCIONI GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GALLIDORO Davide, nato il 11/12/1976

avverso la sentenza del 22/11/2016 n. 3393/16 della CORTE di APPELLO di
PALERMO;

visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Giuseppe COSCIONI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
Carmine STABILE, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del
ricorso;

Data Udienza: 03/10/2017

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Palermo confermava la sentenza di primo grado con la
quale Gallidoro Davide era stato riconosciuto colpevole del reato di rapina.
1.1 Avverso la sentenza ricorre per cassazione il difensore dell’imputato,
censurando la sentenza impugnata con riferimento all’ordinanza emessa dalla
Corte di Appello con la quale era stata respinta la richiesta di rinnovazione
dell’istruttoria dibattimentale: in primo grado la difesa aveva insistito per la

parte della persona offesa, mentre in appello la richiesta era relativa ai filmati
conservati negli archivi della PS delle telecamere della videosorveglianza
pubblica nei luoghi del locus commissi delicti o del percorso tra l’ufficio postale e
l’abitazione della persona offesa e la Corte aveva confuso le due richieste; inoltre
gli investigatori non avevano mai visionato i filmati della vigilanza nella via del
Bersagliere a Palermo, ma solo quelli acquisiti presso l’agenzia delle Poste;
l’integrazione probatoria era assolutamente necessaria, attesa la diversità della
descrizione fisica data dalla persona offesa tra il reo e il ricorrente.
1.2 Il difensore osserva poi che non era stato acquisito alcun elemento
processuale idoneo a fondare un giudizio di penale responsabilità a carico del
ricorrente, posto che la Corte di appello aveva ignorato il contenuto della
descrizione fisica resa dalla persona offesa, che era totalmente diversa per
corporatura, statura, colore di occhi e capelli; neppure era stato motivato
adeguatamente sulla circostanza che il reo aveva il casco al momento della
rapina; vi era stata poi una gravissima violazione di legge allorchè la PG aveva
deciso di non versare in atti del giudizio prove, come i filmati della video
sorveglianza all’interno dell’ufficio postale.

CONSIDERATO IN DIRITTO
2. Il ricorso proposto è inammissibile..
2.1 Per quanto riguarda il primo motivo di ricorso, la regula juris è che a
seguito della nuova formulazione dell’art. 438 cod. proc. pen., deve ritenersi
possibile la richiesta di rinnovazione in appello dell’istruttoria dibattimentale da
parte dell’imputato che abbia subordinato la richiesta di accedere al rito
abbreviato ad una specifica integrazione probatoria (Cass., Sez. 3, 2 marzo 2004
n. 15296, ric. Simek), sia pure nei limiti dell’integrazione probatoria richiesta,
non da parte dell’imputato che abbia richiesto il rito abbreviato allo stato degli
atti, il quale può solo sollecitare il giudice di appello all’esercizio del potere di
ufficio di cui all’art. 603 c.p.p., comma 3.

2

visione dei filmati dell’ufficio postale ove era avvenuto il prelievo di denaro da

La non incompatibilità del rito speciale con le assunzioni probatorie (Cass.,
Sez. 6, 1 ottobre 1998 n. 397, ric. Palomba) – in virtù del rinvio dell’art. 443
c.p.p., comma 4 all’art. 599 c.p.p. e, quindi, al comma 3 di questo articolo, che a
sua volta rinvia al successivo art. 603 c.p.p.- comporta tuttavia che
all’assunzione d’ufficio di nuove prove o alla riassunzione delle prove già
acquisite agli atti si proceda solo quando e nei limiti in cui il giudice di appello la
ritenga assolutamente necessaria ai fini della decisione (Cass., Sez. 6, 24
novembre 1993 n.1944, ric. De Carolis), sicché deve comunque ritenersi escluso

per effetto della scelta del giudizio abbreviato e che, pertanto, il mancato
esercizio da parte del giudice d’appello dei poteri d’ufficio sollecitati possa
tradursi in un vizio deducibile mediante ricorso per cassazione ai sensi dell’art.
606 c.p.p., lett. d).
In questo senso si è determinata la Corte di merito, dichiarando
inammissibile l’istanza di rinnovazione del dibattimento avanzata dall’imputato
perché in contrasto con la scelta del giudizio abbreviato incondizionato
precedentemente eseguita e rigettando la sollecitazione all’esercizio del potere
d’ufficio di disporre la rinnovazione perché le prove richieste non rivestivano il
carattere della decisività
Pertanto, anche a voler ammettere che la difesa abbia richiesto di acquisire
i filmati conservati negli archivi dell et PS delle telecamere di videosorveglianza
pubblica (ma ciò non risulta nell’atto di appello, nel quale la richiesta di
rinnovazione probatoria è esattamente quella indicata e respinta dalla Corte
territoriale in sentenza), il motivo non è comunque ammissibile, alla luce del
principio sopra enunciato
2.2. Riguardo al secondo motivo di ricorso, si deve precisare che gli aspetti
del giudizio che si sostanziano nella valutazione e nell’apprezzamento del
significato degli elementi probatori attengono interamente al merito e non sono
rilevanti nel giudizio di legittimità, a meno che risulti viziato il percorso
giustificativo sulla loro capacità dimostrativa, con la conseguente inammissibilità,
in sede di legittimità, di censure che siano sostanzialmente intese a sollecitare
una rivalutazione del risultato probatorio. Non va infatti dimenticato che “…sono
precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a
fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi
parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come
maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a
quelli adottati dal giudice del merito” (cfr. Sez. 6 n. 47204 del 07/10/2015, Rv.
265482), stante la preclusione per questo giudice di sovrapporre la propria
valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di

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che la parte conservi un diritto proprio a prove alla cui acquisizione ha rinunciato

merito (Sez. 6 n. 25255 del 14/02/2012, Rv. 253099); nel caso in esame il
ricorrente contesta il riconoscimento effettuato dalla persona offesa, proponendo
così un inammissibile motivo che attiene al merito della sentenza.
3. Per le considerazioni esposte, dunque, il ricorso deve essere dichiarato
inammissibile. Ai sensi dell’art. 616 c.p.p , con il provvedimento che dichiara
inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere
condannata al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi
profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento

equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.500,00 a favore della Cassa delle
ammende.

Così deciso in Roma il 03/10/2017

Il Consigliere estensore
Giuseppe Coscioni

Il Presidente
Matilde Cammino

a favore della cassa delle ammende della somma di C 1.500,00, così

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