Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 52903 del 14/09/2017


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 52903 Anno 2017
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: ANDREAZZA GASTONE

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
CANU’ NICOLA nato il 01/06/1964 a PESCARA

avverso la sentenza del 21/12/2015 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere GASTONE ANDREAZZA;

Data Udienza: 14/09/2017

Ritenuto:

– – che la Corte d’Appello di L’Aquila, con sentenza del 21/12/2015, ha confermato la
sentenza di condanna di Canù Nicola per il reato di cui all’art. 2, comma 1 bis, I.n. 638 del
1983 in relazione all’omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate
sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti per un importo complessivo, per l’anno 2008, pari
ad euro 19.448 e per l’anno 2009 pari ad euro 16.579;
– – che avverso detta sentenza ha proposto ricorso l’imputato, deducendo con un primo

dell’imputato della contestazione Inps delle inadempienze, con un secondo motivo violazione
di legge e vizio motivazionale in relazione alla prova della mancata corresponsione delle
retribuzioni ai dipendenti e con un terzo motivo violazione di legge e vizio motivazionale sul
punto della mancata sostituzione della pena detentiva in pecuniaria;
– – che il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato atteso che dalla sentenza emerge
che la diffida Inps è stata ricevuta presso il domicilio del datore di lavoro non avendo rilievo la
dedotta illeggibilità della sottoscrizione della ricevuta di ritorno;
– – che infatti, come ritenuto da questa Corte, va ribadito che la effettiva conoscenza della
contestazione dell’inadempimento contributivo può essere desunta dalla esatta indicazione del
destinatario e dall’indirizzo di recapito sulla raccomandata inviata al contravventore, sicché è
irrilevante la impossibilità di risalire alla identità del consegnatario del plico in mancanza di
concreti e specifici dati obiettivi idonei a dimostrare che la comunicazione non sia stata portata
a conoscenza del destinatario senza sua colpa (Sez. 3, n. 19457 del 8/04/2014, dep.
12/05/2014, Giacovelli, Rv. 259724) sicché devono ritenersi idonee anche le notificazioni /A
ricevute con firma illeggibile (Sez. 3, n. 2859 del 17/10/2013, dep. 22/01/2014, Aprea, Rv.
258373);
– – che quanto al secondo motivo, parimenti manifestamente infondato, va rammentato che
questa Corte ha più volte affermato che gli appositi modelli attestanti le retribuzioni corrisposte
ai dipendenti e gli obblighi contributivi verso l’istituto previdenziale (cosiddetti modelli DM 10),
hanno natura ricognitiva della situazione debitoria del datore di lavoro e la loro presentazione
equivale all’attestazione di aver corrisposto le retribuzioni in relazione alle quali è stato omesso
il versamento dei contributi (da ultimo, Sez. 3, n. 37145 del 10/04/2013, dep. 10/09/2013,
Deiana e altro, Rv. 256957);
– – che con riguardo al terzo motivo, lo stesso è in realtà volto a pretendere inammissibilmente
da questa Corte una diversa valutazione rispetto a quella, logica e conforme ai principi di
questa Corte, di esclusione della sostituzione in base ai principi penali dell’imputato;
– – che infatti va ricordato che ai fini della sostituzione della pena detentiva con pena pecuniaria
il giudice ricorre ai criteri previsti dall’art. 133 cod. pen. senza che ciò implichi che egli debba

I

motivo violazione di legge e vizio motivazionale in relazione al ritenuto ricevimento da parte

prendere in esame tutti i parametri contemplati nella suddetta previsione, potendo la sua
discrezionalità essere esercitata motivando sugli aspetti ritenuti decisivi in proposito, quali
l’inefficacia della sanzione (Sez. 3, n. 10941 del 26/01/2011, dep. 16/03/2011, Rv. 249717)
nella specie desunta dalla sentenza dai precedenti specifici in atti;
— che pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc.
pen., alla declaratoria di inammissibilità – non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a
colpa della ricorrente (Corte Cost. 7-13 giugno 2000, n. 186) – segue l’onere delle spese del
procedimento, nonché quello del versamento, in favore della Cassa delle ammende, della

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deliberato in Roma, nella camera di consiglio del 14 settembre 2017
Il Consigli `e stensore
Gasto e Afdeazza

Il Presidente
co Cavallo
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somma, equitativamente fissata, di euro 2.000,00;

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