Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5290 del 15/05/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 5290 Anno 2014
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: TARDIO ANGELA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
SCOTTO GAETANO, nato il 12/05/1952
avverso l’ordinanza n. 7665/2011 TRIBUNALE SORVEGLIANZA di
ROMA, del 08/06/2012;
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANGELA TARDIO;

Data Udienza: 15/05/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza dell’8 giugno 2012 il Tribunale di Sorveglianza di Roma ha
dichiarato inammissibile il reclamo proposto da Scotto Gaetano avverso il
decreto del Ministro della Giustizia del 30 novembre 2011, che aveva prorogato
per due anni il regime detentivo differenziato, disposto, ai sensi dell’art. 41-bis
Ord. Pen., nei confronti del medesimo, detenuto presso la Casa circondariale di
Roma Rebibbia in esecuzione della pena dell’ergastolo, inflitta con il

delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, strage, associazione di stampo
mafioso, violazione della legge sulle armi e lesioni.
Il Tribunale rilevava, a ragione della decisione, che il reclamo, esperibile con
le forme di cui all’art. 14-ter Ord. Pen., era una forma d’impugnazione che
doveva essere corredata dalla indicazione di specifici motivi e che, nella specie,
le doglianze erano rimaste del tutto generiche, non essendosi indicate le parti del
decreto oggetto di censura e le ragioni poste a sostegno del reclamo.
2. Avverso detta ordinanza il condannato detenuto ha proposto due atti di
impugnazione.
Con il primo atto, presentato personalmente, il ricorrente ha chiesto
l’annullamento dell’ordinanza sulla base di unico motivo, con il quale ha dedotto
inosservanza o erronea applicazione di legge penale, ai sensi dell’art. 606,
comma 1, lett. b), cod. proc. pen., in relazione all’art. 41-bis Ord. Pen. per
difetto assoluto di uno dei presupposti richiesti per l’applicazione del regime
differenziato, essendo stato revocato l’ordine di esecuzione afferente alla
sentenza di condanna per il reato associativo e non sussistendo alcun titolo
detentivo, definitivo o anche solo temporaneo.
Con il secondo atto, presentato per mezzo del suo difensore, il ricorrente ha
dedotto la contrarietà del provvedimento impugnato con i principi normativi, non
prevedendosi che il reclamo debba contenere anche i motivi, e con i principi
generali in tema di diritto di difesa in relazione al breve termine concesso per la
sua proposizione, sollevando in subordine questione di legittimità costituzionale
dell’art. 41-bis, comma 2-quinquies, Ord. Pen. nella interpretazione fornita dal
Tribunale di sorveglianza per violazione degli artt. 27 e 111 Cost.
3. In esito al preliminare esame presidenziale, il ricorso è stato rimesso a
questa Sezione per la decisione in camera di consiglio ai sensi degli artt. 591,
comma 1, e 606, comma 3, cod. proc. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I motivi di ricorso sono manifestamente infondati.
2

provvedimento di cumulo del 9 novembre 2011 per i reati di associazione per

2. È, invero, principio consolidato (Sez. 1, n. 46904 del 10/11/2009,
dep. 09/12/2009, Chindamo, Rv. 245683) che il reclamo disciplinato dall’art. 41bis, comma 2 quinquies, Ord. Pen. è una forma particolare di impugnazione,

soggetta alla disciplina processuale di natura generale di cui all’art. 581 cod.
proc. pen., che deve essere accompagnata dalla enunciazione dei motivi, con
“l’indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che
sorreggono ogni richiesta”, conseguendo alla loro mancanza l’inammissibilità
della impugnazione.

reclamo avverso il decreto ministeriale adottato a norma dell’art. 41-bis, comma
2, Ord. Pen. decorre, sia per il detenuto sia per il difensore, dalla data di
comunicazione del provvedimento al primo (Sez. 1, n. 5392 del 13/01/2010,
dep. 10/02/2010, Smorta, Rv. 246066), salvo che il decreto sia stato notificato
anche al difensore (Sez. 1, n. 3634 del 19/12/2011, dep. 30/01/2012, Coluccio,
Rv. 251851), senza che alla carenza originaria dei prescritti motivi specifici,
presentati nel termine assegnato dalla legge, possa sopperirsi mediante
produzione tardiva di memorie o motivi integrativi (Sez. 1, n. 14542 del
24/01/2006, dep. 27/04/2006, Episcopo, Rv. 233940). ,
2.1. Di tali principi il Tribunale ha fatto esatta interpretazione e corretta
applicazione, rilevando da un lato la genericità delle scarne, e per l’effetto
generiche, doglianze addotte dal reclamante e dall’altro lato la intempestività
della memoria depositata in udienza dal difensore e la non qualificabilità dei
motivi in essa contenuti quali motivi integrativi.
Tali argomentazioni resistono alle censure difensive, che del tutto
infondatamente oppongono l’omessa previsione normativa dei motivi a sostegno
del reclamo, trascurando sia i principi generali delle impugnazioni sia i richiamati
principi di diritto, e il tempo limitato per la proposizione del reclamo, non
considerando la natura amministrativa del detto decreto e la tutela del diritto di
difesa garantito dalla sua comunicazione all’interessato e dalla facoltà, allo
stesso riconosciuta, di nominare un suo difensore.
Né ha alcuna specificità la questione di legittimità costituzionale dell’art. 41bis, comma 2 quinquies, Ord. Pen., prospettata dal ricorrente con generico

riferimento alla interpretazione fornita dal Tribunale, senza alcuna correlazione
con i principi di diritto che attengono al proposto reclamo e alla disciplina delle
impugnazioni.
2.2. La questione prospettata con riferimento alla insussistenza di alcun
titolo detentivo, peraltro solo affermata, è preclusa in questa sede ai sensi
dell’art. 606, comma 3, cod. proc., non essendo stata sottoposta con il reclamo
all’esame del Tribunale, né lamentandosi una motivazione non condivisa
dell’ordinanza impugnata.
3

Del pari è consolidato il principio che il termine per la proposizione del

3. Il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, con condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché – valutato il
contenuto del ricorso e in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella
determinazione della causa d’inammissibilità – al versamento della somma,
ritenuta congrua, di euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

P.Q.M.

spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 15 maggio 2013

Il Consigliere estensore

Il Pr sidente

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle

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