Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 52890 del 14/09/2017


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Penale Sent. Sez. 7 Num. 52890 Anno 2017
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: ANDREAZZA GASTONE

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NATALE COLOMBA nato il 24/10/1954 a ISCHIA

avverso la sentenza del 30/04/2013 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere GASTONE ANDREAZZA;

Data Udienza: 14/09/2017

Ritenuto:

– – che la Corte d’Appello di Napoli, con sentenza del 30/04/2013, ha confermato la sentenza
di condanna di Natale Colomba per i reati di cui agli artt. 181, comma 1 bis, I. n. 42 del
2004 e 349 cod. pen. in relazione alla esecuzione di lavori (esecuzione di piattaforma di
cemento armato su cui sono stati installati due gazebo e realizzata una recinzione) senza
autorizzazione in zona di notevole interesse pubblico anche successivamente all’apposizione
del sequestro;

motivo violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla attribuzione dei fatti
all’imputata, in realtà priva del possesso dell’immobile relativo, da ricondurre invece a Di
Meglio Luigi, e non essendo stata in grado di valutare il significato da parte sua della
sottoscrizione del verbale di sequestro;
– -che con un secondo motivo ha lamentato vizio motivazionale in ordine all’elemento
psicologico del reato, non potendo l’imputata conoscere le conseguenze a lei derivanti in
termini di costante vigilanza dalla sottoscrizione del verbale di nomina a custode;
– – che con un terzo motivo lamenta violazione di legge e vizio di motivazione circa la
sussistenza del reato paesaggistico a fronte della irrilevanza dei gazebi non collegati
stabilmente al suolo;
– – che con un quarto motivo ha lamentato la prescrizione del reato di cui all’art. 181,
comma 1 bis, del d. Igs, n. 42 del 2004 a seguito della sentenza n. 56 del 2016 della Corte
costituzionale e della conseguente riqualificazione del delitto contestato in contravvenzione;
— che i primi due motivi di ricorso sono manifestamente infondati atteso che, quanto al primo,
la sentenza ha logicamente ricondotto anche all’imputata l’opera de qua in forza della proprietà
del terreno e della presenza in loco e, quanto al secondo, le doglianze prospettano un
inammissibile profilo di ignorantia legis;
– – che il terzo motivo è manifestamente inammissibile perché caratterizzato in termini
fattuali (si assume che sarebbero attrezzature da giardinaggio poggiate sul cortile e
periodicamente rimosse) senza tenere conto in particolare della contestata realizzazione
della piattaforma in cemento armato e della affermata in sentenza sua incidenza sul bene
paesaggistico;

— che invece è fondato il quarto motivo;

– – che infatti con sentenza n. 56 del 2016, la Corte costituzionale ha dichiarato la illegittimità
costituzionale del predetto art. 181, comma 1 bis, lett. a), del d. Igs. cit. nella parte in cui,
anche quando non risultino superati i limiti quantitativi previsti dalla successiva lettera b),
punisce con la sanzione della reclusione da uno a quattro anni, anziché con le pene più lievi
previste dal precedente comma 1, colui che, senza la prescritta autorizzazione o in difformità

i

— che avverso detta sentenza ha proposto ricorso l’imputato, deducendo con un primo

da essa, esegua lavori di qualsiasi genere su immobili o aree che, per le loro caratteristiche
paesaggistiche, siano stati dichiarati di notevole interesse pubblico con apposito
provvedimento emanato in epoca antecedente alla realizzazione dei lavori;

– – che pertanto, ai fini dell’integrazione dell’ipotesi delittuosa di cui all’art. 181, comma

1-bis

cit. non è più sufficiente che la condotta ricada su immobili od aree che, per le loro
caratteristiche paesaggistiche siano stati dichiarati di notevole interesse pubblico con apposito
provvedimento emanato in epoca antecedente alla realizzazione dei lavori o su immobili od

realizzate siano di notevole impatto volumetrico e che superino, dunque, i limiti quantitativi
previsti dalla lett. b) dell’art. 181, comma 1-bis (da ultimo in tal senso, Sez.3, n. 35596 del
18/05/2016, dep. 29/08/2016, Esposito, Rv. 267651);

– – che nella specie appare evidente, dalla stessa descrizione del fatto contenuta in
imputazione, che in nessun caso tali limiti risultano superati sicché, qualificato il reato come
contravvenzione ai sensi dell’art. 181, comma 1, d.lgs. n. 42 del 2004, occorre dichiararne,
anche d’ufficio, la prescrizione, intervenuta in data 06/05/2013;

– – che deve inoltre procedersi, con riguardo alla determinazione del residuo reato ex art. 349
cod. pen., non coinvolto dall’inammissibilità unicamente riguardante il reato paesaggistico
(Sez. Un.,n.6903 del 27/05/2016, dep. 14/02/2017, Aiello ed altri, Rv.268966), alla
rideterminazione della pena che, in virtù dell’eliminazione dell’aumento di pena per il reato
satellite prescritto, va fissata in mesi quattro di reclusione ed euro 400,00 di multa;

P. Q. M.

Riqualificato il delitto di cui all’art. 181, comma 1 bis, d. Igs. n. 42 del 2004 come
contravvenzione, annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato
paesaggistico estinto per prescrizione. Revoca l’ordine di rimessione in pristino. Ridetermina
la pena per il reato di cui all’art. 349 cod. pen. in mesi quattro di reclusione ed euro 400,00
di multa.
Così deliberato in Roma, nella camera di consiglio del 14 settembre 2017

aree tutelati per legge ai sensi dell’articolo 142, essendo anche necessario che le opere

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