Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5285 del 15/05/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 5285 Anno 2014
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: TARDIO ANGELA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
SANTAPAOLA ANTONINO N. IL 30/09/1954
avverso l’ordinanza n. 1490/2012 TRIB. SORVEGLIANZA di
BOLOGNA, del 22/06/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANGELA TARDIO;

Data Udienza: 15/05/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 22 giugno 2012 il Tribunale di sorveglianza di Bologna
ha rigettato le istanze avanzata nell’interesse da Santapaola Antonino, in atto
detenuto presso la Casa di Reclusione di Milano Opera in espiazione della pena
dell’ergastolo, volta a ottenere il differimento della esecuzione della pena.
facoltativo ex art. 147, comma 1, n. 2, cod. pen. o obbligatorio ex art. 146 n. 3

Il Tribunale argomentava la decisione ritenendo le patologie dell’istante,
analiticamente descritte e adeguatamente monitorate e curate in Istituto
carcerario, non incompatibili, allo stato, con il regime carcerario e rilevando che
non poteva emettersi, a fronte delle emergenze in atti, una prognosi di assenza
di concreto pericolo di commissione di ulteriori reati.
2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo
del suo difensore, il condannato, che ne ha chiesto l’annullamento sulla base di
unico motivo con il quale ha denunciato, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b)
ed e), cod. proc. pen., inosservanza o erronea applicazione della legge penale in
relazione agli artt. 146 e 147 cd. pen. e mancanza di motivazione risultanti dagli
atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame, dolendosi della
omessa corretta considerazione delle sue condizioni di salute e della ritenuta
compatibilità delle stesse con il regime detentivo, in contrasto con il principio
della non contrarietà del trattamento punitivo al senso di umanità e alle
conclusioni della perizia in atti, redatta per la Corte d’appello di Catania, nonché
della presunta pericolosità sociale attribuitagli.
3. In esito al preliminare esame presidenziale, il ricorso è stato rimesso a
questa Sezione per la decisione in camera di consiglio ai sensi degli artt. 591,
comma 1, e 606, comma 3, cod. proc. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato.
2. Questa Corte ha più volte affermato che, mentre la detenzione
domiciliare, al pari delle altre misure alternative alla detenzione, ha come finalità
la rieducazione e il reinserimento sociale del condannato, il rinvio facoltativo
dell’esecuzione della pena per grave infermità fisica, ai sensi dell’art. 147,
comma 1, n. 2, cod. pen., mira a evitare che l’esecuzione della pena avvenga in
contrasto con il diritto alla salute e il senso di umanità, costituzionalmente
garantiti, supponendo che la malattia da cui è affetto il condannato sia grave,
cioè tale da porre in pericolo la vita o da provocare altre rilevanti conseguenze
2

cod. pen.

dannose e, comunque, da esigere cure e trattamenti tali da non potere essere
praticati in regime di detenzione intramuraria, neppure mediante ricovero in
ospedali civili o altri luoghi esterni di cura ai sensi dell’art. 11 Ord. Pen. (tra le
altre, Sez. 1, n. 22373 del 08/05/2009, dep. 28/05/2009, Aquino, Rv. 244132;
Sez. 1, n. 16681 del 24/01/2011, dep. 29/04/2011, Buonanno, Rv. 249966), e il
rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena, ai sensi dell’art. 146, comma 1, n.
3, cod. pen., suppone che il condannato sia affetto da una delle patologie
previste dalla legge e non richiede alcuna valutazione circa la compatibilità o

01/10/2009, dep. 29/10/2009 Cesarni, Rv. 245054; Sez. 1, n. 42276 del
27/0/2010, dep. 30/11/2010, Gradizzi, Rv. 249019).
Pertanto, a fronte di una richiesta di rinvio dell’esecuzione della pena per
grave infermità fisica, ai sensi dell’art. 147, comma 1, n. 2, cod. pen., esclusa la
sussistenza di ipotesi di rinvio obbligatorio, il giudice deve valutare se le
condizioni di salute del condannato siano o no compatibili con le finalità
rieducative della pena e con le possibilità concrete di reinserimento sociale
conseguenti alla rieducazione.
Qualora, all’esito di tale valutazione, tenuto conto della natura dell’infermità
e di un’eventuale prognosi infausta quoad vitam a breve scadenza, l’espiazione
di una pena appaia contraria al senso di umanità per le eccessive sofferenze da
essa derivanti, ovvero appaia priva di significato rieducativo in conseguenza
dell’impossibilità di proiettare in un futuro gli effetti della sanzione sul
condannato, deve trovare applicazione l’istituto del differimento previsto dal
codice penale.
Se, invece, le condizioni di salute, pur particolarmente gravi, non presentino
le suddette caratteristiche di sofferenza o di prognosi infausta, e richiedano i
contatti con i presidi sanitari territoriali indicati dall’art. 47-ter, comma 1, Ord.
Pen., può essere disposta la detenzione domiciliare ai sensi della citata
disposizione.
3. Di tali condivisi principi è stata fatta, nel caso di specie, esatta
interpretazione e corretta applicazione.
Il Tribunale ha, infatti, osservato, facendo riferimento ai dati fattuali
disponibili, fondati sugli esiti delle relazioni sanitarie in atti, e confrontandosi con
le deduzioni difensive e con le conclusioni della richiamata perizia, senza
trascurare di formulare un giudizio di pericolosità sociale dell’istante, che dal
rilevo che le patologie del medesimo, osservate e monitorate in modo
continuativo e costante dai sanitari curanti, potevano essere curate in Istituto,
anche eventualmente tramite il ricorso al ricovero in ambiente esterno ex art. 11
Ord. Pen., discendeva la valutazione della loro non incompatibilità con lo stato
detentivo.

3

meno della stesa con lo stato di detenzione (tra le altre, Sez. 1, n. 41580 del

A fronte di tali argomentazioni, il ricorso è privo di alcuna fondatezza,
perché si limita a dedurre una situazione sanitaria attuale più grave di quella
accertata e l’insufficienza delle cure apprestate, senza invocare né un immediato
pericolo di vita, né un’effettiva incompatibilità con l’ambiente carcerario e
neppure uno scadimento fisico al disotto della soglia minima di dignità umana, e,
nel dissenso di merito rispetto alle valutazioni del quadro patologico operate dal
Tribunale, è largamente volto a una non consentita rilettura in fatto della
vicenda.

del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché – valutato il
contenuto del ricorso e in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità – al versamento della somma,
ritenuta congrua, di euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 15 maggio 2013

Il Consigliere estensore

Il Pr idente

4. Il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, con condanna

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