Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5284 del 15/05/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 5284 Anno 2014
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: TARDIO ANGELA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
BRUSCA VITO N. IL 16/12/1942
avverso l’ordinanza n. 6254/2011 TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA,
del 08/06/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANGELA TARDIO;

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Data Udienza: 15/05/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza dell’8 giugno 2012 il Tribunale di sorveglianza di Roma ha
respinto il reclamo proposto da Brusca Vito avverso il decreto del 28 settembre
2011 del Ministro della Giustizia, che aveva prorogato il regime detentivo
differenziato, disposto ai sensi dell’art.

41-bis Ord. Pen., nei confronti del

medesimo, detenuto presso la Casa Circondariale di Ascoli Piceno in esecuzione

Tale proroga era giustificata, ad avviso del Tribunale, da univoci elementi,
emergenti dalle sentenze di condanna relative ai reati in espiazione e dalle
informative fornite dagli organi investigativi e giudiziari competenti in materia di
criminalità organizzata, in base ai quali era da ritenere che il reclamante era in
grado di conservare inalterata la sua posizione di rilievo nella organizzazione
criminale e che era fondato il pericolo del riallacciamento da parte dello stesso
dei legami con gli altri sodali al venir meno dell’indicato regime differenziato.
2. Avverso detta ordinanza ha proposto dichiarazione d’impugnazione per
mezzo del suo difensore il condannato detenuto che ne ha chiesto
l’annullamento, deducendo violazione di legge ex art. 41-bis Ord. Pen., in ordine
ai presupposti legittimanti l’applicazione in proroga del regime penitenziario
differenziato, e vizio motivazionale anche in relazione alle argomentazioni
contenute nella memoria difensiva.
3. In esito al preliminare esame presidenziale, il ricorso è stato rimesso a
questa Sezione per la decisione in camera di consiglio ai sensi degli artt. 591,
comma 1, e 606, comma 3, cod. proc. pen.
4. Con memoria depositata il 27 marzo 2013, il ricorrente, nel contestare
l’assegnazione del ricorso a questa Sezione, ha richiamato i motivi del ricorso
ulteriormente illustrandoli.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato.
2. È inaccoglibile la richiesta avanzata dal ricorrente di assegnazione del
ricorso alla “sezione naturale”, poiché la trattazione del ricorso in camera di
consiglio consegue al rilievo preliminare della sussistenza di una causa di
inammissibilità dello stesso ai sensi degli artt. 610 e 611 cod. proc. pen.
La conformità della previsione normativa dell’art. 611 cod. proc. pen. al
dettato costituzionale è stata ripetutamente affermata dalla giurisprudenza di
questa Corte (tra le altre, Sez. 5, n. 4118 del 17/11/2000, dep. 01/02/2001,
Manfredi A., Rv. 217937; Sez. 1, n. 4775 del 05/10/1998, dep. 12/01/1999, De
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di plurime condanne all’ergastolo inflitte con diverse sentenze

Filippis R., Rv. 212287), che ha ritenuto manifestamente infondata la relativa
questione in relazione agli artt. 3 e 24 Cost., non essendo violato il principio di
parità tra le parti, in quanto alla udienza camerale non interviene alcuna delle
parti, né il diritto di difesa del ricorrente che, anche a fronte della presentazione
da parte Procuratore Generale della sua requisitoria scritta, può, ulteriormente
specificando con memoria le sue richieste, fra l’altro, evidenziare come le
affermazioni avversarie non siano sorrette da alcun iter argomentativo e siano,
quindi, infondate o, quantomeno, indimostrate.

sostituito dall’art. 2, legge 23 dicembre 2002, n. 279, e da ultimo dall’art.2,
comma 25, lett. d), legge 15 luglio 2009, n. 94, stabilisce che i provvedimenti
applicativi del regime di detenzione differenziato sono prorogabili nelle stesse
forme per successivi periodi, ciascuno pari a due anni, quando “risulta che la
capacità di mantenere collegamenti con l’associazione criminale, terroristica o
eversiva non è venuta meno”.
3.1. L’ambito del sindacato devoluto a questa Corte è segnato dal comma 2sexies del novellato art. 41-bis, a norma del quale il Procuratore Generale presso
la Corte d’appello, l’internato o il difensore possono proporre, entro dieci giorni
della sua comunicazione, ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale
per violazione di legge.
La limitazione dei motivi di ricorso alla sola violazione di legge è da
intendere nel senso che il controllo affidato al giudice di legittimità è esteso, oltre
che all’inosservanza di disposizioni di legge sostanziale e processuale, alla
mancanza di motivazione, dovendo in tale vizio essere ricondotti tutti i casi nei
quali la motivazione stessa risulti del tutto priva dei requisiti minimi di coerenza,
completezza e logicità, al punto da risultare meramente apparente o
assolutamente inidonea a rendere comprensibile l’iter logico seguito dal giudice
di merito per ritenere giustificata la proroga, ovvero quando le linee
argomentative del provvedimento siano talmente scoordinate e carenti dei
necessari passaggi logici da far rimanere oscure le ragioni che hanno giustificato
la decisione (tra le altre, Sez. U, n. 25080 del 28/05/2003, dep. 10/06/2003,
Pellegrino S., Rv. 224611; Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, dep. 26/06/2008,
Ivanov, Rv. 239692).
3.2. Nella specie, il Tribunale di Sorveglianza di Roma ha proceduto, con
corretta interpretazione ed esatta applicazione dei principi di diritto in materia,
alla verifica della permanenza dei dati indicativi della capacità di collegamento
del ricorrente con la criminalità organizzata, evidenziando gli elementi sui quali
ha fondato la valutazione della pericolosità del medesimo e della legittimità e
fondatezza dell’applicazione, in proroga, della misura in oggetto.

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3. Quanto al merito, si rileva che l’art. 41-bis, comma 2-bis, Ord. Pen.,

Il Tribunale ha, al riguardo, congruamente motivato – con richiamo alle più
recenti informative degli organi preposti e ai dati processuali – sia con
riferimento alla posizione rivestita dal ricorrente nel sodalizio di appartenenza e
alla sua biografia penale, sia in relazione alla persistente capacità del medesimo
di mantenere contatti con lo stesso sodalizio.
La motivazione dell’ordinanza impugnata, condotta nel rispetto dei principi
di legge, come interpretati dalla giustizia costituzionale e da quella di legittimità
di questa Corte, nonché in conformità a logica argomentativa coerente e lineare,

solo formalmente anche sulla base di assunte violazioni di legge, ma
sostanzialmente su profili di merito o di motivazione non proponibili in questa
sede.
4. Il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, con condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché – valutato il
contenuto del ricorso e in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella
determinazione della causa d’inammissibilità – al versamento della somma,
ritenuta congrua, di euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 15 maggio 2013

Il Consigliere estensore

Il Prdsidente

si sottrae alle non fondate quanto generiche censure proposte dal ricorrente,

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