Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 52799 del 07/11/2017


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 52799 Anno 2017
Presidente: DI TOMASSI MARIASTEFANIA
Relatore: VANNUCCI MARCO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
LOCICERO PIETRO nato il 30/08/1949 a PALERMO

avverso l’ordinanza del 03/02/2017 della CORTE APPELLO di MILANO
sentita la relazione svolta dal Consigliere MARCO VANNUCCI;

Data Udienza: 07/11/2017

Lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale, dott. Ciro Angelillis, che ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza
impugnata con rinvio alla Corte di appello di Milano per un nuovo esame della
domanda.
OSSERVATO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITO
che con ordinanza emessa il 3 febbraio 2017 la Corte di appello di Milano, in
funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato la domanda con la quale Pietro

Corte di appello di Milano il 1 ottobre 2004, di parziale riforma di quella pronunziata
dal Tribunale di Milano il 20 gennaio 2003) aveva chiesto, in considerazione
dell’abrogazione dell’art. 535, comma 2, cod. proc. pen., avvenuta

ex art. 67,

comma 2, della legge n. 69 del 2009, l’eliminazione dalla stessa sentenza del
vincolo della solidarietà passiva nel pagamento delle spese processuali;
che a fondamento di tale decisione la motivazione dell’ordinanza evidenzia che:
la sentenza di condanna sopra indicata divenne irrevocabile il 22 febbraio 2007,
prima dell’entrata in vigore della legge 18 giugno 2009, n. 69, che ha espunto
dall’ordinamento la regola della solidarietà passiva dei condannati per lo stesso
reato o per reati fra loro connessi nel pagamento delle spese processuali, prima di
allora recata dal comma 2 dell’art. 535 cod. proc. pen.; ciò comporta l’inapplicabilità
della disciplina della legge più favorevole al reo di cui all’ultimo inciso del quarto
comma dell’art. 2 cod. pen.; trova quindi applicazione nel caso di specie il principio
di diritto affermato da Cass. Sez. U, n. 491 del 29 settembre 2011, dep. 2012,
Pislor, Rv. 251267, secondo cui, per effetto della preclusione contenuta nella citata
norma del codice penale, l’esclusione del vincolo della solidarietà passiva
conseguente all’abrogazione del citato art. 535, comma 2, cod. proc. pen. non ha
effetto sulle statuizioni di condanna alle spese emesse anteriormente in tal senso e
passate in giudicato;
che per la cassazione di tale ordinanza Locicero ha proposto ricorso (atto
sottoscritto dal difensore di fiducia, avvocato Marco Pierpaolo Petrali) con il quale
deduce che: il giudice dell’esecuzione non avrebbe preso in considerazione
l’argomento, sviluppato in memoria depositata nel corso del procedimento, secondo
cui fino all’abrogazione del vincolo della solidarietà passiva recato della legge del
2009 la condanna alle spese «è come se fosse costituita da due diversi reati: il
primo di condanna alle proprie spese processuali, e il secondo alle spese processuali
di tutti gli altri coimputati; ed allora se la nuova normativa abroga “il reato” di
condanna alle spese degli altri, per questo reato deve cessare l’esecuzione della
condanna»; in secondo luogo, l’ordinanza impugnata non avrebbe considerato la
seconda argomentazione contenuta nella stessa memoria, secondo cui, secondo
consolidata giurisprudenza di legittimità formatasi in tema di interpretazione del

Locicero, condannato, con sentenza passata in giudicato (sentenza emessa dalla

comma 2 dell’art. 535 prima della relativa abrogazione, l’obbligazione solidale al
pagamento delle spese processuali deriva solo dalla condanna per concorso nel
medesimo reato ovvero per i reati fra i quali ricorre una connessione qualificata e
non, quindi, dalla unicità del processo conseguente a mera connessione soggettiva,
ovvero probatoria ovvero ancora a motivi di opportunità processuale; la connessione
fra i reati e le persone oggetto della sentenza di condanna emessa nei confronti di
esso ricorre non sarebbe punto qualificata nel senso precisato dalla giurisprudenza

erano stati commessi in concorso fra i molti imputati ed esso ricorrente era stato
condannato solo per la commissione di un fatto costituente reato, diverso da quelli
per i quali era stata pronunciata condanna nei confronti di ciascuno degli altri
imputati nel processo con la medesima sentenza definito;
che il Procuratore generale ha concluso chiedendo l’annullamento dell’ordinanza
impugnata che, in effetti, aveva omesso di pronunciarsi sulla domanda sulla base
delle considerazioni svolte dal ricorrente con il secondo argomento;
che nel caso di specie la sopra citata sentenza di condanna fondante
l’obbligazione al pagamento delle spese del processo, definito nei confronti del
ricorrente e delle numerose altre persone nell’ambito dello stesso imputate con le
condanne per i reati oggetto delle singole accuse, passò in cosa giudicata prima
dell’abrogazione, da parte della legge n. 69 del 2009, del comma 2 dell’art. 535 cod.
proc. pen.;
che la disciplina del pagamento delle spese processuali relative a tale processo è
quella dell’art. 535 cod. proc. pen. nel testo in vigore prima della relativa
modificazione ad opera della citata legge n. 69 del 2009;
che questa Corte non ha motivo di discostarsi dai seguenti principi di diritto,
espressamente enunciati da Cass. Sez. U, n. 491 del 29 settembre 2011, dep. 2012,
Pislor, Rv. 251267: «La questione relativa alla persistenza, a seguito
dell’abrogazione dell’art. 535, comma 2, cod. proc. pen., recata dalla legge 18
giugno 2009, n. 69, del vincolo di solidarietà della condanna alle spese del
procedimento penale, in tal senso già emessa, rientra nelle attribuzioni del giudice
dell’esecuzione penale»; «l’esclusione del vincolo di solidarietà conseguente
all’abrogazione dell’art. 535, comma 2, cod. proc. pen., recata dalla legge 18 giugno
2009, n. 69, non ha effetto sulle statuizioni di condanna alle spese emesse
anteriormente in tal senso a passate in giudicato, e ciò (non per la natura
processuale della suddetta disposizione abrogatrice, cui va invece riconosciuta
natura di norma sostanziale), sibbene in forza della preclusione di cui all’ultimo
inciso del comma quarto dell’art. 2 cod. pen.»;

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di legittimità, dal momento che i reati per i quali erano intervenute le condanne non

che l’argomentazione utilizzata dal ricorrente per confutare il ragionamento
giuridico che ha condotto all’enunciazione del secondo di tali principi è di quanto mai
ardua comprensione; con conseguente inapprezzabilità della stessa;
che, tuttavia, con l’ordinanza impugnata il giudice dell’esecuzione non si è posto
la questione relativa alla corretta applicazione al caso di specie dell’art. 535, comma
2, cod. proc. pen., applicabile alla sentenza passata in cosa giudicata prima
dell’entrata in vigore della legge n. 69 del 2009;

2004, di parziale riforma di quella emessa dal Tribunale di Milano il 20 gennaio
2003, contiene una pluralità di statuizioni di condanna emesse dei confronti di una
pluralità di imputati;
che deve essere in questa sede ribadita la regola di interpretazione della
disciplina recata dall’art. 535, comma 2, cod. proc. pen. (applicabile al caso di
specie per quanto sopra evidenziato) secondo cui nel caso di una pluralità di
condanne pronunciate nei confronti di più persone dalla stessa sentenza
l’obbligazione solidale dei condannati al pagamento delle spese del processo con tale
sentenza definito discende solo, per il precetto recato dall’art. 535, comma 2, cod.
proc. pen., dalla condanna per concorso nel medesimo reato o per reati tra i quali
ricorre una connessione qualificata e non nasce, invece, nell’ipotesi in cui l’unicità
del processo deriva da connessione meramente soggettiva o probatoria ovvero da
una mera opportunità processuale (in questo senso, cfr., per tutte, Cass. Sez. 1, n.
32979 del 3 giugno 2010, Massa Rv. 248007; Cass. Sez. 1, n. 12151 del 15 marzo
2006, Cremaschi, Rv. 233877; Cass. Sez. 6, n. 11462 del 12 giugno 1997, Albini,
Rv. 209697;
che l’ordinanza impugnata ha omesso di verificare se, in riferimento alla citata
sentenza di appello, sussistano i (testé citati) presupposti per ritenere l’odierno
ricorrente obbligato al pagamento delle spese del processo da tale sentenza definito
in via solidale con le altre persone, ovvero con taluna di esse, condannate con la
stessa sentenza; con conseguente annullamento dell’ordinanza medesima con rinvio
alla Corte di appello di Milano che, nel pronunciarsi sulla domanda del ricorrente,
dovrà attenersi al principio di diritto da ultimo ribadito.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame alla Corte di appello di
Milano.
Così deciso in Roma il 7 novembre 2017.

che, in effetti, la citata sentenza della Corte di appello di Milano del 1 ottobre

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