Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 52794 del 27/10/2017


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 52794 Anno 2017
Presidente: DI TOMASSI MARIASTEFANIA
Relatore: TALERICO PALMA

Sérg -Tertl.A
sul ricorso proposto da:
TIMPANO DOMENICO PANTALEONE nato il 24/05/1984 a VIBO VALENTIA

avverso l’ordinanza del 11/05/2017 del TRIB. LIBERTA’ di CATANZARO
sentita la relazione svolta dal Consigliere PALMA TALERICO;
1.—-/sentite le conclusioni del PG MARIA GIUSEPPINA FODARONI (A ■51, Lo., LL:a.A0 .1-Q, -td

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Data Udienza: 27/10/2017

RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza dell’Il maggio 2017, il Tribunale di Catanzaro, investito ex art. 309
cod. proc. pen. della richiesta di riesame proposta nell’interesse di Timpano Domenico
Pantaleone, avverso il provvedimento del giudice per le indagini preliminari del Tribunale
di Vibo Valentia del 18 aprile 2017, con il quale era stata applicata nei confronti del
predetto la misura cautelare della custodia in carcere, in relazione al tentato omicidio, in
concorso con Accorinti Giuseppe Antonio, ai danni dell’appuntato dei Carabinieri Taormina

essere atti idonei a cagionare la morte dei suddetti militari, dirigendo in due occasioni la
Fiat Panda ad alta velocità in direzione dei predetti)) nonché del reato di resistenza a
pubblico ufficiale (capo B della rubrica; per avere posto in essere gli atti di cui sopra al
fine di opporsi al controllo su strada e sfuggire ai predetti Carabinieri che si erano posti al
loro inseguimento), annullava l’indicata ordinanza limitatamente al reato di tentato
omicidio ai danni di Saitta Fabio e confermava nel resto la decisione impugnata.
Il Tribunale riportava, innanzitutto, la ricostruzione di fatti effettuata dal giudice della
cautela mettendo in rilievo quanto segue.
In data 13 aprile 2017 alle ore 23,50, i Carabinieri di Zungri erano intervenuti in
contrada Buzzurro di Rombiolo ove era stato segnalato un tentato furto di animali,
apprendendo da Crudo Maria Rosa che alle ore 23,45 alcuni soggetti a lei sconosciuti,
giunti a bordo di una Fiat Panda di colore rosso, si erano avvicinati alla campagna di
proprietà del marito, Porcelli Concetto, tentando di introdursi nella stalla al fine di
sottrarre gli animali ivi custoditi; i predetti soggetti, accortisi dell’arrivo dei proprietari, si
erano dati alla fuga esplodendo diversi colpi di arma da fuoco; il giorno seguente alle ore
7,08 i militari della Compagnia dei Carabinieri di Tropea si erano recati di nuovo sul
posto, sollecitati dalla stessa Crudo, la quale, questa volta, aveva segnalato una lite tra il
marito e il fratello di quest’ultimo; mentre i Carabinieri attendevano l’intervento di altri
militari, era successo che l’appuntato Taormina e il Carabiniere scelto Saitta si erano
avvicinati all’autovettura di servizio e in quel frangente mentre i predetti militari si
trovavano insieme a Porcelli Tomnnasina, figlia della Crudo e di Porcelli Concetto, questa
si era accorta del sopraggiungere ad alta velocità di una autovettura Fiat Panda di colore
rosso, indicandola come quella che la sera precedente era transitata sui luoghi e da cui
erano stati esplosi colpi di arma da fuoco; l’appuntato Taormina, allora, aveva intimato
l’alt ma l’autovettura aveva accelerato dirigendosi contro il militare per investirlo; il
Taormina era riuscito a evitare l’impatto lanciandosi sul lato opposto; a qual punto, era
iniziato l’inseguimento a opera dei militari della Fiat Panda, che, però, dopo qualche
centinaio di metri, aveva fatto perdere le proprie tracce; le ricerche si erano protratte per
i successivi quindici minuti quando, imboccando la S.P. 24 in direzione di Monte Poro, i
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Angelo e del Carabiniere scelto Saitta Fabio (capo A della rubrica, per avere posto in

militari avevano notato frontalmente la stessa Fiat Panda di colore rosso che poco prima
aveva tentato di investire l’appuntato Taormina; alla vista dell’autovettura dei
Carabinieri, la Fiat Panda aveva interrotto la marcia per consentire al passeggero di
scendere dall’auto; il passeggero si era dato alla fuga in aperta campagna; i militari
erano scesi, a loro volta, dall’auto di servizio e avevano intimato l’alt al conducente della
Fiata Panda che, tuttavia, era ripartito repentinamente ad altissima velocità; in quel
frangente, il Carabiniere Saitta, per evitare l’urto con il predetto mezzo, si era
prontamente gettato sull’adiacente terreno; allora, l’appuntato Taormina aveva esploso

presumibilmente nella parte sinistro laterale; l’autista era riuscito a proseguire la fuga,
facendo perdere le proprie tracce e venendo fermato solo in seguito in ospedale dove nel
frattempo si era recato; i militari, allora, avevano intrapreso le ricerche dell’uomo sceso
dall’auto, riconosciuto in Accorinti Giuseppe Antonio (soggetto gravato da decreto di
applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale non eseguito a causa
della sua irreperibilità), cui veniva più volte intimato di fermarsi; solo dopo un
inseguimento, accompagnato dall’esplosione in aria di un colpo di pistola, i militari erano
riusciti a fermare il fuggitivo tra le campagne.
Così riportati i fatti, il Tribunale evidenziava che sia l’Accorinti che il Timpano erano
stati identificati quali occupanti della Fiat Panda rossa: il primo, dopo il secondo episodio,
era stato arrestato a seguito del tentativo di fuga; il secondo, successivamente,
dall’appuntato Taormina, che lo aveva indicato come il conducente dell’autovettura sia
nel primo che nel successivo episodio; che, peraltro, entrambi gli indagati avevano
confermato di essere loro gli occupanti dell’auto; che la Panda rossa transitata dinnanzi la
casa dei Porcelli, con due persone a bordo ad alta velocità, che non si era fermata all’alt
intimato e che aveva cercato di investire l’appuntato Taormina, era la stessa che dopo
appena quindici minuti era stata avvistata dai Carabinieri sulla S.P. 24 e che si era
fermata per fare scendere il passeggero; che ciò si desumeva dall’identità del modello e
del colore, dalla finalizzazione della condotta di guida volta a eludere i controlli delle
Forze dell’Ordine in entrambi gli episodi, dalla circostanza che era altamente improbabile
che a distanza di pochi minuti e in area spaziale piuttosto circoscritta vi fossero due auto
identiche con due persone a bordo e che entrambi i conducenti avessero un motivo più
che valido per darsi alla fuga a costo di mettere a rischio la vita degli agenti di polizia;
che la valutazione complessiva del secondo episodio era di ausilio per ritenere il movente
anche del primo episodio, atteso che l’Accorinti aveva certamente un motivo per non farsi
identificare perché da tempo si stava sottraendo alla notifica del provvedimento
impositivo della misura di prevenzione; che il primo violento tentativo di sottrarsi all’alt
intimato dal Taormina aveva trovato puntuale conferma nelle collimanti dichiarazioni dei
testi oculari, assolutamente attendibili, nonché nell’obiettiva circostanze che il Taormina
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un colpo dalla propria pistola di ordinanza all’indirizzo dell’autovettura in corsa colpendola

aveva riportato le lesioni certificate; che le obiezioni difensive relative all’identificazione
dell’auto che si sarebbe dileguata per essere poi successivamente intercettata non erano
dirimenti perché dal filmato della video sorveglianza dell’azienda Ciccia Pasqualina poteva
solamente ricavarsi che l’auto fino alle ore 8.10 si trovasse in altra località ma non
escludeva il passaggio della stessa dinnanzi all’abitazione dei Porcelli in quanto i
Carabinieri avevano iniziato il loro intervento su disposizione della Centrale Operativa alle
ore 7,08, ma si erano trattenuti sul posto per un apprezzabile lasso di tempo per parlare
con i presenti del litigio tra i fratelli Porcelli e in tale frangente era comparsa sulla scena

Riteneva il Tribunale che non vi era dubbio circa la qualificazione in termini di
resistenza della forzatura dell’ostacolo costituito da u Carabiniere che intima l’alt; che,
con riguardo al secondo episodio, occorreva rilevare che, dopo avere fatto scendere
l’Accorinti dall’auto, il Timpano aveva provato nuovamente a darsi alla fuga determinato,
però, dalla paura derivata dal fatto che l’appuntato Taormina aveva fatto uso della pistola
di ordinanza e sparato attingendo la fiancata dell’autovettura dal predetto condotta; che
tale circostanza era determinante al fine di reputare che il Timpano così agendo non
aveva avuto la volontà di fare del male al Carabiniere Saitta; che, invece, quanto al
precedente episodio, le modalità della condotta inducevano a concludere nel senso che
l’azione era diretta in modo univoco cosciente e volontario a attingere la persona del
Taormina, essendosi gli indagati ben rappresentati l’investimento come il risultato della
loro condotta (materiale del Timpano e di istigatore dell’Accorinti), nonché la
realizzazione di lesioni gravi e/o la morte come evento finale.
2. Avverso detta ordinanza, il Timpano ha proposto ricorso per cassazione per il
tramite del suo difensore di fiducia, avvocato Giuseppe Bagnato.
2.1. Il ricorrente ha denunciato “violazione dell’art. 606, comma 1, lett. c) ed e) cod.
proc. pen. in relazione all’art. 125 cod. proc. pen.; motivazione meramente apparente da
parte del G.I.P. emittente e da parte del Tribunale adito ex art. 309 cod. proc. pen.”.
Ha, in proposito, sostenuto che l’ordinanza impugnata è contraddittoria nella parte in
cui – pur escludendo la gravità indiziaria per il secondo episodio di tentato omicidio e pur
avendo riconosciuto che la fuga del Timpano era stata determinata dell’effetto
“terrorizzante” dei colpi esplosi dai militari contro l’auto – ha ritenuto che il secondo
episodio sia di “ausilio” per giustificare il concorso morale dell’Accorinti, nella veste di
istigatore, con riguardo al primo episodio; che il Tribunale avrebbe dovuto valutare i dati
investigativi posti a sostegno del primo tentativo di investimento partendo dall’orario in
cui l’autovettura si sarebbe trovata in altra località e dunque un’ora dopo l’intervento dei
Carabinieri alle ore 7,08; che appare illogico che a fronte di un accadimento
assolutamente repentino i giudici abbiano ritenuto che i Carabinieri siano rimasti fermi
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la Panda.

sul luogo per più di un’ora prima che sopraggiungesse l’autovettura indicata; che la
ricostruzione dei fatti è lacunosa se si considera che nel primo tentativo di investimento il
passeggero non era stato identificato aderendo in questo modo il Tribunale a una mera
illazione; che neppure vi è convergenza tra le testimonianze relative al primo tentativo di
investimento; che perché si configuri tentato omicidio è indispensabile che l’azione posta
in essere dall’agente sia idonea a provocare l’evento morte; che la motivazione sul punto
è carente laddove ipotizza un tentativo onnicidiario pur in assenza di risultanze tecniche;
che non è possibile prefigurare un dolo diretto, avendo l’ordinanza impugnata omesso di

si fosse rappresentata come certa o, comunque, altamente probabile la morte del
Carabiniere; che la motivazione dell’ordinanza impugnata è, altresì, carente circa la
ritenuta gravità indiziaria in ordine al reato di resistenza a pubblico ufficiale essendosi
limitata a evidenziare il mero dato formale dell’inosservanza dell’alt intimato dai
Carabinieri da parte del conducente dell’autovettura.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato nei limiti e per le ragioni che seguono; è, invece, inammissibile
nel resto.
Giova, innanzitutto premettere che, secondo la costante giurisprudenza di questa
Corte, “il controllo di legittimità sulla motivazione delle ordinanze di riesame dei
provvedimenti restrittivi della libertà personale è diretto a verificare, da un lato, la
congruenza e la coordinazione logica dell’apparato argomentativo che collega gli indizi di
colpevolezza al giudizio di probabile colpevolezza dell’indagato e, dall’altro, la valenza
sintomatica degli indizi. Tale controllo, stabilito a garanzia del provvedimento, non
involge il giudizio ricostruttivo del fatto e gli apprezzamenti del giudice di merito circa
l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e la concludenza dei risultati del materiale
probatorio, quando la motivazione sia adeguata, coerente ed esente da errori logici e
giuridici. In particolare, il vizio di mancanza della motivazione dell’ordinanza del riesame
in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza non può essere sindacato dalla
Corte di legittimità, quando non risulti

prima facie

dal testo del provvedimento

impugnato, restando ad essa estranea la verifica della sufficienza e della razionalità della
motivazione sulle questioni di fatto” (Cass. Sez. 1 sent. n. 1700 del 20.03.1998 dep.
04.05.1998 rv 210566; Cass. Sez. 2 sent. n. 56 del 7.12.2011 dep. 4.1.2012, rv
251761; Cass. Sez. 4 sent. n. 26992 del 29.5.2013 dep. 20.6.2013, rv 255460, secondo
cui, “in tema di misure cautelari personali, allorché sia denunciato, con ricorso per
cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in
ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte suprema spetta solo il
compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti
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indicare elementi concreti che possano consentire di sostenere che il conducente dell’auto

che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle
ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico
dell’indagato e di controllare la congruenza della motivazione riguardante la valutazione
degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che
governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie”; Cass. Sez. Fer. n. 47748
dell’11.8.2014, RV. 261400).
2.

Ciò posto, occorre rilevare che il vaglio logico e puntuale delle risultanze

legittimità di muovere critiche, né tantomeno di operare diverse scelte di fatto.
Le osservazioni del ricorrente non scalfiscono l’impostazione della motivazione (in
precedenza riportata) e non fanno emergere profili di manifesta illogicità della stessa;
nella sostanza esse svolgono, in punto di ricostruzione della vicenda, considerazioni in
fatto, insuscettibili di valutazione in sede di legittimità, risultando intese a provocare un
intervento in sovrapposizione di questa Corte rispetto ai contenuti della decisione
adottata dal Giudice del merito, con specifico riguardo all’identificazione del passeggero
dell’autovettura Panda transitata dinnanzi all’abitazione dei coniugi Crudo – Porcelli, alla
identità tra detta autovettura e quella successivamente avvistata lungo la S.P. 24, dalla
quale era sceso l’Accorinti, non contraddetta dagli esiti del filmato della video
sorveglianza dell’azienda di Ciccia Pasqualina, ai tempi dell’intervento dei Carabinieri
presso l’abitazione dei coniugi Crudo – Porcelli e alle modalità con le quali l’autovettura in
questione era sopraggiunta, secondo il concorde narrato dei testi.
3. La motivazione dell’ordinanza impugnata si presenta, tuttavia, assertiva, nella parte
in cui – dopo avere correttamente riportato la giurisprudenza di legittimità in tema di
dolo eventuale e di incompatibilità di detta forma di dolo con il reato tentato – si limita ad
affermare che “considerate le modalità della condotta, si deve concludere nel senso che
l’azione era diretta, in modo univoco, cosciente e volontario a attingere la persona del
Taormina, essendoci gli indagati ben rappresentati l’investimento come il risultato della
loro condotta (materiale del Timpano e di istigatore dell’Accorinti) e la realizzazione di
lesioni gravi e/o la morte come evento finale”, senza alcuna altra considerazione.
Tale argomentare, peraltro, non appare neppure congruo rispetto ad altro passaggio
motivazionale nel quale si ritiene che il secondo episodio è di “ausilio” per giustificare il
concorso morale dell’Accorinti nella veste di istigatore con riguardo al primo.
E in vero, proprio l’interesse dell’Accorinti di fuggire ai Carabinieri per evitare che gli
venisse notificato il provvedimento applicativo della sorveglianza speciale andava
valutato al fine di verificare se l’evento (lesioni o morte del carabiniere) si poneva come
inequivoco epilogo della direzione della condotta materialmente posta in essere dal
6

procedimentali operato dal Tribunale di Catanzaro non consente a questa Corte di

Trasmessa copia ex art. 2:
n. 1 ter L. 8-8-95 n. 332
3 orlia, lì

2

NOV. 2017

Timpano ed era stato accettato dagli agenti che avevano previsto e voluto, con scelta
sostanzialmente equipollente, l’uno o l’altro degli eventi causalmente ricollegabili alla loro
cosciente e volontaria azione.
Conseguentemente, l’ordinanza impugnata va sul punto annullata con rinvio per nuovo
esame al Tribunale di Catanzaro che dovrà colmare l’indicata lacuna motivazionale.
5. Il ricorso, con riguardo alla gravità indiziaria in ordine al reato di resistenza a

6. A cura della cancelleria, copia del presente provvedimento va trasmessa al direttore
dell’istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94, co. 1 ter, disp. att. cod. proc. pen..
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente al reato di tentato omicidio ai danni di
Angelo Taormina e rinvia per nuovo esame sul capo al Tribunale di Catanzaro
competente ex art. 309 c.p..
Dichiara inammissibile nel resto il ricorso. Dispone trasmettersi, a cura della
cancelleria, copia del provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario, ai sensi
dell’art. 94, co. 1 ter, disp. att. c.p.p..
Così deciso, il 27 ottobre 2017

pubblico ufficiale, è inammissibile per genericità dei motivi.

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