Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 52790 del 05/10/2017


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 1 Num. 52790 Anno 2017
Presidente: DI TOMASSI MARIASTEFANIA
Relatore: DI GIURO GAETANO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
KARAJ ARDIAN nato il 10/04/1978

avverso l’ordinanza del 05/01/2017 del TRIBUNALE di LUCCA
sentita la relazione svolta dal Consigliere GAETANO DI GIURO;
lette/seicitite le conclusioni del PG MOt
?;2- CAer‘”\

ION

L

Ul Q. P., k”-. 4.)-(3
-v›-0

12-1/1-,

Data Udienza: 05/10/2017

Ritenuto in fatto e considerato in diritto

1.

Con l’ordinanza indicata in epigrafe il Tribunale di Lucca, in

composizione monocratica, quale giudice dell’esecuzione, ha rigettato la
richiesta formulata nell’interesse di Karay Ardian, con la quale si chiedeva
l’annullamento della sentenza emessa dal medesimo Tribunale in data

nel termine per impugnarla.
2. Avverso detta ordinanza propone ricorso per cassazione, tramite il
proprio difensore, il Karay, deducendo inosservanza delle disposizioni
processuali in tema di notificazioni degli atti nel processo di cognizione in
relazione alla notifica dell’ estratto contumaciale della suddetta sentenza
di condanna e alla conseguente mancata dichiarazione di non esecutività
dell’ ordine di esecuzione emesso dalla Procura presso il Tribunale di
Lucca, nonché vizio di motivazione in relazione all’ordinanza impugnata.
Il difensore, premettendo che il Karaj era venuto a conoscenza della
sentenza emessa nei suoi confronti solo a seguito di richiesta nel giugno
2016 del certificato del casellario giudiziale, si duole della ritenuta
regolarità delle notifiche sia quanto alli iniziale vocatio in jus che riguardo
all’estratto contumaciale, rilevando che erano state effettuate sì presso il
domicilio eletto ma con consegna a persona, qualificatasi cognata, mai
identificata. Evidenzia come il Karaj, pur avendo un difensore di fiducia,
nominato nel corso della custodia cautelare in carcere, non avesse mai
avuto più contatti col medesimo dopo il rientro in Albania avvenuto nel
febbraio 2007. Lamenta, altresì, che non fosse stato adeguatamente
considerato lo stato di infermità in cui versava l’odierno ricorrente
all’epoca del processo – avendo subìto un gravissimo incidente
automobilistico in data 4 ottobre 2007 con rilevanti danni anche cerebrali,
a seguito del quale venne ricoverato presso l’Ospedale di Tirana sino al
10 novembre 2008, iniziando, subito dopo la dimissione, una ferrea
terapia riabilitativa giornaliera sino al 19 ottobre 2010 – che costituiva
senza dubbio conferma del fatto che la mancata conoscenza del processo
fosse riconducibile a detta causa di forza maggiore. Ci si duole che il
Giudice dell’ esecuzione abbia, invece, ritenuto sufficiente a fondare la
presunzione di conoscenza del procedimento l’avvenuta nomina da parte
del Karaj di un difensore di fiducia, il quale, peraltro, consentiva che la
suddetta sentenza divenisse definitiva non impugnandola, e col quale il

1

31/05/2010 ed esecutiva in data 30/11/2010, e comunque la restituzione

suddetto non aveva avuto, invece, possibilità di interagire proprio per le
sue condizioni di salute. Si evidenzia come il diritto dell’imputato a
partecipare personalmente al processo che lo riguarda, che in questo
caso risulta essere stato violato, sia sancito oltre che dall’art. 14, comma
3 lett. d) del Patto Internazionale relativo ai diritti civili e politici, firmato
a New York il 16 dicembre 1996, dalla Cedu all’ art. 6.
Il difensore insiste per l’annullamento del provvedimento

3. Il ricorso è inammissibile.
Il Tribunale di Lucca, invero, premessa l’inammissibilità della
richiesta di annullamento della sentenza per nullità verificatesi nel corso
del processo di cognizione, in ragione dell’oggetto del sindacato che
spetta al giudice dell’esecuzione, limitato alla regolarità formale e
sostanziale del titolo esecutivo, ha ritenuto infondata la richiesta di
rimessione in termine, in considerazione a) della rilevata regolarità della
notifica dell’ estratto contumaciale effettuata presso il domicilio eletto, b)
della presenza nel processo, in rappresentanza del condannato
medesimo, di un difensore di fiducia, sia nel corso dell’istruttoria
dibattimentale che anche al momento della decisione, c)
dell’insussistenza, infine, di una causa di forza maggiore, che fosse
impeditiva, altresì, della proposizione del gravame. Ha rilevato, quanto a
quest’ultimo punto, come la sottoposizione – dopo la dimissione
dall’ospedale – dal novembre 2008 fino all’ottobre 2010 ad esercizi
ordinari di fisioterapia non integrasse “un fatto tale da non consentirgli di
portare tempestivamente a conoscenza del giudice l’impedimento
verificatosi o comunque di darne avviso al proprio difensore (di fiducia)
affinché producesse in giudizio certificazione medica dell’impedimento”.
A fronte di dette argomentazioni non manifestamente illogiche e
scevre da vizi giuridici, il ricorso è assolutamente ipotetico e generico
circa il rapporto del ricorrente col difensore di fiducia e circa la persona
che ebbe a ricevere l’atto. Trascurandosi, quanto al primo punto, che la
perdurante esistenza del rapporto di difesa fiduciaria costituisce fatto di
per sé idoneo a provare l’effettiva conoscenza da parte dell’interessato
della pendenza del procedimento e del provvedimento, salvo che non
risulti una comunicazione al giudice della avvenuta interruzione di ogni
rapporto fra il legale e l’assistito e della rinuncia del primo ad impugnare
(Sez. 3, n. 15760 del 16/03/2016 – dep. 15/04/2016, Kaya, Rv.
266583); e, quanto al secondo punto, che la consegna della

2

impugnato, con tutti i consequenziali provvedimenti di legge.

comunicazione a persona non identificata, ma comunque capace e
convivente, come nel caso di specie, non vizia la notifica quando
effettuata presso il domicilio eletto, gravando sull’imputato che ha eletto
il domicilio l’onere di comunicazione di eventuali successive modificazioni
(Sez. 4, n. 23100 del 15/02/2017 – dep. 11/05/2017, Trocino, Rv.
270103). Ed invita, infine, ad una rivalutazione di elementi fattuali, non
consentita in questa sede, sulla sussistenza di una causa di forza

a fronte delle ampie e logiche argomentazioni sopra riportate che la
escludono.
4. Alla dichiarazione di inammissibilità consegue, ai sensi dell’art.
616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una
somma alla Cassa delle ammende, determinabile in duemila euro.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila in
favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 5 ottobre 2017.

maggiore che avrebbe determinato la mancata conoscenza del processo,

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA