Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 52777 del 09/03/2017


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 52777 Anno 2017
Presidente: DI TOMASSI MARIASTEFANIA
Relatore: SARACENO ROSA ANNA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DE MARINIS LUIGI N. IL 30/06/1970
avverso l’ordinanza n. 252/2015 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
17/02/2016
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ROSA ANNA
SARACENO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 09/03/2017

Lette le conclusioni del P.G., in persona del dott. Paolo Canevelli, che ha
chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.

In fatto e in diritto

1.

Con l’ordinanza in epigrafe la Corte di appello di Napoli, giudice

dell’esecuzione, rigettava l’istanza ex art. 671 cod. proc. pen. avanzata dal
condannato De Marinis Luigi, volta alla declaratoria della continuazione tra i reati

meglio indicate nella premessa del provvedimento.
Osservava, a ragione, che dalle sentenze emergeva soltanto che il ricorrente
era stato coinvolto in una serie di illeciti contro il patrimonio, temporalmente
intervallati da diversi mesi e anche da anni, e che non risultava alcun elemento
comprovante l’esistenza di un unico, originario, disegno criminoso, non bastando
a tal fine l’analogia dei titoli di reato, le abitudini e stili di vita allegati, l’identità
della spinta a delinquere, sicché andava condivisa la giurisprudenza di legittimità
che, in situazioni analoghe, evidenziava come i fatti andassero piuttosto
ricondotti ad una scelta di vita dedita al crimine, anche se focalizzata su reati da
cui ricavare illeciti profitti.
2.

Ha proposto ricorso il condannato a mezzo del difensore avvocato

Carmine Ippolito, chiedendo l’annullamento della ordinanza impugnata. Deduce
violazione di legge e vizio di motivazione dolendosi in particolare:
– della astrattezza della decisione e della erronea sottovalutazione dei
plurimi indici chiaramente sintomatici della esistenza delle condizioni per il
riconoscimento della continuazione, evidenziati dalla difesa e consistenti: nella
realizzazione di reati tutti della stessa indole; nel ristretto arco temporale in cui
alcuni di essi erano stati commessi; nella medesimezza della spinta a delinquere;
– del carattere altresì astratto e generico della disamina compiuta dal
Giudice dell’esecuzione che era caduto in contraddizione laddove aveva
affermato la distanza temporale tra i fatti illeciti, ben potendo, viceversa,
riconoscere parzialmente il vincolo della continuazione tra i fatti oggetto delle
sentenze sub 1 e 2 (commessi nell’anno 1996), da un lato, e sub 3 e 4
(commessi negli anni 1988 e 1989), dall’altro, siccome temporalmente
distanziati gli uni dagli altri solo di pochi mesi.
3. Il ricorso è fondato.
Il provvedimento impugnato si distingue per la sua genericità, richiamando
le date delle sentenze e limitandosi, da un lato, ad affermare che le condanne si
riferivano a furti e a una ricettazione senza nemmeno indicare per ciascun illecito
la data di commissione, dall’altro ad enunciare osservazioni astratte, affatto
1

(furti e ricettazione) oggetto di quattro pronunzie irrevocabili di condanna,

scollegate da dati concreti di riferimento. Omette, in altri termini, di dare conto
specifico dei fatti oggetto delle condanne assertivamente esaminate, finendo per
attribuire decisivo rilevo negativo alla distanza temporale tra gli episodi, peraltro
parzialmente contraddetta dalla rilevazione delle date di commissione dei reati.
Ma siffatto giudizio non esplicita, e non consente perciò di verificare, a cosa
è stato ancorato, risolvendosi in una motivazione di stile, meramente apparente
ed anzi mancante dei requisiti minimi di riconoscibilità del discorso giustificativo.
La decisione risulta, infine, vieppiù censurabile sotto il profilo del dedotto

applicazione della continuazione con riguardo a tutti i reati sul presupposto delle
apprezzabili cesure temprali tra una violazione e l’altra, senza nemmeno
considerare e valutare la possibilità di un riconoscimento parziale del vincolo tra i
reati cronologicamente contigui, commessi a distanza di un mese o al massimo
di due mesi l’uno dall’altro.
Per conseguenza, l’ordinanza impugnata non può che essere annullata con
rinvio alla Corte di appello di Napoli in diversa composizione (Corte cost. n. 183
del 2013) per un nuovo esame dell’istanza del ricorrente.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame alla Corte di appello
di Napoli.
Così deciso in Roma, il 9 marzo 2017

Il onsigliere

tensore

Il Presidente

vizio di motivazione per aver rigettato in modo generico e indistinto l’istanza di

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