Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 52773 del 07/11/2017


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 52773 Anno 2017
Presidente: DI TOMASSI MARIASTEFANIA
Relatore: APRILE STEFANO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
FERRANDELLI GIULIO nato il 25/02/1975 a VENEZIA

avverso la sentenza del 30/01/2017 della CORTE APPELLO di PALERMO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere STEFANO APRILE
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore LUCA TAMPIERI
che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
dato atto dell’assenza del difensore

Data Udienza: 07/11/2017

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1.

Con il provvedimento impugnato, la Corte d’appello di Palermo ha

confermato la sentenza pronunciata dal Tribunale di Palermo, all’esito del
giudizio abbreviato celebrato in data 3 novembre 2015, con la quale Giulio
Ferrandelli è stato riconosciuto responsabile della contravvenzione di cui
all’articolo 3-bis, comma quarto, legge 31 maggio 1965 n. 575 (articolo 76,
comma 4, d.lgs. n. 159 del 2011) per non avere provveduto a versare nel
termine stabilito una cauzione di euro 500 impostagli all’atto della sottoposizione

2. Ricorre Giulio Ferrandelli, a mezzo del difensore avv. Cinzia Pecoraro, che
chiede l’annullamento della sentenza impugnata, denunciando la violazione di
legge, in relazione all’articolo 42 cod. pen., il difetto di motivazione e il vizio di
motivazione in relazione alla sussistenza dell’elemento psicologico del reato,
senza che la Corte territoriale abbia tenuto conto delle condizioni di indigenza
allegate dall’imputato mediante la produzione in giudizio del provvedimento del
Tribunale di Palermo che, nell’applicare la misura di prevenzione, dava atto
dell’assenza di uno stabile impiego, nonché il vizio della motivazione con
riguardo al trattamento sanzionatorio avente carattere eccessivo.

3. Osserva il Collegio che il ricorso appare inammissibile.
3.1. Il Collegio condivide l’orientamento di legittimità secondo il quale «in
tema di misure di prevenzione, la prova dell’impossibilità di provvedere al
pagamento della cauzione, imposta a norma dell’art. 3 bis della legge n. 575 del
1965, per indisponibilità di mezzi economici grava sull’imputato, il quale ha un
onere di allegazione che non può dirsi soddisfatto dall’apodittica affermazione di
versare in uno stato di indigenza» (Sez. 5, Sentenza n. 38729 del 03/04/2014,
Okpere, Rv. 262208).
Si è, d’altra parte, condivisibilmente affermato che l’onere di allegazione può
essere soddisfatto mediante la produzione di certificazioni sul reddito anche
redatte ad altri fini (Sez. 1, Sentenza n. 34128 del 04/07/2014, Paraninfo, Rv.
260843).
Ciò premesso, nel caso in esame il ricorrente si è limitato ad affermare, nel
corso del proprio esame, di versare in stato di indigenza, allegando il
provvedimento con il quale è stato sottoposto alla misura di prevenzione e dal
quale si desume che il medesimo era privo di uno stabile lavoro.
L’asserzione dello stato di indigenza, che non appare certamente sufficiente
a soddisfare ex se il principio di allegazione, non ha poi neppure trovato specifico
conforto nel provvedimento giudiziario depositato il quale, in effetti, ha

r

2

alla misura di prevenzione personale.

unicamente dato atto dell’assenza di una stabile attività lavorativa, ma non certo
dell’assenza di redditi e della impossibilità di procurarseli.
Pertanto, trattandosi di reato contravvenzionale punito a titolo di colpa, le
censure in proposito mosse nel ricorso risultano del tutto infondate e perciò
inammissibili; esse, peraltro, non si confrontano con il provvedimento

3.2. Inammissibili, invece, sono le censure in punto di trattamento
sanzionatorio poiché nessuna censura era stata sul punto proposta nel giudizio di
appello.
3.3. All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc.
pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del processuali e, in
mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa
di inammissibilità, (Corte Cost., sentenza n. 186 del 2000), anche la condanna
al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura
che si stima equo determinare in euro 2.000,00.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro 2.000 in favore della
Cassa delle ammende.
Così deciso il 7 novembre 2017.

Il Consi
f

rEesten
Aprile

Il President
Mariastefania

i Tornassi

impugnato, sicché risultano generiche e, quindi, inammissibili.

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