Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 52772 del 07/11/2017


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 52772 Anno 2017
Presidente: DI TOMASSI MARIASTEFANIA
Relatore: APRILE STEFANO

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
BELVISO GIOVANNI nato il 27/11/1978 a BARI
BELVISO SAVERIO nato il 19/08/1973 a BARI

avverso la sentenza del 01/07/2016 della CORTE APPELLO di BARI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere STEFANO APRILE
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore LUCA TAMPIERI
che ha concluso per l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata
limitatamente ai reati di cui agli artt. 2, 4, 7 L. 815/67 ed eliminazione della
relativa pena; rigetto nel resto dei ricorsi.

Dato atto dell’assenza dei difensori dei ricorrenti;

Data Udienza: 07/11/2017

RITENUTO IN FATTO
1. Con il provvedimento impugnato, la Corte d’appello di Bari ha confermato
la sentenza pronunciata all’esito del giudizio abbreviato dal Giudice dell’udienza
preliminare del Tribunale di Bari in data 4 novembre 2015 con la quale Giovanni
Belviso e Saverio Belviso sono stati riconosciuti responsabili dei delitti di
ricettazione, detenzione e porto di un’arma clandestina (artt. 110, 648 cod. pen.,
2, 4 e 7 I. 895/1967, 23, commi terzo e quarto, I. n. 110/1975).
Con concorde valutazione di entrambi i giudici di merito, gli imputati sono

rinvenuta l’indicata arma clandestina a bordo del veicolo sul quale essi si
trovavano, posta in maniera parzialmente visibile sotto il sedile del guidatore
occupato da Giovanni Belviso, valorizzando le frasi pronunciate da Saverio
Belviso all’atto del controllo da cui si doveva desumere la concorrente detenzione
della pistola.

2. Ricorrono con unico atto Giovanni Belviso e Saverio Belviso, a mezzo del
difensore avv. Nicola Quaranta. Essi chiedono l’annullamento della sentenza
impugnata, denunciando,
– con i primi tre motivi di ricorso nell’interesse di Saverio Belviso, la
violazione di legge, in riferimento all’articolo 350, comma 7 cod. proc. pen., e il
vizio di motivazione con riguardo alla utilizzazione delle dichiarazioni indizianti
rese dagli indagati all’atto della perquisizione, il vizio di motivazione con riguardo
alla ritenuta responsabilità concorsuale di Saverio Belviso, che avrebbe semmai
unicamente appreso all’atto del controllo della presenza della pistola bordo del
veicolo,
– con gli ulteriori due motivi di ricorso nell’interesse Saverio Belviso e
Giovanni Belviso, la violazione di legge e il vizio di motivazione con riguardo al
trattamento sanzionatorio, alla mancata esclusione della recidiva, al giudizio di
equivalenza delle circostanze attenuanti generiche e al quantitativo di pena
determinato in aumento per la continuazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Osserva il Collegio che i ricorsi sono fondati unicamente per quello che
riguarda il concorso dei reati di detenzione e porto di arma comune da sparo con
quelli di cui all’art. 23, commi terzo e quarto, I. n. 110 del 1975, dovendosi
espungere la relativa pena, risultando nel resto i ricorsi infondati.

2. È doveroso premettere che l’affermazione della responsabilità di Saverio
Belviso si fonda su vari elementi tra cui:
2

stati ritenuti responsabili del concorso negli indicati delitti, per essere stata

- il comportamento posto in essere da entrambi gli imputati all’atto del
controllo, essendosi notato Saverio particolarmente irrequieto e costantemente
orientato a osservare, dopo essere stato fatto scendere dal veicolo, l’abitacolo
dello stesso,
– il rinvenimento dell’arma sotto il sedile del guidatore, precedentemente

calcio e il grilletto;
– la frase pronunciata da Saverio immediatamente dopo il rinvenimento
dell’arma, frase percepita dagli operanti e riportata nel verbale d’arresto, e
rivolta al fratello Giovanni che si trovava al suo fianco con la quale gli diceva «te
l’accolli tu»;
– la frase sempre pronunciata da Saverio e rivolta all’operante (riportata nel
verbale d’arresto) con la quale lo esortava a procedere nel senso indicato,
dicendo «mettila a carico di mio fratello che ha meno precedenti».
La responsabilità di Giovanni Belviso si basa, inoltre, sulla piena confessione
dallo stesso resa al GIP.

3. Ciò premesso, i primi due motivi di ricorso proposti nell’interesse di
Saverio Belviso, concernenti l’utilizzazione delle dichiarazioni rese al momento
del fatto, sono infondati.
Il Collegio intende richiamarsi sul punto alla costante giurisprudenza di
legittimità secondo la quale «le comunicazioni dell’autore del reato con terzi,
occasionalmente percepite da un ufficiale agente di polizia giudiziaria, non
costituiscono “dichiarazioni” e pertanto possono formare oggetto di
testimonianza da parte dell’operante» (Sez. 1, Sentenza n. 15760, del
20/01/2017, Capezzera, Rv. 269573), con la conseguenza che l’indicata
comunicazione, intercorsa tra Saverio e Giovanni Belviso attinente alla necessità
che il secondo si assumesse la responsabilità del fatto, è pienamente utilizzabile
per come riportata nel verbale di arresto.
Sotto altro profilo, in ragione della scelta del rito

(ex multiís, Sez. 5,

Sentenza n. 13917 del 16/02/2017, Pernicola, Rv. 269598), è pienamente
utilizzabile la dichiarazione spontanea fatta da Saverio Belviso all’operante che lo
invitava ad addossare la responsabilità al fratello Giovanni, sicché la stessa

3

occupato da Giovanni, che risultava parzialmente visibile per quanto riguarda il

contribuisce a rafforzare, così come correttamente affermato dai giudici di merito
con logica motivazione, il quadro indiziario a suo carico.

4. Anche il terzo motivo di ricorso proposto nell’interesse di Saverio Belviso è
infondato poiché la sentenza impugnata, con coerente e logica motivazione,

quale l’arma si trovava e dalla coabitazione degli imputati, la concorsuale
detenzione dell’arma che, per le caratteristiche sue proprie (illecita abrasione del
numero identificativo), è ragionevole affermare, come ha logicamente fatto il
giudice di merito, che sia stata da entrambi consapevolmente acquisita in
maniera illecita.

5. È inammissibile il quarto motivo di ricorso presentato nell’interesse di
entrambi i ricorrenti, poiché generico e aspecifico.
Il ricorso, che censura il trattamento sanzionatorio, le circostanze attenuanti
generiche e la recidiva, è, infatti, una mera riproposizione di argomentazioni già
sviluppate nell’atto d’appello che, con ampia e specifica motivazione, il giudice di
secondo grado ha puntualmente esaminato, sicché le generiche censure sul
punto sono inammissibili.

6.

È parzialmente fondato, invece, il motivo di ricorso che concerne

l’aumento di pena per i reati unificati sotto il vincolo della continuazione, in
quanto, alla luce della sentenza SU n. 41588/2017 del 22/06/2017, La Marca, i
delitti di detenzione e porto di arma comune da sparo, a mente degli articoli 2,
4, 7 legge n. 895 del 1967, devono ritenersi assorbiti nelle corrispondenti
condotte di detenzione e porto di un’arma clandestina, a mente dell’articolo 23
commi terzo e quarto, legge n. 110 del 1975, cosicché per essi va disposto
l’annullamento senza rinvio per insussistenza del fatto, con conseguente
eliminazione dell’aumento di pena determinato dal giudice di merito in mesi 8 di
reclusione e € 800 di multa, già ridotti per il rito.
La pena finale resta, pertanto, determinata in anni 2 e mesi 10 di reclusione
ed euro 3.400 di multa.
P.Q.M.
4

I’

deduce dalle indicate dichiarazioni, dalla congiunta disponibilità del veicolo sul

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, limitatamente ai reati di cui agli
artt. 10, 12 e 14 legge n. 497 del 1974 – recte, artt. 2, 4 e 7, I. n. 895 del 1967
– perché il fatto non sussiste, ed elimina la relativa pena di otto mesi di
reclusione e 800 euro di multa; pena complessiva così determinata in anni 2 e
mesi 10 di reclusione ed euro 3.400 di multa. Rigetta nel resto i ricorsi.

Così deciso il 7 novembre 2017.

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