Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 52771 del 07/11/2017


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 52771 Anno 2017
Presidente: DI TOMASSI MARIASTEFANIA
Relatore: APRILE STEFANO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
ZOUALI MOHAMMAD ALI nato il 09/09/1992

avverso la sentenza del 05/07/2016 della CORTE ASSISE APPELLO di REGGIO
CALABRIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere STEFANO APRILE
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore LUCA TAMPIERI
che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Dato atto dell’assenza del difensore

Data Udienza: 07/11/2017

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con il provvedimento impugnato, la Corte d’assise d’appello di Reggio
Calabria ha riformato, unicamente con riguardo al trattamento sanzionatorio, la
sentenza del Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Reggio Calabria
del 29 settembre 2015 con la quale, all’esito del giudizio abbreviato, Mohammad
Ali ZOUALI è stato riconosciuto responsabile dei delitti di partecipazione a una
associazione per delinquere finalizzata all’immigrazione clandestina (art. 416,
commi primo, secondo e sesto, cod. pen. – capo A)), di concorso in

a), lett. b), lett. c), lett. d), lett. e), comma 3-bis e comma 3-ter, d.lgs. n. 286
del 1998 – capo B)), nonché di false dichiarazioni sulla propria identità personale
in merito allo stato di coniugio (art. 495, comma secondo, cod. pen. – capo C)).
Con concorde valutazione di entrambi i giudici di merito è stata riconosciuta
la responsabilità del ricorrente per gli indicati delitti sulla base delle dichiarazioni
rese dai soggetti trasportati, delle indagini di polizia giudiziaria, delle
intercettazioni ambientali e telefoniche e della confessione resa dallo stesso
imputato, essendosi esclusa rilevanza alla successiva parziale ritrattazione
effettuata nel corso del giudizio di appello mediante spontanee dichiarazioni.

2.

Ricorre Mohammad Ali ZOUALI, a mezzo del difensore avv. Antonio

Marino, che chiede l’annullamento della sentenza impugnata, lamentando il vizio
di motivazione, con riguardo alla ritenuta responsabilità per i reati di
associazione per delinquere e di immigrazione clandestina, avendo la Corte di
secondo grado immotivatamente svalutato il contenuto della ritrattazione,
nonché con riguardo al reato di false dichiarazioni, non sussistendo il dolo del
delitto poiché il ricorrente, pur non essendo legalmente coniugato, era
socialmente considerato tale.

3. Osserva il Collegio che il ricorso appare inammissibile perché generico e
aspecifico.
In effetti, il ricorso non si confronta con la motivazione della sentenza
impugnata la quale ha fondato la responsabilità su un complesso di elementi
probatori che hanno anche trovato conforto nella confessione resa dal ricorrente,
sicché la successiva ritrattazione è apparsa in totale contraddizione logica con gli
elementi acquisiti.
Il ricorso è, dunque, de-assiale poiché rivolge critiche unicamente alla
mancata valorizzazione della ritrattazione, non confrontandosi con il contenuto
del provvedimento impugnato il quale, invece, fonda la declaratoria di
responsabilità sulle indagini di polizia giudiziaria, sulle dichiarazioni dei soggetti
2

immigrazione clandestina pluriaggravata (artt. 110 cod. pen., 12, comma 3, lett.

trasportati e sulle intercettazioni dalle quali emerge la piena consapevolezza del
ruolo svolto in merito alla conduzione dell’imbarcazione con a bordo i clandestini,
alla attesa ricompensa economica per tale attività prestata a favore
dell’organizzazione avente sede in Libia, nonché l’insussistenza di qualsivoglia
unione, anche solo religiosa, con la persona indicata come coniuge.

pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del processuali e, in
mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa
di inammissibilità, (Corte Cost., sentenza n. 186 del 2000), anche la condanna
al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura
che si stima equo determinare in euro 2.000,00.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro 2.000 in favore della
Cassa delle ammende.
Così deciso il 7 novembre 2017.

3.1. All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc.

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