Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 52761 del 22/09/2017


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 52761 Anno 2017
Presidente: SETTEMBRE ANTONIO
Relatore: AMATORE ROBERTO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
TALAMONTI GIANLUCA nato il 13/08/1972 a PORTO SAN GIORGIO

avverso l’ordinanza del 09/06/2017 del TRIB. LIBERTA di ANCONA
sentita la relazione svolta dal Consigliere ROBERTO AMATORE;
lette/sentite le conclusioni del PG GIANLUIGI PRATOLA
Il Proc. Gen. conclude per l’inamnnissibilita’
Udito il difensore

Data Udienza: 22/09/2017

RITENUTO IN FATTO
1.Con l’ordinanza impugnata il Tribunale della Libertà di Ancona ha rigettato l’appello
presentato dal predetto indagato avverso il diniego di revoca o sostituzione della misura
cautelare degli arresti domiciliari emesso dal G.i.p. del Tribunale di Macerata in data 8.5.2017
in relazione ad un procedimento per il reato di lesioni aggravate che vede l’odierno ricorrente
indagato unitamente ad altri due soggetti.
Avverso la predetta ordinanza ricorre l’indagato, per mezzo del suo difensore, affidando la sua
impugnativa ad una unica ragione di doglianza.

comma, lett. b ed e, cod. proc. pen., per violazione di legge in riferimento agli artt. 274 e 275,
medesimo codice, e per vizio argonnentativo.
Si evidenzia l’apoditticità della motivazione impugnata laddove la stessa aveva disposto un
mero rinvio alla motivazione cautelare di prima istanza e aveva liquidato l’argomentazione
difensiva riferita alla positiva circostanza che l’indagato aveva risarcito il danno patito dalla
vittima come irrilevante e comunque inidonea a neutralizzare il pericolo di reiterazione dei
reati.
Si evidenzia, inoltre, la carenza argomentativa della motivazione impugnata anche nella
mancata valutazione dei presupposti della concretezza ed attualità delle esigenze cautelari.
Sul punto il tribunale ricorso avrebbe – sempre secondo le doglianze del ricorrente – fatto solo
un generico riferimento alle modalità evidenziate come particolarmente brutali e violente della
condotta, senza invece considerare le pur allegate circostanze secondo cui, per un verso, le
lesioni cagionate alla vittima erano state determinate dall’aggressione del coimputato ( al
quale, peraltro, era stata applicata una misura gradata ) e, per altro, i precedenti penali
evidenziati nel titolo genetico si riferivano a vicende di lieve entità di competenza del giudice di
pace.

CONSIDERATO IN DIRITTO
2. Il ricorso è inammissibile.
2.1 E’ utile ricordare, in tema di misure cautelari, che l’insussistenza delle esigenze cautelari di
cui all’articolo 274 cod. proc. pen. è rilevabile in Cassazione solo se si traduca nella violazione
di specifiche norme di legge ovvero in mancanze o manifeste illogicità della motivazione,
risultanti dal testo del provvedimento impugnato ( art. 606, lett. e, cod. proc. pen.), sotto il
profilo della congruità e della completezza della valenza sintomatica attribuita alle premesse
costituite dagli indizi e dalla coerenza intrinseca delle conseguenze che se ne traggono ( Cass.
25 febbraio 2003, n. 9008 ).
Peraltro, va aggiunto che la giurisprudenza di questa Corte ha avuto modo di precisare
ulteriormente che, in tema di difetto di motivazione, il giudice di merito non ha l’obbligo di
soffermarsi a dare conto di ogni singolo elemento indiziario o probatorio acquisito in atti,
potendo egli invece limitarsi a porre in luce quelli che, in base al giudizio effettuato, risultano
gli elementi essenziali ai fini del decidere, purché tale valutazione risulti logicamente coerente.
2

1.1 Denunzia il ricorrente la nullità del’ordinanza impugnata, ai sensi dell’art. 606, primo

Sotto tale profilo, dunque, la censura di non aver preso in esame tutti i singoli elementi
risultanti in atti, costituisce una censura del merito della decisione, in quanto tende,
implicitamente, a far valere una differente interpretazione del quadro indiziario, sulla base di
una diversa valorizzazione di alcuni elementi rispetto ad altri ( Cass. Sez. 5, n. 2459 del
17/04/2000 – dep. 08/06/2000, PM in proc. Garasto ).
2.1.1 Ciò posto, osserva la Corte come, nel caso di specie, le doglianze sollevate dalla parte
ricorrente, in punto di esigenze cautelari (peraltro formulate anche in modo generico) siano

cautelare, rivalutazione che come tale è inammissibile per le ragioni sopra spiegate.
Più in particolare, la contestazione del profilo della adeguatezza della misura in relazione al
tempo trascorso dalla sua applicazione e all’offerta di risarcimento, lungi dall’essere agganciata
ad una eventuale critica della tenuta logica complessiva della motivazione, è, al contrario,
diretta ad una nuova rivalutazione contenutistica della vicenda cautelare già esaminata dai
giudici del merito, con ciò prospettando questioni che sono irricevibili in questo giudizio di
legittimità.
Del pari inammissibile in ragione della sua genericità la ulteriore doglianza in punto di
violazione dell’art. 275, comma 2 bis, cod. proc. pen.
3. Alla inammissibilità consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al
versamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare
in euro 2000.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 comma 1 ter disp. att. cod. proc.
pen..
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento e della somma di Euro 2.000 in favore della Cassa delle Ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 comma 1 ter disp. att. cod. proc.
pen..
Così deciso in Roma, il 22.9.2017

state articolate in modo da sollecitarla una nuova rivisitazione sul merito della decisione

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