Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 52758 del 20/09/2017


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 52758 Anno 2017
Presidente: FUMO MAURIZIO
Relatore: MORELLI FRANCESCA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
BESIRI MEFAIL nato il 26/02/1966

avverso l’ordinanza del 19/12/2016 della CORTE ASSISE di ROMA
sentita la relazione svolta dal Consigliere FRANCESCA MORELLI;
lette/se~ le conclusioni del PG (23()„.. e-Q 51-10.4-k

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Data Udienza: 20/09/2017

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Viene proposto ricorso avverso l’ordinanza della Corte d’Assise di Roma che,
pronunciandosi in qualità di giudice dell’esecuzione a seguito del rinvio disposto
dalla Corte di Cassazione, ha rigettato l’istanza proposta nell’interesse di Besiri

della Corte d’Assise di Roma del 16.7.08 — definitiva- previa esclusione della
recidiva.
1.1. La Corte di Cassazione aveva annullato la precedente ordinanza di rigetto
evidenziando l’insufficienza della motivazione e, nel provvedimento impugnato,
premesso che l’aumento di pena non è automatico né obbligatorio e che il giudice di
merito deve valutare la ricorrenza dei presupposti che legittimano la contestazione
della recidiva, si evidenzia come a carico del Besiri risultino una molteplicità di
condanne definitive per reati contro il patrimonio, per sfruttamento della
prostituzione e per violazione del DPR 309/90 in relazione a fatti antecedenti quello
in ordine al quale egli era stato condannato dalla Corte d’Assise, sicché tali
precedenti denotano una spiccata propensione a delinquere del tutto idonea a
fondare la contestazione della recidiva ed il relativo aumento di pena.
2. Il ricorrente deduce la violazione degli artt. 671 c.p.p., 99 c.p., 27 Cost.e vizi
motivazionali in quanto la Corte d’Assise avrebbe omesso qualunque riferimento
alle date dei fatti per cui sono state riportate le condanne precedenti e alla concreta
significatività del nuovo episodio criminoso, considerato, altresì, che la condanna
per violazione dell’art.73 DPR 309/90 attiene a fatti commessi 26 anni orsono.
3. Il Procuratore generale ha formulato conclusioni scritte in cui chiede il rigetto del
ricorso, essendosi, la Corte d’Assise, conformata alle indicazioni contenute nella
sentenza di annullamento della Corte di Cassazione.
4.

L’annullamento con rinvio della precedente ordinanza era dipeso dalla

constatazione che la Corte d’Assise, nel pronunciare la condanna a carico del Besiri
per i reati di riduzione in schiavitù e sfruttamento della prostituzione alla pena
complessiva di anni undici di reclusione, applicando l’aumento per la recidiva,
avesse avuto come riferimento un certificato penale da cui risultava un unico
precedente per reato contravvenzionale, inidoneo a fondare la recidiva.
Si era tuttavia sottolineato che già nell’ordine di esecuzione erano indicate altre
condanne, tutte per fatti antecedenti a quello oggetto del giudizio, di cui il giudice
dell’esecuzione avrebbe dovuto tenere conto nel giudizio di rinvio.

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Mafail e diretta ad ottenere la rideterminazione della pena inflittagli con la sentenza

5. In totale adesione al principio espresso dalla Corte di Cassazione, il giudice di
rinvio ha valorizzato i precedenti penali, nel frattempo risultanti dal certificato
penale, tutti relativi a fatti anteriori rispetto a quello oggetto del giudizio, ritenendo
che il loro numero, la loro gravità e, per una certa parte, la loro specificità, indichi

per la recidiva.
In tale contesto e a fronte di una motivazione rispettosa del principio di diritto
enunciato in sede di legittimità, paiono generiche e non determinanti le osservazioni
della difesa circa la non significatività del nuovo fatto criminoso e la risalenza nel
tempo di una delle precedenti condanne.
6. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza.
Alla declaratoria di inammissibilità segue, per legge (art. 616 c.p.p.), la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché, trattandosi di causa di
inammissibilità determinata da profili di colpa emergenti dal ricorso (Sez. 2, n.
35443 del 06/07/2007 Rv. 237957), al versamento, a favore della cassa delle
ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 2.000.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 2.000 in favore della Cassa delle Ammende
Così deciso il 20 settembre 2017

una spiccata propensione a delinquere del ricorrente e giustifichi l’aumento di pena

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