Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 52752 del 27/10/2017


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 52752 Anno 2017
Presidente: SABEONE GERARDO
Relatore: AMATORE ROBERTO

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
L’EPISCOPO SALVATORE nato il 08/07/1980 a MILANO
CARTANESE LEOPOLDO nato il 31/10/1961 a SAN SEVERO
SARROCCO PASQUALE nato il 07/06/1991 a FOGGIA

avverso la sentenza del 28/10/2016 della CORTE APPELLO di ANCONA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere ROBERTO AMATORE
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore ANTONIETTA
PICARDI
che ha concluso per

Il Proc. Gen. conclude per l’inammissibilita’
Udito il difensore
l’avvocato CENSANO ETTORE , chiede annullamento con rinvio e accoglimento
del ricorso.

Data Udienza: 27/10/2017

RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Ancona – in parziale riforma della sentenza
emessa dal G.u.p. del Tribunale di Ascoli Piceno di condanna degli imputati predetti per il reato
di cui agli artt. 110, 624 e 625 nn. 2, 5 e 7 cod. pen. ( capo a della rubrica ) e, per il solo
Sarrocco, di cui agli artt. 648 cod. pen. e 4, 1 e 2 comma, I. 895/67 ( rispettivamente capi b e
c ) – ha escluso l’aggravante di cui all’art. 625 n. 2 cod. pen., rideterminando per l’effetto le
rispettive pene e confermando, nel resto, la impugnata sentenza.
predetta sentenza ricorrono tutti gli imputati, per mezzo dei loro rispettivi

difensori, affidando la loro impugnativa a diversi motivi di doglianza.
1.1 Denunzia, per primo il ricorrente SARROCCO PASQUALE, con un unico motivo, una doppia
violazione di legge in relazione all’art. 625 n. 7 cod. pen e, comunque, sul medesimo punto
vizio argomentativo ed in relazione all’art. 597, comma 3, cod. proc. pen. per la
determinazione del trattamento sanzionatorio ed inoltre, anche qui parallelamente, vizio
argomentativo sul medesimo punto da ultimo accennato.
Si evidenzia che irragionevolmente la Corte territoriale aveva riconosciuto la sussistenza nel
caso di specie dell’aggravante della esposizione alla pubblica fede nonostante la stessa persona
offesa avesse riconosciuto che l’escavatore oggetto della condotta furtiva si trovava conservato
all’interno di una area completamente recintata e, dunque, in una condizione fattuale in cui
non era possibile rintracciare la necessità per la persona offesa di lasciare la res esposta a
possibili pericoli di sottrazione della stessa. Si evidenzia, altresì, che sempre la stessa persona
offesa aveva ammesso che non vi era stata alcuna effrazione, non essendo stato danneggiato
né il lucchetto né la catena ed essendo verosimilmente gli autori del furto entrati nella zona
recintata sganciando semplicemente i pannelli ad incasso, e ciò avvalorerebbe il giudizio di
insussistenza dell’aggravante in parola la cui ratio risiede alla necessaria esposizione del bene
alla pubblica fede. Si osserva pertanto che, al più, sarebbe stata ipotizzabile nel caso di specie
l’aggravante della destrezza che tuttavia non era stata contestata neanche in fatto nel capo di
imputazione.
2. Ricorre altresì l’imputato CARTANESE LEOPOLDO, denunziando anch’egli con un unico
motivo, una doppia violazione di legge in relazione all’art. 625 n. 7 cod. pen e comunque sul
medesimo punto vizio argomentativo ed in relazione all’art. 597, comma 3, cod. proc. pen.per
la determinazione del trattamento sanzionatorio ed inoltre, anche qui parallelamente, vizio
argomentativo sul medesimo punto da ultimo accennato.
In ordine alla contestazione dell’aggravante di cui all’art. 625 n. 7 cod. pen il ricorrente
propone le medesime osservazioni già esposte nel precedente ricorso proposto da SARROCCO
PASQUALE, ricorso alla cui esposizione qui si rimanda per necessità di sintesi.
Si denunzia invece la illegalità della pena e la violazione del divieto di reformatio in pejus.
Osserva la difesa del ricorrente che quest’ultimo era stato condannato dal G.u.p. in primo
grado alla pena finale di anni 4 e mesi otto di reclusione, così determinata : pena base per il
reato di furto 3 anni di reclusione e 270 e. di multa, aumentata erroneamente di 2/3 ex art.
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Avverso la

99, comma quarto cod. pen ad anni 5 di reclusione ed euro 450 di multa, ulteriormente
aumentata ex art. 81 cod. pen ad anni 7 di reclusione ed euro 630 di multa, ridotta per il rito
ad anni 4 e mesi 8 di reclusione ed euro 420 di multa. Si evidenzia che, tuttavia, la Corte di
appello, nel rideterminare la pena con il richiamo per le aggravanti speciali al disposto di cui
all’art. 63, 4 comma, cod. pen, aveva fissato erroneamente la pena base in quattro anni e otto
mesi, e dunque in modo deteriore rispetto alla pena base fissata dal giudice di primo grado ed
in assenza di impugnativa del pubblico ministero.

di motivazione in relazione alle doglianze già sollevate nei motivi di gravame.
Si evidenzia il difetto della condizione di procedibilità del reato di furto in quanto insussistente
sarebbero le contestate aggravanti.
Più in particolare, si contesta la sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 625 n. 7 cod. pen. in
relazione alla circostanza fattuale della presenza di una recinzione e di un lucchetto nell’area
ove era situato l’escavatore rubato e in relazione all’ulteriore aggravante di cui al n. 5 del detto
art. 625 cod. pen. si evidenzia la carenza dell’elemento soggettivo, stante l’insufficienza della
circostanza della mera presenza dei più di tre persona per la integrazione dei presupposti
normativi di applicazione dell’aggravamento di pena per tale ragione.
Si evidenzia, altresì, difetto di motivazione in ordine alla rideterminazione della pena e della
recidiva.

CONSIDERATO IN DIRITTO
4. I ricorsi sono fondati limitatamente alle posizioni di L’ESPISCOPO SALVATORE e CARTANESE
in relazione alla determinazione del trattamento sanzionatorio.
Nel resto i ricorsi sono infondati.
4.1 In ordine al predetto trattamento sanzionatorio, occorre ricordare e fornire continuità
applicativa al principio ( che anche questo Collegio condivide ) secondo il quale – in tema di
divieto di “reformatio in peius” a seguito di impugnativa proposta dal solo imputato – il giudice
dell’appello, anche quando escluda una circostanza aggravante, non può aumentare la pena
base presa a riferimento dal giudice di primo grado né alcun altro dei segmenti del calcolo che
non sia stato oggetto di impugnazione, pur pervenendo ad una pena complessivamente
inferiore rispetto a quella già applicata
(Sez. 3, Sentenza n. 20225 del 10/01/2017 Ud. (dep. 28/04/2017 ) Rv. 269802 ; nello stesso
senso : cfr. altresì Sez. 3 n.3903 del 13.5.2014, Tufano, Rv. 263193, Sez. 2 5.4.2012 n.
28042 , Vannucci, Rv. 253245; v. anche Sez. 2 18.10.2013, n. 45973 , A., Rv. 257522; Sez. 2
15.10.2013 n. 44332 , Ardizzone e altri, Rv. 257444 ).
Ne consegue che, sulla scorta del principio di diritto qui riaffermato, occorre rilevare la
intervenuta reformatio in peius del trattamento sanzionatorio per le due posizioni processuali
sopra ricordate. Ed invero, il giudice di appello ha fissato la pena base in maniera deteriore
rispetto a quella già fissato in primo grado, con ciò determinando, nonostante l’elisione di una
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3. Propone con separato ricorso doglianza anche L’ESPISCOPO SALVATORE, denunziando vizio

aggravante, un trattamento sanzionatorio più grave in relazione a quel segmento di calcolo
della pena, e ciò senza che fosse stato proposta impugnativa sul punto da parte del P.m..
Si impone pertanto l’annullamento in parte qua della sentenza impugnata con rinvio al giudice
di appello per un nuovo esame sul punto.
5. Nei restanti motivi proposti dai ricorrenti si denunzia, invece, violazione di legge in relazione
all’applicazione dell’aggravante di cui all’art. 625 n. 7 cod. pen.
La doglianza è infondata.

affermato che il delitto di furto può essere aggravato, ai sensi dell’art. 625 , comma primo, n.
7, dello stesso codice, dalla esposizione alla pubblica fede, allorquando la cosa si trova in luogo
privato, ma aperto al pubblico o comunque facilmente accessibile ( cfr.,

ex plurimis,

Sez. 4, Sentenza n. 55227 del 07/12/2016 Ud. (dep. 29/12/2016 ) Rv. 268626 : fattispecie
relativa al furto di un’autovettura lasciata all’interno di un cortile, liberamente accessibile, di
un’abitazione ; cfr. anche : Sez. 2, Sentenza n. 8798 del 17/01/1991 Ud. (dep. 05/09/1991 )
Rv. 188119).
Ne consegue che – in tema di aggravante di cui al n. 7 dell’art. 625 cod. pen. – l’esposizione
alla pubblica fede è configurabile anche in caso di sorveglianza saltuaria quando la cosa si trovi
in

luoghi

privati

ma

aperti

al

pubblico

(Sez. 2, Sentenza n. 12880 del 05/03/2015 Ud. (dep. 26/03/2015 ) Rv. 262779 ; cfr. anche :
Sez. 5, Sentenza n. 9245 del 14/10/2014 Ud. (dep. 03/03/2015 )

Rv. 263258

Sez. 2, Sentenza n. 561 del 09/12/2008 Ud. (dep. 09/01/2009 ) Rv. 242716 ).
Ciò posto, osserva la Corte come la motivazione resa – sul punto qui da ultimo in discussione dal giudice di appello sia giuridicamente corretta, e ciò in ragione del fatto che gli autori del
furto erano entrati agevolmente nell’area privata ove era conservato escavatore, superando la
presenza della recinzione solo togliendo i pannelli di quest’ultima. E ciò peraltro era
comprovato dalla elisione in appello proprio della circostanza aggravante di cui all’art. 625 n. 2
cod. pen., giacché non era stato necessario neanche infrangere da parte degli agenti il
lucchetto e la porta di accesso.
Ne consegue che la condizione di facile accessibilità al sito ove era conservata la res oggetto
dell’azione furtiva deve ritenere contestabile, anche nel caso di specie, l’aggravante della
esposizione alla pubblica fede.
6. Ne consegue alla luce delle considerazioni sopra esposte l’integrale rigetto del ricorso
avanzato da SARROCCO PASQUALE, che dovrà pertanto essere condannato anche al
pagamento delle spese del procedimento.
7. Da ultimo, anche le ulteriori doglianze sollevate dal ricorrente L’ESPISCOPO sono infondate,
atteso che, per un verso, le censure sollevate in tema di aggravante di cui al n. 5 del predetto
art. 625 cod. pen. sono formulate in modo generico e, dunque, per ciò solo inammissibili e che,
per altro verso, la motivazione impugnata in punto di determinazione della pena e di

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Sul punto, giova ricordare che la giurisprudenza di questa Corte, con espressione unanime, ha

appíicazione della recidiva risulta essere scevra da aporie e illogicità e pertanto non censurabile
in questa sede.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata nei confronti di L’ESPISCOPO SALVATORE e CARTANESE
LEOPOLDO limitatamente al trattamento sanzionatorio con rinvio per nuovo esame alla Corte
di Appello di Perugia ; rigetta nel resto i ricorsi di L’ESPISCOPO e CARTANESE ; rigetta il
ricorso di SARROCCO PASQUALE che condanna al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 27.10.2017

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