Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 52737 del 13/09/2017


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 52737 Anno 2017
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: DE GREGORIO EDUARDO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
BELLIA ROSARIO nato il 28/11/1931 a BELPASSO

avverso la sentenza del 11/06/2014 della CORTE APPELLO di CATANIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere EDUARDO DE GREGORIO
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore PERLA LORI
che ha concluso per
Il Proc. Gen. conclude per l’annullamento senza rinvio per prescrizione;
conferma le statuizioni civili.
Udito il difensore

Data Udienza: 13/09/2017

RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte d’Appello di Catania ha parzialmente riformato la sentenza
di condanna in primo grado nei confronti dell’imputato Bellia, riconoscendogli le circostanze
attenuanti generiche e rideterminando la pena per il reato di violenza privata, consistito nel
chiudere con un lucchetto il cancello d’ingresso all’abitazione del cognato; fatto di Novembre
2006.
1. Avverso la decisione ha proposto ricorso l’imputato, che col primo motivo ha dedotto la
violazione di legge in relazione agli artt 49,51, 59/4 cp ed il vizio di motivazione. La Corte

proprietà tramite altri tre accessi, oltre quello chiuso dal ricorrente, essendo, pertanto, inidonea
la condotta delfimputato a provocare l’evento dannoso asseritamente consistito
nell’impedimento all’accesso alla sua proprietà. Per altro profilo il ricorrente aveva agito nella
convinzione di esercitare un proprio diritto in base al risultato di una CTU disposta dal Tribunale
nell’ambito della controversia civilistica che egli aveva in corso con il cognato e su parere del suo
legale di fiducia.
1.1 La motivazione sarebbe stata, inoltre, illogica, poiché aveva ritenuto che la condotta del
giudicabile non sarebbe stata scriminata, in assenza di una sentenza che avesse attestato il suo
diritto di proprietà sulla porzione di terreno alla quale si accedeva dal cancello da lui chiuso ; in
contrario il ricorso ha rappresentato che sette mesi prima del fatto una sentenza del Giudice
civile aveva incidentalmente accertato che tale parte di terreno era di proprietà esclusiva di
Bellia ed il comportamento dell’imputato sarebbe stato, quindi, pienamente legittimo.
1.2 Col secondo motivo è stata rappresentata la violazione dell’art 157 cp, poiché il reato
sarebbe stato prescritto in data 16 Maggio 2014, prima della sentenza d’appello, emessa 1’11
Giugno 2014.
All’odierna udienza il PG, drssa Perla, ha concluso per annullamento senza rinvio ndp
prescrizione e la conferma delle statuizioni civili.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
1.11 primo motivo di ricorso, nella parte in cui ha dedotto la violazione di legge come sintetizzata
sub 1. risulta nuovo, poiché non proposto con le doglianze presentate in appello e, pertanto, non
è deducibile in questa fase. Si legge, infatti, nella sentenza impugnata, che l’attuale ricorrente
aveva censurato la decisione di primo grado sotto il profilo dell’insussistenza dell’elemento
soggettivo del reato, avendo eccepito di aver agito in buona fede in base all’esito di una
relazione tecnica redatta nel giudizio civile e su suggerimento del suo legale. Non emerge che
avesse posto la questione – oggi, invece, sollevata – dell’inidoneità della condotta dell’imputato
a provocare l’evento dannoso, inerente il diverso elemento oggettivo del delitto, essendo stato
violato, in tal modo, il principio del divieto del novum nel giudizio di legittimità.
1.1 In proposito è stato affermato da questa Corte, con orientamento consolidato e ribadito
anche da recenti pronunzie, che la mancata prospettazione di una questione nei motivi di
1

territoriale aveva considerato irrilevante il fatto che la persona offesa potesse accedere alla sua

appello la rende improponibile nel giudizio di cassazione, a meno che non si tratti di una tra
quelle indicate nell’art 609/2 cpp. In tal senso Cass Sez 2, sent n. 6690/2017 Rv 269368; Cass
Sez 2 sent n. 6131/2016, Rv 266202, che ha avuto riguardo ad un caso identico al presente,
relativo alla doglianza avanzata nel giudizio di legittimità inerente il profilo oggettivo del reato,
quando in fase di merito era stata dedotta la mancanza dell’elemento psicologico.
1.2 Le altre censure rappresentate dal ricorrente attengono al merito della valutazione dei
Giudici territoriali e risultano ripetitive delle doglianze da essi già affrontate e risolte. Quanto al
preteso esercizio del diritto, è stato argomentato nella sentenza impugnata che – come

nella controversia che aveva in corso con il cognato, ed egli aveva agito solo in base al risultato
della relazione tecnica del perito d’ufficio, non essendo stato ancora accertato il suo diritto di
proprietà, in forza del quale aveva rappresentato di aver agito. In base a tale premessa la Corte
territoriale ha correttamente ritenuto che nel fatto di aver chiuso il cancello di ingresso che
immetteva alla proprietà del cognato non potesse ravvisarsi alcuna scriminante, né la buona
fede, configurandosi l’elemento psicologico del delitto di violenza privata nel dolo generico, e
dovendo considerarsi il giudicabile, alla stregua dei risultati processuali, ben consapevole che il
suo affine da tempo aveva usato la strada d’acceso che egli aveva bloccato, risultando in tal
modo impedito l’accesso alla sua proprietà.
1.3 Quanto alla deduzione circa la sentenza del Giudice civile di Belpasso, che avrebbe
incidentalmente accertato la proprietà esclusiva in capo al ricorrente di una porzione del terreno
oggetto di controversia, per cui il comportamento dell’imputato sarebbe stato pienamente
legittimo, è necessario e sufficiente osservare che essa è rimasta priva di ogni allegazione,
essendo, pertanto, il motivo di ricorso del tutto generico.
2.11 secondo motivo è manifestamente infondato, in quanto il calcolo dei tempi della prescrizione
proposto in ricorso ha ignorato il notevolissimo periodo di sospensione di essa intervenuto nella
fase di merito, pari a 460 giorni.
Alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere dichiarato inammissibile ed il
ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali ed al versamento di euro duemila
alla cassa delle ammende.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
ed al versamento di euro duemila alla cassa delle ammende.
Deciso il 13.9.2017

riconosciuto dallo stesso imputato – nessun provvedimento giudiziario era stato ancora emesso

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