Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 52731 del 26/10/2017


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 52731 Anno 2017
Presidente: IPPOLITO FRANCESCO
Relatore: RICCIARELLI MASSIMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
De Marte Francesco, nato il 07/05/1971 a Seminara

avverso la sentenza del 15/02/2016 della Corte di appello di Milano

visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Massimo Ricciarelli;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Piero
Gaeta, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con sentenza del 15/2/2016 la Corte di appello di Milano ha confermato
quella con cui in data 27/1/2014 il Tribunale di Busto Arsizio ha riconosciuto De
Marte Francesco colpevole del delitto di cui all’art. 385 cod. pen., condannandolo
alla pena di anni uno di reclusione con le attenuanti generiche equivalenti alla
recidiva di cui all’art. 99, comma 4, cod. pen.

Data Udienza: 26/10/2017

2. Ha presentato ricorso il De Marte, tramite il suo difensore.
2.1. Con i primi due motivi deduce vizio di motivazione e violazione di legge
ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen. in relazione agli
artt. 54 e 59 cod. pen., riproponendo l’assunto difensivo secondo cui aveva agito
in stato di necessità, almeno putativo, in quanto aveva assunto nei confronti del
fratello, detenuto ad Imperia, l’impegno di prendersi cura della figlioletta di lui, a

della piccola avrebbe dovuto lasciare la casa condotta in locazione, e deducendo
che la Corte non aveva tenuto conto di tali problematiche, che evidenziavano
una situazione non gestibile dalla madre della bimba e dalla nuova compagna del
fratello, fermo restando che il ricorrente aveva agito nell’erronea convinzione che
sussistessero i presupposti dello stato di necessità.
2.2. Con il terzo motivo denuncia violazione di legge ai sensi dell’art. 606,
comma 1, lett. b), cod. proc. pen., in quanto non era stato considerato che il
dubbio sulla sussistenza dello stato di necessità avrebbe comunque comportato
una pronuncia assolutoria ex art. 530, comma 3, cod. proc. pen.
2.3. Con il quarto motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione ai
sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., in relazione agli artt.
62-bis, 62, comma 1, n. 1, 133 cod. pen., giacché la Corte aveva omesso di
motivare adeguatamente in relazione ai parametri di cui all’art. 133 cod. pen.
con riguardo al giudizio di comparazione tra circostanze, senza fornire dunque
idonea giustificazione al mancato riconoscimento della prevalenza delle
attenuanti generiche, omettendo inoltre di prendere in considerazione
l’attenuante di cui all’art. 62, comma primo, n. 1, cod. pen. in relazione ai motivi
a delinquere, da intendersi come di particolare valore morale o sociale.

3. La richiesta di rinvio, formulata, in vista della pubblica udienza, dal
difensore del ricorrente e motivata da ragioni di salute di detto difensore, è stata
preliminarmente respinta, sul rilievo della genericità della documentazione
medica alla base dell’istanza.

4. Il ricorso è inammissibile, in quanto non solo è volto a sollecitare la
rilettura del compendio probatorio, oltre i limiti dello scrutinio di legittimità, ma
ripropone nella sostanza gli argomenti vagliati dalla Corte in modo esauriente,
risultando per questa parte aspecifico.
4.1. Ed invero la Corte ha ampiamente motivato in ordine al fatto che le
condizioni di salute della figlia del fratello non valessero a determinare per il

2

fronte del problema di salute che ella presentava e in quanto la madre affidataria

ricorrente la cogente necessità di allontanarsi dal luogo di restrizione, sia perché
non è stato attestato un dato diagnostico a tale riguardo rilevante sia perché
comunque ben avrebbero potuto provvedere la madre naturale o la nuova
compagna dello stesso fratello, fermo restando che non si imponeva la presenza
del ricorrente, al di là dell’impegno da lui assunto verso il fratello.
Inoltre la Corte ha osservato che la cessazione del contratto di affitto
riguardante l’abitazione della madre naturale della bimba era prevista per il
mese di luglio, non essendo dunque ravvisabile ad aprile l’impellente necessità

soluzione a quel problema.
La Corte sulle stesse basi ha rilevato come non ricorressero neppure
elementi idonei a suffragare una pur erronea rappresentazione di uno stato di
necessità ed ha aggiunto che peraltro il ricorrente non era stato colto nell’atto di
occuparsi della bimba ma in quello di uscire dall’abitazione del fratello in quel
momento vuota, in possesso di due scatole di munizioni.
La mera riproposizione della versione difensiva non vale a segnalare profili
di illogicità della motivazione o a porne in luce aspetti contraddittori, ma mira
solo ad accreditare una diversa ricostruzione della vicenda, non essendo peraltro
rilevabile nella decisione alcuna violazione delle norme applicate.
4.2. E’ inammissibile anche il motivo riguardante il trattamento
sanzionatorio, posto che al ricorrente sono state concesse le attenuanti
generiche, equivalenti alla contestata recidiva reiterata, tale da precludere un
giudizio di prevalenza delle attenuanti, anche in ragione del fatto che, come
osservato dalla Corte, il ricorrente è gravato da ben sei condanne.
Né il ricorrente ha dedotto elementi in astratto idonei a suffragare la
richiesta di riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 62, comma primo, n.

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cod. pen., in relazione ad un’azione assertivamente originata da motivi di valore
morale o sociale, in particolare dalla necessità di onorare l’impegno di prestare
assistenza ai membri della famiglia, occorrendo ai fini dell’invocata attenuante
motivi che eccedano i limiti della normale solidarietà familiare (Cass. Sez. 5, n.
3967 del 13/7/2015, Petrache, rv. 265889).

5. All’inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali e, in ragione dei profili di colpa sottesi alla causa
dell’inammissibilità, a quello della somma di euro 2.000,00 in favore della cassa
delle ammende.

3

per il ricorrente di muoversi dal luogo di restrizione allo scopo di trovare una

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 2.000,00 in favore della cassa delle
ammende.

Così deciso il 26/10/2017

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