Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 52729 del 28/09/2017


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 52729 Anno 2017
Presidente: IPPOLITO FRANCESCO
Relatore: BASSI ALESSANDRA

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Martini Debora, nata il 13/05/1968 a Trieste

avverso la sentenza del 06/07/2016 della Corte d’appello di Trieste

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessandra Bassi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Roberto
Aniello, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia rigettato.

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il provvedimento in epigrafe, la Corte d’appello di Trieste ha
confermato la sentenza del 27 gennaio 2015, con la quale il Giudice dell’udienza
preliminare del Tribunale di Trieste ha condannato Deborah Martini per il reato di
cui agli artt. 81, comma secondo, e 314 cod. pen., per essersi appropriata, quale
titolare di una ricevitoria Lottomatica, di somme riscosse quale pagamento delle
tasse automobilistiche.

2. Deborah Martini ricorre avverso il provvedimento, a mezzo del difensore
di fiducia Avv. Carmine Pullano, e ne chiede l’annullamento per un unico motivo

Data Udienza: 28/09/2017

con il quale deduce la violazione di legge penale ed il vizio di motivazione in
relazione all’art. 314, commi primo e secondo, cod. pen. La ricorrente evidenzia
come, nella specie, faccia difetto l’appropriazione” che sostanzia la materialità
del delitto di peculato là dove, per un verso, si versa in un caso di “vuoto di
cassa” da parte di un soggetto privato che ha assunto la qualifica di pubblico
ufficiale e, pertanto, di un semplice ritardo nel versamento delle somme, non
potendosi il reato ritenere consumato fintantoché non vi sia stata la messa in
mora o sia scaduto il termine prescritto per il versamento; per altro verso,

di versare all’erario le somme non ha mai perso la connessione funzionale con
l’interesse dell’amministrazione ad assicurarsi l’effettivo incasso delle spese da
parte dell’agenzia delle entrate” (sic). Ad ogni modo, il denaro è un bene
fungibile sicchè, stante l’accessione della fideiussione, fa comunque difetto il
dolo. In via subordinata, la ricorrente evidenzia come il fatto possa essere
qualificato come peculato d’uso.

3. Il ricorso è inammissibile.

4. La ricorrente sottopone al vaglio di questa Corte le stesse identiche
doglianze già poste a base del gravame e non si confronta con le risposte date
dai giudici di merito nelle sentenze di condanna di primo e di secondo grado (c.d.
doppia conforme).

5. Con motivazioni puntuali nell’ancoraggio alle emergenze processuali e
conformi a logica, i decidenti di merito hanno difatti evidenziato, in linea con la
costante giurisprudenza di questa Corte, come il peculato sia reato istantaneo,
che si consuma nel momento stesso in cui l’agente, entrato in possesso di un
bene altrui per ragioni d’ufficio, ne dispone uti dominus e come pertanto il reato
si consumi nel momento in cui pubblico funzionario non versa le somme nelle
casse dell’ente pubblico entro il giorno stesso della riscossione o comunque entro
il giorno tal fine stabilito (nel caso degli intermediari alla riscossione è quello
successivo alla fine settimana contabile che va convenzionalmente dal mercoledì
al martedì). Ne discende che anche il semplice ritardo nel versamento delle
somme riscosse vale ad integrare il delitto in oggetto.
In particolare, si è affermato che integra il delitto di peculato la condotta del
soggetto autorizzato alla riscossione delle tasse che omette di versare le somme
di denaro ricevute nell’adempimento della funzione pubblica di riscossione,
atteso che quel denaro entra nella disponibilità della P.A. nel momento stesso
della consegna all’incaricato dell’esazione. (Fattispecie relativa all’appropriazione
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l’imputata aveva acceso una fideiussione a prima richiesta, sicchè “l’obbligazione

di somme di denaro da parte di un gestore di un agenzia di pratiche
automobilistiche autorizzato alla riscossione delle tasse regionali). (Sez. 6, n.
45082 del 01/10/2015, Marrocco, Rv. 265342).
Giova inoltre ribadire che, secondo i principi consolidati di questa Corte di
legittimità, nel delitto di peculato il concetto di “appropriazione” comprende
anche la condotta di “distrazione” in quanto imprimere alla cosa una destinazione
diversa da quella consentita dal titolo del possesso significhi esercitare su di essa
poteri tipicamente proprietari e, quindi, impadronirsene (Sez. 6, n. 25258 del

5.1. Nel caso di specie, la Martini non solo non aveva versato le somme
entro il termine convenzionalmente stabilito, ma era stata messa in mora con
raccomandata con la quale veniva invitata al pagamento di 21.580 euro non
riversati relativi a tre settimane contabili, raccomandata seguito della quale
l’imputata si limitava ad un versamento parziale di 5900 euro. Come evidenziato
dai Giudici della cognizione, l’imputata destinava le somme della pubblica
amministrazione al soddisfacimento di esigenze personali, segnatamente il
pagamento del canone d’affitto del bar.

6. Immune da vizi logico giuridici coltivabili in questa sede è il compendio
argomentativo sviluppato dal Collegio del gravame in ordine all’elemento
soggettivo del reato (integrato dal dolo generico e dunque dalla coscienza e
volontà di appropriarsi di denaro o cosa mobile altrui a prescindere dal fine di
trarne profitto), là dove ha congruamente evidenziato come risultino provate
tanto la volontarietà della condotta di confusione del denaro pubblico con il
proprio, quanto la destinazione di esso al soddisfacimento di esigenze diverse da
quelle pubbliche.

7. Ineccepibile è anche il passaggio della motivazione nel quale i Giudici
della cognizione hanno rilevato l’irrilevanza ai fini della integrazione del delitto
del fatto che la Martini avesse acceso una fideiussione attivatasi non appena si
era verificato il mancato versamento delle tasse riscosse.
7.1. La fideiussione costituisce una garanzia legale di pagamento posto a
tutela della pubblica amministrazione per il servizio di riscossione delle tasse
automobilistiche. L’istituto assume rilevanza soltanto sul piano civile ed
amministrativo – tenendo indenne l’ente creditore in caso di mancato
versamento del dovuto da parte del pubblico ufficiale – e non assume nessun
rilievo sul piano penale, là dove, per un verso, siffatta garanzia si attiva una
volta che il versamento non sia stato compiuto dal pubblico ufficiale e, dunque,
una volta che il reato di peculato – in quanto istantaneo – si sia già perfezionato;
3

04/06/2014, Pg in proc. Cherchi e altro, Rv. 260070).

per altro verso, la stipula di tale contratto non è tale da conferire al pubblico
ufficiale stipulante una sorta di patente ad appropriarsi impunemente delle
somme “altrui”.

8.

Conforme al costante insegnamento di questa Corte è ritenuta

insussistenza dei presupposti per il peculato d’uso, che non è configurabile con
riferimento alle cose di quantità rispetto le quali sarebbe possibile soltanto la
restituzione del tantundem (ex plurimis Sez. 6, n. 49474 del 04/12/2015,

9. Dalla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma
dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente, oltre che al pagamento
delle spese del procedimento, anche a versare una somma, che si ritiene
congruo determinare in 2.000,00 euro.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 2.000 in favore della cassa delle
ammende.

Così deciso il 28 settembre 2017

Il consigliere estensore
Alessandra Bassi

Il Pr idente
F(Pce

Stanca, Rv. 266242).

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