Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 52645 del 11/07/2017


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 52645 Anno 2017
Presidente: DI NICOLA VITO
Relatore: SOCCI ANGELO MATTEO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
LAADAM YASSINE nato il 26/08/1987

avverso l’ordinanza del 15/04/2016 della CORTE APPELLO di FIRENZE

sentita la relazione svolta dal Consigliere ANGELO MATTEO SOCCI;

lette le conclusioni del PG Giuseppe Corasaniti: «Rigetto del ricorso»

DEPOSITATA IN CANCELLF.INA

Data Udienza: 11/07/2017

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di Appello di Firenze, con ordinanza depositata il 21
novembre 2014, aveva rigettato l’istanza di riparazione presentata da
Yassine Laadam per l’ingiusta detenzione da costui subita dapprima nella

2012, e successivamente nella forma degli arresti domiciliari, fino al 13
febbraio 2013, in relazione ai reati di cui agli artt. 110, 112 n. 1 e 630
cod. pen. e agli artt. 110, 112 n. 1, 582, 585, 576, 61 n. 2 cod. pen.,
reati dai quali era stato assolto con sentenza n. 981/2013 del Giudice per
l’udienza preliminare di Firenze .
Il rigetto dell’istanza era stato motivato in base alla sussistenza della
causa ostativa prevista dall’art. 314, comma 1, cod. proc. pen. per avere
il Laadam concorso a dare causa con colpa grave alla misura cautelare,
avendo lo stesso intrattenuto frequentazioni stabili abituali con Abdessek
Badi, noto pregiudicato, unico poi effettivamente condannato per i reati
contestati al richiedente. Ciò aveva portato, unitamente al riconoscimento
del Laadam da parte della persona offesa e alla circostanza che lo stesso
era stato visto a bordo di un auto insieme all’Abdessadek, all’adozione
della misura cautelare.
Avverso l’ordinanza sopra indicata, Yassine Laadam aveva proposto
ricorso per Cassazione, accolto con sentenza del 9 settembre 2015. In
particolare, la Suprema Corte aveva ritenuto che il provvedimento della
Corte di Appello avesse omesso di individuare elementi specifici che
consentissero di collegare univocamente la condotta del ricorrente ai reati
di lesioni e sequestro di persona contestatigli.
La Corte di appello di Firenze, in sede di rinvio con ordinanza del 15
aprile 2016, rigettava di nuovo la domanda per ingiusta detenzione,
affermando che l’ordinanza cautelare era stata adottata non soltanto sulla
base della frequentazione del Laadam con Abdessadek Badi, ma altresì
per il possesso dell’autovettura che, per tipo e colore, risultava essere

forma della custodia cautelare in carcere, dal 10 luglio al 12 novembre

quella presente la sera del rapimento, nonché, e soprattutto, per
l’individuazione fotografica effettuata dalla parte offesa del reato del
Laadam come uno dei partecipanti al sequestro e all’aggressione. La
sentenza di assoluzione, prosegue la Corte di Appello, non avrebbe
inficiato in alcun modo detto quadro probatorio, che sarebbe dunque
stato sufficiente per pervenire all’emissione di un’ordinanza di custodia
cautelare.

deducendo i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari
per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att., cod.
proc. pen.
2. 1. Inosservanza e/o falsa applicazione dell’art. 314, comma 1, cod.
proc. pen., art. 606, lett. b). Contraddittorietà e illogicità della
motivazione in ordine ai criteri di valutazione della condotta del
ricorrente, con particolare riguardo alla valorizzazione del quadro
indiziario posto alla base dell’ordinanza di custodia cautelare (art. 606,
lett. e), cod. proc. pen.).
La Corte d’Appello, nel rigettare l’istanza di riparazione proposta dal
ricorrente, si sarebbe limitata a valorizzare gli elementi indiziari indicati
nell’ordinanza di custodia cautelare, dimenticando, tuttavia, l’esistenza di
una successiva sentenza di assoluzione, nonché quanto statuito dalla
Suprema Corte, la quale aveva chiesto al giudice del rinvio di individuare
il collegamento specifico tra i rapporti del ricorrente con l’Abdessadek e i
reati contestatigli.
Il provvedimento, emesso in totale dispregio dell’indicazione della
Corte di Cassazione, sarebbe allora non solo illogico ma addirittura
abnorme, avendo del tutto omesso la verifica della condotta colposa o
meno del ricorrente, e avendo ritenuto sufficiente la gravità indiziaria ab
origine considerata, del tutto ignorando quanto successo dopo l’emissione

dell’ordinanza cautelare.
In particolare la Corte d’Appello avrebbe ribadito il ruolo primario
delle dichiarazioni della persona offesa ai fini dell’emissione del
provvedimento cautelare, dichiarazioni tuttavia ritenute inidonee a

2. Ricorre per Cassazione Yassine Laadam, tramite difensore,

fondare un giudizio di responsabilità penale nei confronti del ricorrente, in
quanto assolutamente e pacificamente inattendibili (dalla sentenza di
assoluzione).
Nel provvedimento impugnato neppure si sarebbe tenuto conto del
fatto che le testimonianze e i tabulati telefonici riferibili al Laadam lo
avessero collocato nella propria abitazione al momento del verificarsi del

Quanto specificamente ai rapporti tra il Laadem e l’Abdessadek,
l’ordinanza impugnata si sarebbe limitata all’evidenza degli stessi, senza
tuttavia metterli in correlazione col fatto concreto, e senza motivare in
ordine alle circostanze per cui i suddetti rapporti non trovassero una
giustificazione in un alveo affettivo o amicale, ma si traducessero in una
manifestazione collusiva all’intento criminale.
Evidenzia sul punto il ricorrente come la sua frequentazione con
l’Abdessadek non sia mai stata celata al Giudice procedente, avendo egli
stesso, incensurato ed ignoto alle forze di polizia, fondato la propria
difesa proprio sul fatto che il suo intervento sul luogo dove l’Abdessadek
avrebbe tenuto bloccato Ed Diani Zitouni fosse motivata dai pregressi
rapporti di amicizia con l’Abdessadek, allo scopo, peraltro, di far desistere
quest’ultimo dal proprio intento criminoso.
Ha chiesto quindi l’annullamento del provvedimento impugnato.
3.

La Procura Generale della Corte di Cassazione, Sostituto

Procuratore Generale Giuseppe Corasanti, ha chiesto il rigetto del ricorso.
4. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze con memoria ha chiesto
l’inammissibilità o, in subordine, il rigetto del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

5. Il ricorso è fondato, e l’ordinanza deve annullarsi con rinvio alla
Corte di appello di Firenze, per nuovo giudizio.

3

fatto di reato (alibi).

Questa Corte ha infatti affermato che, in tema di riparazione per
l’ingiusta detenzione, la condizione ostativa al riconoscimento del diritto
all’indennizzo, rappresentata dall’avere il richiedente dato causa
all’ingiusta carcerazione, può essere integrata anche da comportamenti
extraprocessuali gravemente colposi quali le frequentazioni ambigue con
soggetti gravati da specifici precedenti penali o coinvolti in traffici illeciti,
purché il giudice della riparazione fornisca adeguata motivazione della

rapporto al tipo e alla qualità dei collegamenti con tali persone, così da
essere poste quanto meno in una relazione di concausalità con il
provvedimento restrittivo adottato (Sez. 3, n. 39199 del 01/07/2014,
Pistorio, Rv. 260397).
La stessa sentenza della Corte di Cassazione del 9 settembre 2015,
rinviando la causa al Giudice dell’Appello, aveva chiesto di motivare in
ordine agli elementi specifici che consentissero di collegare la condotta
del ricorrente ai reati di lesioni e sequestro di persona contestatigli.
La Corte d’Appello di Firenze, invece, si è limitata a ribadire l’idoneità
degli indizi a giustificare l’emissione dell’ordinanza cautelare, effettuando
una mera elencazione degli elementi posti alla base della stessa, ed
omettendo di procedere all’analisi demandata dalla Suprema Corte; che
consisteva, in particolare, nello specificare in che misura, e in che
termini, il Laadam avrebbe dato causa alla detenzione per sua grave
colpa.
In particolare, non è stata in alcun modo approfondita la natura dei
rapporti tra il Laadam e l’Abdessadek, né è stato dato conto delle
motivazioni per le quali tale frequentazione non potesse trovare la propria
giustificazione in rapporti di amicizia, ma dovesse, al contrario,
qualificarsi come ambigua, prestandosi, oggettivamente, ad essere
interpretate come indizio di complicità nel reato contestato al ricorrente.
Inoltre

soprattutto

in

considerazione

del

riconoscimento

(individuazione fotografica) effettuato dalla parte offesa, la decisione
impugnata ritiene sussistenti gli elementi per il rigetto dell’istanza di
riparazione. Tuttavia la decisione non tiene conto della neutralizzazione,

loro oggettiva idoneità ad essere interpretate come indizi di complicità, in

nella sua valenza indiziaria, del riconoscimento operato dalla sentenza di
assoluzione, ovvero della contraddittorietà delle dichiarazioni (gravi
contraddizioni) e della non attendibilità della parte offesa: «In tema di
riparazione per l’ingiusta detenzione, il giudice della riparazione, per
decidere se l’imputato vi abbia dato causa per dolo o colpa grave, deve
valutare il comportamento dell’interessato alla luce del quadro indiziario
su cui si è fondato il titolo cautelare, e sempre che gli elementi indiziari

esclusi o neutralizzati nella loro valenza nel giudizio di assoluzione. (Nella
specie, la Corte ha applicato il principio in un’ipotesi di non coincidenza
tra quadro indiziario esaminato nella fase cautelare e quadro probatorio
alla base del giudizio assolutorio, ritenendo legittima la valutazione del
verbale di arresto e di alcune dichiarazioni fisiologicamente inutilizzabili in
dibattimento)» (Sez. 4, n. 41396 del 15/09/2016 – dep. 03/10/2016,
Piccolo, Rv. 26823801; per le intercettazioni telefoniche vedi Sez. U, n.
1153 del 30/10/2008 – dep. 13/01/2009, Racco, Rv. 24166701; in via
generale vedi Sez. 4, n. 19180 del 18/02/2016 – dep. 09/05/2016,
Buccini, Rv. 26680801).
Inoltre il riconoscimento non è certo comportamento del ricorrente
(una sua colpa grave), valutabile per la negazione dell’ingiusta
detenzione. L’ordinanza impugnata, invece, compie, sul punto, una
valutazione della sentenza di assoluzione non corretta: «La circostanza
poi che tali elementi non siano stati ritenuti sufficienti dal giudice del
merito per pervenire ad una sentenza di condanna di Laadam Yassine, il
quale, peraltro, veniva assolto con scarna motivazione ai sensi dell’art.
530, comma secondo, cod. proc. pen., non inficia affatto il quadro
indiziario che questa corte territoriale deve valutare …». Tale modo di
argomentare oltre che non corretto risulta anche manifestamente illogico,
perché il giudice della riparazione non deve ritenersi giudice d’appello
della sentenza di assoluzione e sindacare l’assoluzione, inoltre la formula
di assoluzione risulta neutra ai fini della riparazione: «Il diritto all’equa
riparazione per la custodia cautelare subita spetta a chi è stato prosciolto
con sentenza irrevocabile di assoluzione con una delle formule indicate
nella prima parte dell’art.314 cod. proc. pen. e a tal riguardo non ha
rilievo se a tale formula il giudice penale sia pervenuto per la accertata
5

non siano stati dichiarati assolutamente inutilizzabili ovvero siano stati

prova positiva di non colpevolezza, ovvero per la insufficienza o
contraddittorietà della prova, se cioè l’assoluzione sia stata pronunziata ai
sensi del primo o del secondo comma dell’art.530 cod. proc. pen.» (Sez.
4, n. 22924 del 30/03/2004 – dep. 14/05/2004, Min.Ec.Fin. in proc.
Zitello, Rv. 22879101).
Può conseguentemente esprimersi il seguente principio di diritto: « In
tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, il giudice della riparazione,

decidere se l’imputato vi abbia dato causa per dolo o colpa grave, deve
invece valutare il comportamento dell’interessato alla luce del quadro
indiziario su cui si è fondato il titolo cautelare, e sempre che gli elementi
indiziari non siano stati dichiarati assolutamente inutilizzabili, ovvero
siano stati esclusi o neutralizzati nella loro valenza, nel giudizio di
assoluzione, anche se avvenuto ex art. 530, comma 2, cod. proc. pen.
(Nella specie, la Corte ha ritenuto non rilevante un riconoscimento
fotografico della parte offesa, sia perché non attinente al comportamento
dell’arrestato e sia perché neutralizzato dalla sentenza di assoluzione per
l’inattendibilità, accertata in relazione alle contraddizioni gravi del
narrato, della parte offesa).
L’ordinanza va per tali ragioni annullata, con rinvio alla Corte di
appello di Firenze per nuovo esame, che provvederà anche a
regolamentare le spese del grado di legittimità.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia alla Corte di appello di
Firenze.
Così deciso, 11 luglio 2017.

che non deve valutare l’assoluzione come un giudice d’appello, per

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