Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 52636 del 15/06/2017


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 52636 Anno 2017
Presidente: AMORESANO SILVIO
Relatore: MACRI’ UBALDA

SENTENZA

sul ricorso proposto da Rotondi Orlando, nato a Cautano il 25.5.1947,
avverso la sentenza in data 6.10.2016 del Tribunale di Alessandria,
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Ubalda Macrì;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Sante
Spinaci, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito per l’imputato l’avv. Luca Sirotti, che ha concluso chiedendo l’accoglimento
del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Alessandria, con sentenza in data 6.10.2016, ha
condannato Rotondi Orlando, con la riduzione per il rito, alla pena di C 4.000,00
di ammenda, oltre spese, per il reato di cui agli art. 110 c.p. e 29quattordecies,
comma 3, d. Lgs. 152/06 e successive modifiche, perché, in concorso con
Barisione Alfredo, la cui posizione era già stata definita, ed in qualità di direttore
tecnico con delega in materia ambientale presso l’insediamento produttivo della
ILVA S.p.A., sita in Novi Ligure (AL), strada Boscomarengo n. 1 (azienda avente
ad oggetto sociale la produzione e la lavorazione di laminati piani a caldo, a
freddo e rivestiti, nonché le lavorazioni metalliche in genere e la lavorazione di
prodotti siderurgici od affini), non aveva osservato le prescrizioni imposte dalla
Provincia di Alessandria con l’autorizzazione integrata ambientale (AIA) emessa il

Data Udienza: 15/06/2017

24.6.2009, specificamente indicate nel capo d’imputazione; fatti commessi in
Novi Ligure ed accertati tra il 31.3.2014 ed il 28.5.2014.

2. Con il primo motivo di ricorso, l’imputato lamenta la violazione dell’art.
606, comma 1, lett. e), c.p.p., laddove il Giudice aveva motivato l’inefficacia
liberatoria della delega di funzioni rilasciata in data 28.3.2011 da esso stesso, in
qualità di direttore tecnico dello stabilimento ILVA S.p.A. di Novi Ligure al
Barisione, delegato aziendale in tema di prescrizioni AIA, per la non rispondenza

organizzativa elaborati dalla giurisprudenza di legittimità in tema di efficacia
liberatoria della delega di funzioni nei confronti del delegante ex art. 16, comma
3, d. Lgs. 81/08.
Premette in fatto a) che in data 24.6.2009 la società aveva ottenuto l’AIA
da parte della Provincia di Alessandria; b) che nel corso di due controlli periodici,
l’ARPA (Agenzia regionale per la protezione ambientale) di Alessandria aveva
constatato il superamento di alcuni valori massimi consentiti dal provvedimento
autorizzativo, rispettivamente in data 31.3.2014 e 28.5.2014: nel primo caso,
parametro di azoto nitroso NO2 non conforme all’AIA (concentrazione accertata
0,90 mg/I su limite autorizzato 0,60 mg/l) a seguito del campionamento acque
nei pozzetto di ispezione SDA2; nel secondo caso, parametro di ferro FE non
conforme all’AIA (concentrazione accertata 359 mg/I su limite autorizzato di 200
mg/1), a seguito di campionamento acque su pozzo piezometrico PZ1 a monte
dello stabilimento, parametri di ferro FE (concentrazione accertata 5.130 mg/I su
limite autorizzato 200 mg/l), manganese MN (concentrazione 278 mg/I su 50
mg/1) e piombo PB (concentrazione 137 mg/I su 10 mg/I), non conformi all’AIA,
a seguito di campionamento acque su pozzo piezometrico PZ2 a valle dello
stabilimento; c) che, per i medesimi fatti, era stato tratto in giudizio ex art. 110
c.p. e 29quattordecies, comma 3, d. Lgs. 152/06 e successive modificazioni,
unitamente al Barisione, per l’appunto responsabile del settore distribuzione
energia e fluidi, trattamento acque industriali, con delega in materia di tutela
dell’ambiente esterno ed in materia di prevenzione dei fenomeni di inquinamento
di qualsiasi tipo presso l’insediamento produttivo ILVA S.p.A. di Novi Ligure; d)
che il delegato, suo concorrente nel reato, aveva avuto accesso all’oblazione ex
art. 162 c.p., mentre egli, a seguito di giudizio abbreviato condizionato, era stato
dichiarato colpevole del reato ascrittogli.
Chiarisce, inoltre, a) che il Commissario straordinario dell’ILVA, in carica
all’epoca, dott. Enrico Bondi, nell’ambito di una revisione societaria del sistema
di deleghe e procure, aveva provveduto ad individuarlo come datore di lavoro ai
sensi e per gli effetti di cui all’art. 2, lett. b), d. Lgs. 81/08 con tutti gli oneri ed
obblighi connessi alla carica, anche in tema di tutela ambientale, attraverso

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dello stabilimento ai criteri dimensionali e di necessaria complessità

l’ordine di servizio del 3.12.2013; b) che egli con atto notarile del 24.2.2014,
aveva nominato il Barisione responsabile degli adempimenti connessi
all’applicazione del d. Lgs. 152/06; c) che, quindi, all’epoca dei fatti, era datore
di lavoro e non già delegato alla tutela ambientale, laddove il Giudice aveva
erroneamente definito sub-delega e non delega l’atto con cui aveva nominato il
Barisione responsabile; d) che il Giudice aveva dapprima accertato la perfetta
validità del sistema di deleghe attuato nello stabilimento, stante il rispetto di
tutti i criteri sanciti dall’art. 16 d. Lgs. 81/08 per poi decretarne apoditticamente

elaborato dalla giurisprudenza di legittimità in tema di validità della delega di
funzioni, della necessaria complessità organizzativa, al fine di esonerare il
delegante dalla responsabilità penale che residuava in capo al medesimo ovvero
il residuo profilo di culpa in vigilando di cui all’art. 16, comma 3, d. Lgs. 81/08.
Opina che la valutazione circa la dimensione dell’impresa in Italia, come
in Europa, trattandosi di materia puramente tecnica, non poteva essere lasciata
alla libera determinazione del Giudice ma doveva sempre ricollegarsi alle linee
guida delle norme extra-penali che disciplinavano in modo compiuto l’attività
produttiva industriale. Il decreto del Ministero delle Attività Produttive n. 18/05
ed il d. Lgs. 123/98 fornivano all’uopo le necessarie indicazioni per la
determinazione della dimensione aziendale dei siti produttivi su territorio
nazionale, al fine di accedere all’erogazione di aiuti pubblici. In particolare, l’art.
2, comma 1, d.m. 18/05 stabiliva che la categoria delle piccole e medie imprese
(PMI) era costituita da imprese con meno di 250 occupati ed un fatturato annuo
non superiore a 50 milioni di euro oppure un bilancio annuo non superore a 43
milioni di euro. Il Giudice, in maniera apodittica e non argomentata, aveva
ritenuto invece che lo stabilimento di Novi Ligure non presentasse
un’organizzazione altamente complessa ed una peculiare strutturazione della
gerarchia delle responsabilità trattandosi di un unico stabilimento, sebbene dalla
visura della società, acquisita all’esito del rito abbreviato condizionato,
emergesse una struttura organizzativa altamente complessa con un
organigramma che presentava più di 20 aree di competenza amministrativa con
altrettante sotto-aree operative, per una media di personale occupato, indicata
in modo non esaustivo in circa 800 dipendenti l’anno (776 nel 2014, anno delle
violazioni contestate) dislocati su una superficie di mq 972.747,00. Tale realtà di
assoluta complessità organizzativa, occupazionale e gerarchica dello stabilimento
in oggetto era emersa anche dalla deposizione del Barisione nell’interrogatorio
del 20.5.2016, relativa ad altro procedimento penale, ma acquisito al fascicolo
del giudizio abbreviato condizionato per ragioni difensive, nel quale il delegato
aveva dichiarato di avere, alle sue dipendenze, circa 40 persone, per ciò che
riguardava solo l’area dei sistemi ausiliari. Il Giudice erroneamente aveva

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ed immotivatamente l’inefficacia liberatoria per mancanza del requisito,

ritenuto che, nel caso in esame, non ricorresse quella situazione tipizzata dalla
giurisprudenza, di particolare complessità organizzativa per gli effetti della quale
la delega era in sé idonea a mandare esente da responsabilità il delegante, sul
falso presupposto che, in tal caso, si trattava di un singolo stabilimento dell’ILVA
S.p.A. e quindi non di tutta l’ILVA, come se un ramo d’azienda non potesse
essere di per sé considerato complesso, in quanto ramo d’azienda e non azienda
capostipite (così in ricorso).
Con il secondo motivo, lamenta, in via subordinata, la violazione dell’art.

vigilando

culpa in

per non aver ottemperato all’obbligo di vigilanza sul corretto

espletamento dei compiti delegati, con un passaggio motivazionale del tutto
apodittico e non argomentato. Per ciò che concerneva l’accertamento
dell’elemento psicologico,

l’iter logico era stato il seguente: a partire dalla

violazione delle prescrizioni in materia di AIA da parte del delegato, la culpa in
vigilando del delegante si presumeva in maniera invincibile per il solo fatto delle
avvenute violazioni. Secondo il ricorrente, tale ricostruzione argomentativa era
illogica perché a) portava ad una responsabilità penale oggettiva, b) si trattava
di eventi episodici dovuti a circostanze particolari, posti sotto l’esclusiva signoria
decisoria e di un intervento del soggetto delegato all’ambiente, non previsti né
prevedibili, prima dei quali e dopo i quali non si erano ravvisati né da parte
dell’ARPA, né in sede di autocontrollo, sforamenti del valore-limite di cui al
provvedimento autorizzativo: l’AIA era stata rilasciata il 24.6.2009 e le uniche
violazioni, con riferimento ai parametri di cui al capo d’imputazione, erano state
proprio quelle oggetto del processo. Chiede pertanto l’annullamento della
sentenza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è fondato
3.1. Con riferimento al primo profilo della delega di funzioni, il Giudice
non ha fatto buon governo dei principi consolidati nella giurisprudenza di
legittimità secondo cui il criterio oggettivo dimensionale che giustifica la delega
non va inteso in senso quantitativo bensì qualitativo, avuto riguardo alla
complessità degli impegni e compiti da assolvere. Uno spunto in tal senso è già
in Cass., Sez. 3, n. 28126/04, Carraturo, non massimata, che ripercorre
l’elaborazione del tema e gli approdi fino a quel momento raggiunti, ma più
raffinata nel ragionamento è Cass., Sez. 3, n. 27862/15, Rv 264197, PM in proc.
Molino, secondo cui, addirittura, in tema di reati ambientali, non è più richiesto,
per la validità e l’efficacia della delega di funzioni, che il trasferimento delle
stesse sia reso necessario dalle dimensioni dell’impresa o, quanto meno, dalle
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606, comma 1, lett. e), c.p.p., laddove gli erano stati ascritti profili di

esigenze organizzative della medesima, attesa l’esigenza di evitare asimmetrie
con la disciplina in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, la quale, a
seguito della entrata in vigore dell’art. 16 del digs. n. 81 del 2008, non
contempla più tra i requisiti richiesti per una delega valida ed efficace quello
delle “necessità”; fattispecie in tema di reato previsto dall’art. 29-quattuordecies
del d.Lgs. n. 152 del 2006. Si deve ritenere che tale più recente orientamento
abbia ormai superato la precedente impostazione della stessa Sezione che con
sentenza n. 46710/13, Rv 257860, Antista, aveva affermato in tema di disciplina

limite della responsabilità penale del legale rappresentante della impresa solo
laddove le dimensioni aziendali fossero state tali da giustificare la necessità di
decentrare compiti e responsabilità, ma non anche in caso di organizzazione a
struttura semplice. Peraltro, parimenti interessante sul tema è la sentenza della
Sezione 4, n. 39158/13, Rv 256878, Zugno e altri, per la quale in materia di
infortuni sul lavoro, gli obblighi di prevenzione, assicurazione e sorveglianza
gravanti sul datore di lavoro possono essere delegati, con conseguente subentro
del delegato nella posizione di garanzia che fa capo al delegante a condizione
che il relativo atto di delega sia espresso, inequivoco e certo ed investa una
persona tecnicamente capace, dotata delle necessarie cognizioni tecniche e dei
relativi poteri decisionali e di intervento, fermo restando, comunque, l’obbligo
per il datore di lavoro di vigilare e di controllare che il delegato usi correttamente
la delega, secondo quanto la legge prescrive.
Orbene, nel caso di specie, è anche dubbia la valutazione compiuta in
concreto sul requisito dimensionale dal Giudice, il quale sembra aver omesso di
considerare che il fatto si è verificato in uno stabilimento di circa 800 dipendenti
ed esteso per quasi un milione di metri quadrati. Né rileva che si tratti di un
ramo d’azienda o di una società del gruppo (punto non adeguatamente
esplorato), perché – si ripete – la valutazione deve essere condotta in concreto
sulle esigenze organizzative dell’impresa, intese per giunta secondo un’accezione
qualitativa e non quantitativa.
Inoltre, il Giudice adombra, a mezzo dell’introduzione di un argomento
che sembrerebbe sovrabbondante nell’economia decisionale, la possibilità di un
divieto di subdelega che non si riscontra nella normativa che ha ritenuto di
applicare analogicamente, perché il comma 3bis dell’art. 16, d. Lgs. 81/08, come
introdotto dall’art. 12, comma 1, d. Lgs. 106/09, ammette espressamente la
sub-delega, siccome il soggetto delegato può, a sua volta, previa intesa con il
datore di lavoro, delegare specifiche funzioni in materia di salute e sicurezza sul
lavoro alle medesime condizioni dì cui ai commi 1 e 2; la delega di funzioni di cui
al primo periodo non esclude l’obbligo di vigilanza in capo al delegante in ordine
al corretto espletamento delle funzioni trasferite; il soggetto al quale sia stata

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penale dei prodotti alimentari, che la delega di funzioni poteva operare quale

conferita la delega di cui al presente comma non può, a sua volta, delegare le
funzioni delegate. Ne consegue che anche rispetto al suddetto profilo, l’indagine
in fatto sui rapporti tra il commissario, l’imputato ed il Barisioni avrebbe dovuto
essere più penetrante, individuando il datore di lavoro ed entrando nel merito
dell’atto di delega.
3.2 Con riferimento al secondo profilo relativo alla culpa in vigilando, la
motivazione della sentenza impugnata è apodittica anche nella parte relativa alla
valutazione dell’eccezionalità ed imprevedibilità dell’evento, su cui non è stato

in altro procedimento, acquisito al fascicolo del dibattimento, questi abbia
affermato che la non conformità risultata nei controlli relativamente al parametro
dei tensioattivi totali era dovuta a cause eccezionali ed imprevedibili.
3.3. Si impone pertanto l’annullamento con rinvio al Tribunale di
Alessandria per un nuovo esame delle questioni evidenziate.

P.Q.M.

annulla la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Alessandria.

Così deciso, il 15 giugno 2017

effettuato alcun accertamento specifico, sebbene nell’interrogatorio del Barisione

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