Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 526 del 25/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 526 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: SARNO GIULIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CALI’ MARIO N. IL 24/11/1933
LA TORRE ANGELA PIETRA N. IL 03/07/1934
avverso la sentenza n. 3884/2010 CORTE APPELLO di CATANIA, del
27/09/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIULIO SARNO;

Data Udienza: 25/10/2013

la violazione del principio del ne bis in idem di cui all’articolo 649 c.p.p. posto che le opere edili
abusivive sarebbero state ultimate nel 2004 e che sarebbero state, quindi, indebitamente
contestate in quanto oggetto del giudizio svoltosi dinanzi al tribunale di Catania concluso con
sentenza passata in giudicato nel giugno del 2007;
la violazione di legge per mancata declaratoria di non luogo a procedere per intervenuta
prescrizione non avendo considerato la corte di merito che le emergenze del processo
portavano a ritenere i lavori definitivamente conclusi nel 2004;
la violazione dell’articolo 81 del codice penale avendo la corte di appello escluso la
continuazione in relazione al lasso di tempo intercorso tra il reato oggetto della precedente
condanna ed i fatti per cui si è instaurato l’odierno procedimento senza tenere conto
dell’identità evidente del disegno criminoso essendo i nuovi interventi finalizzati a rendere
abitabile l’immobile.
Il ricorso è inammissibile.
Avuto riguardo al primo motivo, i ricorrenti contestano nel merito le affermazioni dei giudici di
appello secondo le quali alla costruzione precedente di metri quadri 55 sarebbe stato aggiunto
un servizio igienico completo di sanitari e realizzata la suddivisione dell’immobile in tre locali,
ponendo all’esterno in aderenza del fabbricato, due tettoie in struttura portante in ferro
ancorate al suolo. Le censure, attengono ad un sostanziale travisamento del fatto, non
deducibile tuttavia in questa sede in presenza di due sentenze conformi, come più volte
evidenziato da questa Corte salvo il caso in cui il giudice d’appello, per rispondere alle critiche
contenute nei motivi di gravame, abbia richiamato dati probatori non esaminati dal primo
giudice (Sez. 4, Sentenza n. 19710 del 03/02/2009 Rv. 243636).
In ogni caso la questione è manifestamente infondata. Come più volte ribadito da questa Corte
i reati edilizi e quello paesaggistico hanno natura permanente e la pemanenza si protrae sino
all’ultimazione dei lavori che coincide con l’ultimazione delle opere di finitura sia esterne che
interne (Sez. 3, n. 33013 del 03/06/2003 Rv. 225553; Sez. 3, n. 16393 del 17/02/2010 Rv.
246758).
Correttamente sono stati pertanto considerati autonomi i fatti intervenuti dopo la prima
sentenza di condanna.
Tali considerazioni ritengono di ritenere manifestamente infondata anche la questione
concernente la prescrizione del reato risalendo all’accertamento dei fatti all’i dicembre 2007 ed
essendo intervenuta la decisione d’appello alla data del 27 settembre 2012. Appartengono
infine al merito anche le censure in ordine al mancato riconoscimento della continuazione.
La prescrizione maturata successivamente alla decisione di appello, come costantemente
affermato da questa Corte, non rileva se il ricorso è inammissibile né il ricorso stesso può
essere proposto al fine di far valere unicamente la prescrizione.
In questo senso si sono espresse le Sezioni Unite puntualizzando che l’inammissibilità del
ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di
un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare
le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc. pen. (Sez. U, Sentenza n. 32 del
22/11/2000 Rv. 217266) e che è inammissibile il ricorso per cassazione proposto unicamente
per far valere la prescrizione maturata dopo la decisione impugnata e prima della sua
presentazione, privo di qualsiasi doglianza relativa alla medesima, in quanto viola il criterio
della specificità dei motivi enunciato nell’art.581, lett.c) cod. proc.pen. ed esula dai casi in
relazione ai quali può essere proposto a norma dell’art. 606 dello stesso codice.( Sez. U,
Sentenza n. 33542 del 27/06/2001 Rv. 219531).

Calì Mario e La Torre Angela propoflpnoAricorso per cassazione avverso la sentenza in epigrafe
con la quale la corte di appello di ha confermato quella resa tribunale della medesima
città con cui erano stati condannati alla pena di giustizia, oltre al risarcimento del danno in
favore delle costituite parti civili – Provincia Regionale e Comune di Catania -, per i reati di cui
agli 110 cod. pen., artt. 44 lett. c); 93 e 95 DPR 380/01; 181 dlgs 42/04; 734 cod. pen. per la
realizzazione di ulteriori opere su immobile abusivo.
Deducono in questa sede i ricorrenti:

9(r

A mente dell’art. 616 c.p.p., alla declaratoria di inammissibilità consegue l’onere delle spese
del procedimento, nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende,
fissata in via equitativa, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di euro 1000.
Consegue altresì la condanna alla liquidazione delle spese del giudizio in favore delle parti
civili, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali,
nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma di euro 1000
ciascuno. Condanna altresì i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio in favore delle
costituite parti civili che liquida rispettivamente in euro 900 (novecento) per il Comune di
Catania e la Provincia Regionale di Catania.
Così deciso, il giorno 25.10.2013

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