Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 525 del 11/12/2012


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 525 Anno 2013
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: FRANCO AMEDEO

SENTENZA
sul ricorso proposto da Raimondo Nicoletto, nato a Trino il 4.2.1952;
avverso la sentenza emessa il 29 marzo 2012 dalla corte d’appello di Torino
udita nella pubblica udienza dell’Il dicembre 2012 la relazione fatta dal
Consigliere Amedeo Franco;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale
dott. Enrico Delehaye, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
Svolgimento del processo
Con sentenza del 13.10.2011 il giudice del tribunale di Torino dichiarò
Raimondo Nicoletto colpevole del reato di cui all’art. 2 d.l. 12 settembre 1983,
n. 463, convertito nella legge 11 novembre 1983, n. 638, per avere omesso il
versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali operate sulle retribuzioni
corrisposte ai lavoratori dipendenti nei mesi da febbraio 2005 a novembre 2005,
per la somma complessiva di C 3.232,00, e lo condannò alla pena di mesi due di
reclusione ed E 300,00 di multa.
La corte d’appello, con la sentenza in epigrafe, rilevò che il giudice di
primo grado, a fronte di una particolare situazione soggettiva dell’imputato, si
era immotivatamente e sensibilmente discostato dal minimo edittale,
Rideterminò quindi la pena in mesi 1 e giorni 15 di reclusione ed € 150,00 di
multa, ridotti per le attenuanti generiche a mesi 1 ed E 100,00.
L’imputato propone personalmente ricorso per cassazione deducendo mancanza o manifesta illogicità della motivazione, erronea applicazione dell’art.
133 cod. pen., mancata applicazione dell’art. 62, n. 4, cod. pen. Lamenta che la
corte d’appello, pur avendo ridotto la pena perché, a fronte della sua particolare
situazione soggettiva, il giudice di primo grado si era sensibilmente ed immo

Data Udienza: 11/12/2012

vatamente scostato dalla pena minima edittale, ha commesso lo stesso errore determinando senza motivazione una pena che si discosta anch’essa dal minimo
edittale. Inoltre non ha considerato di concedere l’attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità.
Motivi della decisione
Il ricorso è infondato. L’art. 2, comma 1 bis, d.l. 12 settembre 1983, n.
463, convertito nella legge 11 novembre 1983, n. 638, prevede la pena della reclusione fino a tre anni e della multa fino a lire due milioni. 11 giudice a quo, a
fronte di ben dieci reati di omesso versamento (dal febbraio al novembre 2005)
ha fissato per tutti i detti reati la pena base di mesi 1 e giorni 15 di reclusione ed
E 150,00 di multa, comprensiva dei nove aumenti per la continuazione, poi ridotta per le attenuanti generiche a mesi uno di reclusione ed e 100,00 di multa.
Si tratta di una pena sensibilmente prossima al minimo edittale e che quindi non
necessitava di una particolare motivazione. Analogamente, la somma non versata ammontava ad un importo che non può senz’altro ed oggettivamente considerarsi di speciale tenuità mentre il danno per l’istituto comprende anche gli interessi maturati e le spese eventualmente sostenute per il recupero del credito
(Sez. III, 4.3.2010, n. 16483, Pagano, m. 246766; Sez. III, 15.11.2007, n.
47340, Arbuatti, m. 238616). Anche la mancata concessione della attenuante
del danno di speciale tenuità, pertanto, non necessitava di una particolare motivazione.
Il ricorso deve pertanto essere rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Per questi motivi
La Corte Suprema di Cassazione
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cassazione, 1’1 l
dicembre 2012.

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