Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 523 del 26/11/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 523 Anno 2016
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: CENTONZE ALESSANDRO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:
1) Guerrisi Giampiero, nato 1’11/11/1976;

Avverso l’ordinanza n. 3/2015 emessa il 23/07/2015 dalla Corte di assise di
appello di Milano;

Sentita la relazione svolta dal Consigliere dott. Alessandro Centonze;

Sentito il Procuratore generale, in persona del dott. Giuseppe Corasaniti, che
ha concluso per il rigetto del ricorso;

Data Udienza: 26/11/2015

,

RILEVATO IN FATTO

L Con ordinanza emessa il 15/07/2015 il Tribunale del riesame di Milano
rigettava la richiesta presentata da Giampiero Guerrisi, ai sensi dell’art. 310 cod.
proc. pen., finalizzata a ottenere l’annullamento dell’ordinanza emessa il
17/06/2015 dalla Corte di assise di appello di Milano, con cui veniva rigettata la
richiesta di scarcerazione dell’imputato per decorrenza dei termini di fase della
custodia cautelare.

sull’istanza presentata 1’11/06/2015, con cui l’imputato chiedeva pronunciarsi
declaratoria di cessazione dell’efficacia del titolo cautelare genetico, in
conseguenza dell’errore materiale della sentenza di primo grado emessa dal
G.U.P. del Tribunale di Milano il 28/01/2014, in cui il reato più grave su cui
operare l’aumento per la continuazione veniva indicato nel capo 12), per cui il
Guerrisi non era imputato, anziché nel capo 13). Da tale errore conseguiva la
nullità della sentenza di primo grado ex art. 546, comma 3, cod. proc. pen.,
atteso che la mancata indicazione della condanna per il capo 13) determinava la
condanna per il solo capo 11).
La Corte di assise di appello, rigettava l’istanza proposta rilevando che, a far
data dal deposito della motivazione, era iniziato a decorrere il nuovo termine di
fase di cui all’art. 303, comma 1, lett. c), n. 3, cod. proc. pen., la cui scadenza
doveva individuarsi nel 26/10/2015, non ancora decorsa.
A seguito del ricorso ex art. 310 cod. proc. pen., il tribunale del riesame,
con l’ordinanza impugnata, rigettava l’appello, rilevando che l’errore materiale
dedotto non rilevava nel caso di specie, atteso che nel dispositivo della sentenza
di primo grado la dichiarazione di responsabilità penale indicava esattamente i
capi 1), 11), 13) e 17) e solo nella quantificazione della pena inflitta veniva
erroneamente indicato il capo 12), quale reato più grave.
Si rilevava, inoltre, che l’imputato rispondeva di quattro capi di imputazione
– contrassegnati dai numeri 1), 11), 13) e 17) – tra i quali pacificamente non era
compreso il capo 12), la cui erronea indicazione non poteva comportare alcuna
nullità della sentenza, né determinare la cessazione dell’efficacia della misura
cautelare con riferimento ai due capi di imputazione, contrassegnati dai numeri
11) e 13).

2. Avverso tale ordinanza il Guerrisi, a mezzo del suo difensore, ricorreva
per cassazione, deducendo due motivi di ricorso.
Con il primo motivo di ricorso si deduceva violazione di legge, in relazione
all’art. 125, comma 3, cod. proc. pen., con riguardo al capo 13) della rubrica,
2

La Corte di assise di appello di Milano, in particolare, si era pronunciata

tenuto conto del combinato disposto degli artt. 130, 306, 303, comma 1 bis, cod.
proc. pen.
Si deduceva, in particolare, che, con specifico riferimento al capo 13), il
giudice di primo grado aveva determinato un erroneo calcolo interno della pena
per il reato continuato, non emendabile dal giudice della cautela, che non poteva
provvedervi sia pure ai soli fini cautelari. Né tantomeno era possibile provvedere
alla correzione nell’ipotesi – assimilabile a quella in esame – di omissione della
condanna nel dispositivo, con la conseguenza che non rilevava nel caso in esame
il riferimento al trattamento sanzionatorio dell’imputato richiamato nel

provvedimento impugnato, riguardando tale indicazione la motivazione della
sentenza e non il dispositivo.
Con il secondo motivo di ricorso si deduceva violazione di legge, in relazione
all’art. 125, comma 3, cod. proc. pen., con riguardo all’art. 300, comma 4, cod.
proc. pen., in relazione al capo 11) dell’imputazione, già contrassegnato dal
numero 14) del titolo cautelare.
Si deduceva, in tale ambito, che il termine cautelare di fase – esclusa la
possibilità di correggere l’erronea determinazione del capo 13) – riguardava il
solo capo 11) e doveva ritenersi interamente spirato, in conseguenza del
combinato disposto degli artt. 303, comma 1, lett. c) e 304, comma 4, cod. proc.
pen. Ne conseguiva che, dovendosi valutare esclusivamente il termine cautelare
di fase relativo al capo 11), questo doveva ritenersi interamente spirato alla data
del 29/05/2015.
Queste ragioni processuali imponevano l’annullamento dell’ordinanza
impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato.
Deve, innanzitutto, rilevarsi che il presupposto processuale posto a
fondamento del ricorso risulta venuto meno, in conseguenza del fatto che
l’errore materiale relativo al capo 13) della rubrica – conseguente alla sentenza
di primo grado emessa dal G.U.P. del Tribunale di Milano il 28/01/2014 – è stato
corretto dalla Corte di assise di appello con il dispositivo della sentenza
pronunciata il 29/06/2015. Ne consegue l’infondatezza dell’assunto difensivo,
secondo cui il G.U.P. del Tribunale di Milano, nel pronunciare il dispositivo della
sentenza di primo grado, indicava come reato più grave quello di cui al capo 12)
non contestato al Guerrisi; mentre, non emetteva sentenza di condanna per il
reato di cui al capo 13), attesa l’erronea indicazione nel dispositivo della
decisione di primo grado alla quale ci si è riferiti.
3

t

In altri termini, essendo intervenuta il 29/06/2015 la sentenza di appello,
emendata dell’errore relativo al capo 13) della rubrica, dalla quale decorre un
nuovo termine di fase, i termini di custodia cautelare non possono ritenersi
decorsi, né al momento della presentazione della richiesta di scarcerazione, né al
momento dell’emissione del provvedimento impugnato, rimanendo in tal modo
assorbita ogni ulteriore doglianza difensiva, a fronte della correzione dell’errore
materiale in questione.
In questa cornice processuale, deve rilevarsi che l’imputato, con la sentenza

quattordici, mesi due e giorni venti di reclusione, per i reati contestati, unificati
dal vincolo della continuazione, ritenuto più grave quello di cui al capo 13), con
indicazione del termine di novanta giorni per il deposito della motivazione della
sentenza, con contestuale sospensione dei termini di custodia cautelare, cui
faceva seguito un ulteriore periodo di sospensione, concesso ai sensi dell’art.
154, comma 4 bis, disp. att., cod. proc. pen.
Ne derivava che, decorso il termine di anni uno e mesi sei, che
corrispondeva al termine di fase di cui all’art. 303, comma 1, lett. c), n. 3, cod.
proc. pen., decorrente dal 28/01/2014, data della pronuncia della sentenza di
primo grado, doveva aggiungersi l’ulteriore periodo di giorni novanta, previsto
dal combinato disposto degli artt. 544, comma 3 e 304, comma 1, lett. c) bis,
cod. proc. pen.
Ne discende che, sulla scorta della ricostruzione correttamente effettuata dal
Tribunale del riesame di Milano, sulla quale ci si soffermava analiticamente e con
argomenti processuali ineccepibili nelle pagine 13 e 14 del provvedimento
impugnato, il termine cautelare di fase del procedimento in esame non risulta
decorso.

2. A prescindere da tali pur dirimenti questioni, il Tribunale del riesame di
Milano respingeva l’appello proposto nell’interesse del Guerrisi anche sulla scorta
di un altro argomento processuale, con specifico riferimento all’errore materiale
relativo al capo 13) della rubrica, parimenti meritevole di condivisione.
Nell’ordinanza impugnata, in particolare, a soste4 della correttezza della
decisione adottata con ordinanza 1’11/06/2015 dalla Corte di assise di appello di
Milano, si richiamava la giurisprudenza consolidata di questa Corte, secondo cui
deve ritenersi meramente apparente il contrasto tra la motivazione e il
dispositivo, laddove nella parte motiva – analogamente a quanto riscontrabile nel
caso in esame – è perfettamente ricostruibile l’univoca volontà del decidente,
chiarendosi le ragioni poste a fondamento della decisione adottata.

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di primo grado, emessa il 28/01/2014, veniva condannato alla pena di anni

Sul punto, si ritiene utile richiamaretla

~irq– la posizione ermeneutica

espressa da questa Corte, correttamente richiamata nel provvedimento in
esame, a tenore del quale: «In caso di contrasto tra dispositivo e motivazione
non contestuali, il carattere unitario della sentenza, in conformità al quale l’uno e
l’altra, quali sue parti, si integrano naturalmente a vicenda, non sempre
determina l’applicazione del principio generale della prevalenza del primo in
funzione della sua natura di immediata espressione della volontà decisoria del
giudice; invero, laddove nel dispositivo ricorra un errore materiale

apparente, con la conseguenza che è consentito fare riferimento a quest’ultima
per determinare l’effettiva portata del dispositivo, individuare l’errore che lo
affligge ed eliminarne gli effetti, giacché essa, permettendo di ricostruire
chiaramente ed inequivocabilmente la volontà del giudice, conserva la sua
funzione di spiegazione e chiarimento delle ragioni fondanti la decisione» (cfr.
Sez. F, n. 47576 del 09/09/2014, Savini, Rv. 261402).

3. Per queste ragioni, il ricorso proposto nell’interesse di Giampiero Guerrisi
deve essere rigettato, con la sua condanna al pagamento delle spese
processuali, cui consegue, a cura della cancelleria, la trasmissione di copia del
provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94, comma
1 ter, disp. att., cod. proc. pen.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al
direttore dell’istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94, comma 1 ter, disp. att.,
cod. proc. pen.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 26 novembre 2015.

obiettivamente riconoscibile, il contrasto con la motivazione è meramente

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