Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 523 del 07/01/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 523 Anno 2015
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: GALLO DOMENICO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da
Mormina Ignazio, nato a Scicli il 25/7/19)38
avverso la ordinanza 19/6/2014 del Tribunale per il riesame di Catania;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Domenico Gallo;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale,
Massimo Galli, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito per l’imputato, l’avv. Rinaldo Occhipinti, anche in sostituzione
dell’avv. Salvatore Citrella, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1.

Con ordinanza in data 19/6/2014, Il Tribunale di Catania, a seguito

di istanza di riesame avanzata nell’interesse di Mormina Ignazio, indagato
per i reati di associazione di stampo mafioso, truffa aggravata ed altro,
confermava l’ordinanza del Gip di Catania, emessa in data 6/6/2014, con la
quale era stata applicata al prevenuto la misura cautelare della custodia in
carcere.

1

Data Udienza: 07/01/2015

2.

Il Tribunale riteneva sussistente il quadro di gravità indiziaria sia per il

delitto di associazione che per quelli di violenza privata e truffa aggravata,
fondato su una serie di intercettazioni ambientali e telefoniche, sulle
dichiarazioni delle persone offese e sugli atti d’indagine della polizia
giudiziaria. Concludeva quindi osservando che Mormina Ignazio «si rivela
in definitiva, soggetto a piena disposizione del sodalizio, pronto ad eseguire
le direttive del padre Franco nella perpetuazione delle attività del gruppo, in
particolare nel periodo nel quale quest’ultimo, in quanto ristretto in carcere,

cautelari il Tribunale riteneva sussistente il pericolo di reiterazione dei reati
nel contesto mafioso di appartenenza.

3.

Avverso tale ordinanza propone ricorso l’indagato, con due separati

atti, a firma, rispettivamente dell’avv. Salvatore Citrella e dell’avv. Rinaldo
Occhipinti.
4.

Con il ricorso a firma dell’avv. Citrella, la difesa solleva due motivi di

gravame con il quali deduce mancanza e manifesta illogicità della
motivazione, sia per quanto riguarda la fondatezza del quadro indiziario, sia
per quanto riguarda la fondatezza delle esigenze cautelari riconosciute dal
Tribunale.
5.

Anche il ricorso a firma dell’avv. Occhipinti solleva due motivi di

gravame, deducendo, in particolare, vizio della motivazione e violazione di
legge in relazione all’art. 416 bis cod. pen. Al riguardo eccepisce che nella
fattispecie non sussistono gli estremi della condotta di partecipazione ad
associazione per delinquere di stampo mafioso, in quanto non risulta
delineata la consistenza di tale sodalizio, la struttura organizzativa e l’utilizzo
in concreto di un metodo mafioso per realizzare singoli reati scopo. Con il
secondo motivo, il ricorso contesta la sussistenza delle esigenze cautelari.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.

I due distinti atti attraverso i quali l’indagato ha impugnato

l’ordinanza del Tribunale del riesame sviluppano motivi analoghi e, pertanto,
possono essere trattati unitariamente. Il ricorso nel suo complesso è
infondato.

2

è forzatamente privato di autonomia operativa>>. Quanto alle esigenze

2.

È anzitutto necessario chiarire i limiti di sindacabilità da parte di

questa Corte dei provvedimenti adottati dal giudice del riesame dei
provvedimenti sulla libertà personale.
Secondo l’orientamento di questa Corte, che il Collegio condivide,
“l’ordinamento non conferisce alla Corte di Cassazione alcun potere di
revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi
compreso lo spessore degli indizi, ne’ alcun potere di riconsiderazione delle

esigenze cautelari e delle misure ritenute adeguate, trattandosi di
apprezzamenti rientranti nel compito esclusivo e insindacabile del giudice
cui è stata chiesta l’applicazione della misura cautelare, nonché del
tribunale del riesame. Il controllo di legittimità sui punti devoluti è, perciò,
circoscritto all’esclusivo esame dell’atto impugnato al fine di verificare che il
testo di esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e
l’altro negativo, la cui presenza rende l’atto incensurabile in sede di
legittimità:
1) – l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno
determinato;
2) – l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni
rispetto al fine giustificativo del provvedimento”. (Cass. Sez. 6A sent. n.
2146 del 25.05.1995 dep. 16.06.1995 rv 201840).
Inoltre “Il controllo di legittimità sulla motivazione delle ordinanze di
riesame dei provvedimenti restrittivi della libertà personale è diretto a
verificare, da un lato, la congruenza e la coordinazione logica dell’apparato
argomentativo che collega gli indizi di colpevolezza al giudizio di probabile
colpevolezza dell’indagato e, dall’altro, la valenza sintomatica degli indizi.
Tale controllo, stabilito a garanzia del provvedimento, non involge il giudizio
ricostruttivo del fatto e gli apprezzamenti del giudice di merito circa
l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e la concludenza dei risultati del
materiale probatorio, quando la motivazione sia adeguata, coerente ed
esente da errori logici e giuridici. In particolare, il vizio di mancanza della
motivazione dell’ordinanza del riesame in ordine alla sussistenza dei gravi
indizi di colpevolezza non può essere sindacato dalla Corte di legittimità,
quando non risulti “prima facie” dal testo del provvedimento impugnato,
restando ad essa estranea la verifica della sufficienza e della razionalità
della motivazione sulle questioni di fatto”. (Cass. Sez. 1A sent. n. 1700 del

3

caratteristiche soggettive dell’indagato, ivi compreso l’apprezzamento delle

20.03.1998 dep. 04.05.1998 rv 210566).
3.

Tanto premesso, per quanto riguarda il primo motivo, in punto di

gravità del quadro indiziario per il reato di cui all’art. 416 bis cod. pen.,
l’ordinanza impugnata resiste alle critiche del ricorrente in quanto dalla
motivazione emerge la sussistenza degli estremi della condotta punibile, sia
quanto all’accertamento del sodalizio mafioso facente capo a Mormina
Franco, (padre del ricorrente), diretto ad acquisire il controllo di talune
attività economiche nell’area di riferimento, sia per quanto riguarda il ruolo

disposizioni del padre relative alle attività criminose in corso. Del resto
secondo l’insegnamento di questa Corte non può dubitarsi che integra la
condotta di partecipazione ad una associazione di tipo mafioso colui che
volontariamente ponga in essere attività funzionali agli scopi del sodalizio
ed apprezzabili come concreto e causale contributo all’esistenza e al
rafforzamento dello stesso, a prescindere dai motivi che lo hanno
determinato ad agire in tal modo (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 17206 del
04/03/2010 Cc. (dep. 06/05/2010 ) Rv. 247050). Le osservazioni del
ricorrente non scalfiscono l’impostazione della motivazione e non fanno
emergere profili di manifesta illogicità della stessa.

4.

Ugualmente infondate risultano le censure in punto di sussistenza

delle esigenze cautelari, non avendo il ricorrente delineato elementi utili a
superare la presunzione legale di cui all’art. 272, 3° comma, cod. proc. pen.
5.

Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che

rigetta il ricorso, la parte che lo ha proposto deve essere condannata al
pagamento delle spese del procedimento.
6.

Inoltre, poiché dalla presente decisione non consegue la rimessione

in libertà del ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’articolo 94, comma 1
ter, delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale – che
copia della stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui
l’indagato trovasi ristretto perché provveda a quanto stabilito dal comma 1
bis del citato articolo 94.

P.Q.M.

4

svolto da Mormina Ignazio, quale soggetto pronto ad eseguire le

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 Disp Att. Cod.
proc. pen.
Così deciso, il 7 gennaio 2015

Il Presidente

Il Consigliere estensore

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