Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 522 del 26/11/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 522 Anno 2016
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: CENTONZE ALESSANDRO

SENTENZA

Sul ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di
Roma nel procedimento nei confronti di:
1) Vigno Giuseppe, nato il 02/09/1963;

Avverso l’ordinanza n. 2089/2015 emessa il 22/07/2015 dal Tribunale del
riesame di Roma;

Sentita la relazione svolta dal Consigliere dott. Alessandro Centonze;

Sentito il Procuratore generale, in persona del dott. Giuseppe Corasaniti, che
ha concluso per l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata;

Udito per l’imputato l’avv. Vincenzo Davoli;

Data Udienza: 26/11/2015

RILEVATO IN FATTO

1. Con ordinanza emessa il 22/07/2015 il Tribunale del riesame di Roma, in
accoglimento parziale della richiesta presentata da Giuseppe Vigno, ai sensi
dell’art. 309 cod. proc. pen., annullava l’ordinanza cautelare emessa nei suoi
confronti dal G.I.P. del Tribunale di Roma il 02/07/2015, limitatamente ai reati di
tentato omicidio in danno di Cristiano Raschi e di detenzione e porto di arma da
fuoco, contestati ai capi A) e B) della rubrica; l’ordinanza cautelare genetica,

del peso complessivo di 31-31,5 grammi, consegnate a Cristiano Raschi per
l’importo di 3.000,00 euro, contestata al capo C); i fatti in contestazione si
verificavano a Roma il 28/05/2015.
Limitatamente alle ipotesi di cui ai capi A) e B) della rubrica, su cui si
controverte in questa sede processuale in conseguenza del ricorso proposto dal
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma, occorre osservare che,
secondo il tribunale del riesame, il Raschi e il Vigno intrattenevano rapporti di
frequentazione abituale collegati all’attività di spaccio di cocaina svolto dal
secondo dai due – nel quartiere romano di San Basilio – dal quale la vittima, in
compagnia di un amico, Fabio Parente, si era recato la notte del 28/05/2015,
dopo che la persona offesa aveva contattato ripetutamente al suo telefono
cellulare l’indagato.
Dopo tali contatti telefonici, intorno alle ore 4.30 del 28/05/2015, il Raschi e
il Parente giungevano presso l’abitazione del Vigno, ubicata a Roma in via
Montegiorgio, a bordo dell’autovettura del Parente; il Vigno, quindi, giunti sul
posto, diceva al Parente di aspettarlo a bordo della sua autovettura e saliva
presso l’abitazione del Vigno.
Trascorsi ulteriori trenta minuti, un giovane si avvicinava al Parente,
dicendogli di andare a raccogliere il Raschi che si trovava ferito a terra; il
Parente, quindi, si avvicinava all’amico e appurava che era stato colpito da tre
colpi di pistola, uno dei quali gli aveva perforato l’intestino; infine, dopo averlo
aiutato a salire a bordo della sua autovettura, il Parente accompagnava il Raschi
in ospedale, dove la vittima veniva prontamente soccorsa.
In questa cornice indiziaria, si riteneva incontroverso che il Raschi si era
recato presso l’abitazione del Vigno allo scopo di ottenere la consegna di una
partita di cocaina, così come contestatogli al capo C); circostanza, questa, che
era possibile ritenere pacifica anche sulla scorta delle dichiarazioni rese
nell’immediatezza dei fatti dal teste Fabio Parente, che risultavano riscontrate
dagli esiti dell’intercettazione ambientale n. 454 del 30/05/2015, che veniva
richiamata dal provvedimento impugnato a pagina 2.
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invece, veniva confermata relativamente alla cessione di due partite di cocaina,

Viceversa, sulla scorta degli elementi acquisiti nel corso delle indagini
preliminari, il Tribunale del riesame di Roma non riteneva che il compendio
indiziario raccolto consentisse di affermare che il Vigno fosse l’autore del tentato
omicidio del Raschi, così come contestatogli ai capi A) e B) della rubrica.
Nell’ordinanza impugnata, innanzitutto, si evidenziava che il Parente non
aveva udito, dalla sua postazione in automobile, i colpi di arma da fuoco che
avevano attinto il Raschi che, come detto, dopo essere sceso dal veicolo
dell’amico, si era allontanato a piedi per raggiungere il Vigno allo scopo di

Si evidenziava, inoltre, che le intercettazioni ambientali effettuate durante
il ricovero ospedaliero della persona offesa dal reato, attive a partire dal
29/05/2015, non consentivano di trarre elementi indiziari utili nella direzione
prefigurata dal pubblico ministero, desumendosi dalle stesse, così come
richiamate a pagina 2 dell’ordinanza impugnata, che il Raschi non aveva
riconosciuto il suo attentatore nel Vigno.
Si evidenziava, infine, che nemmeno le intercettazioni effettuate durante
la carcerazione del Raschi consentivano di trarre elementi indiziari utili nella
direzione indiziaria prefigurata dal pubblico ministero, atteso che, in nessuna di
tali captazioni ambientali, compiutamente richiamate nelle pagine 3 e 4 del
provvedimento in esame, l’indagato si accusava di avere attentato alla vita del
Raschi.
Queste ragioni processuali imponevano la conferma dell’ordinanza
cautelare genetica limitatamente al capo C) della rubrica e l’annullamento per i
capi A) e B).

2. Avverso tale ordinanza la Procura della Repubblica presso il Tribunale di
Roma ricorreva per cassazione, deducendone l’incongruità motivazionale sotto il
profilo della ritenuta insussistenza di elementi indiziari idonei a consentire di
individuare il Vigno quale autore dell’omicidio in danno del Raschi, nei termini
descritti ai capi A) e B) della rubrica, che erano stati valutati dal Tribunale del
riesame di Roma con un percorso motivazionale contraddittorio e
manifestamente illogico.
Si deduceva, innanzitutto, che l’ordinanza impugnata si mostrava
contraddittoria nel valutare la pregnanza indiziaria delle dichiarazioni del Raschi,
alla luce delle risultanze delle intercettazioni, telefoniche e ambientali, attivate
nel corso delle indagini preliminari, atteso che le riteneva inidonee a individuare
il Vigno quale autore del tentato omicidio in esame, a fronte del giudizio di
reticenza espresso in relazione al narrato dichiarativo della persona offesa dal
reato. Sotto questo profilo valutativo, a pagina 3 del ricorso in esame, si
3

acquistare lo stupefacente.

,

richiamavano le intercettazioni nn. 772, 822, 876, 1059, 2025 e 2026, il cui
contenuto consentiva di vagliare l’atteggiamento di reticenza del Raschi in una
direzione sfavorevole all’indagato e conforme alla ricostruzione dei fatti delittuosi
prefigurata dal pubblico ministero.
Nello stesso contesto, inoltre, si richiamavano le conversazioni ambientali
attivate presso la struttura ospedaliera dove il Raschi era stato ricoverato dopo il
suo ferimento, nelle quali la persona offesa dal reato indicava il Vigno, alla
propria madre e ad altri soggetti che andavano a visitarlo, quale autore

ricorso in esame, si richiamavano le intercettazioni nn. 94, 156, 160, 214, 454,
467, 468, 530, 538, 7856, 760, 761, 789, 790, 866, 793, 1587, 1588, 1602,
1608, 1609, 1610.
La parte ricorrente, infine, contestava che le intercettazioni ambientali
effettuate durante la carcerazione cautelare del Vigno non consentissero di trarre
elementi indiziari utili all’individuazione dell’indagato quale autore dell’attentato
in danno del Raschi, richiamandosi in proposito, nelle pagine 4 e 5 del ricorso, i
colloqui intercettati nelle date del 09/07/2015, del 13/07/2015 e del
13/07/2015.
Queste ragioni processuali imponevano l’annullamento dell’ordinanza
impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile, risultando incentrato su motivi manifestamente
infondati.
In via preliminare, deve rilevarsi che le Sezioni unite hanno già avuto modo
di chiarire che, in tema di misure cautelari personali, allorché «sia denunciato,
con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal
tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza,
alla Corte Suprema spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare
natura del giudizio di legittimità ed ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice
di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad
affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la
congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti
rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano
l’apprezzamento delle risultanze probatorie» (cfr. Sez. U, n. 11 del 22/03/2000,
Audino, Rv. 215828).
Infatti, il mezzo di gravame, come mezzo di impugnazione, ancorché atipico,
ha la funzione di sottoporre a controllo la validità dell’ordinanza cautelare con
4

dell’attentato patito la notte del 28/05/2015. In questo ambito, a pagina 4 del

riguardo ai requisiti formali enumerati nell’art. 292 cod. proc. pen. e ai
presupposti ai quali è subordinata la legittimità del provvedimento coercitivo. Ne
consegue che la motivazione della decisione del tribunale del riesame, dal punto
di vista strutturale, deve essere conformata al modello delineato dalla stessa
disposizione, a sua volta ispirata al modello processuale dell’art. 546 cod. proc.
pen., con gli adattamenti necessitati dal particolare contenuto della pronuncia
cautelare, non fondata su prove ma su indizi e tendente all’accertamento di una
qualificata probabilità di colpevolezza, così come affermato dalle Sezioni unite in

Rv. 198212).
Questo orientamento ermeneutico, dal quale questo Collegio non intende
discostarsi in questa sede processuale, ha trovato ulteriore conforto in pronunzie
di questa Corte più recenti (cfr. Sez. 4, sent. n. 26992 del 29/05/2013, Tiana,
Rv. 255460).
Tali ragioni processuali impongono di ritenere inammissibili le doglianze
difensive.

2. Nella cornice ermeneutica che si è richiamata nel paragrafo precedente,
deve rilevarsi che risulta destituito di fondamento l’assunto processuale
sostenuto dalla parte ricorrente, secondo cui il Tribunale del riesame di Roma
riteneva indimostrato il coinvolgimento del Vigno nell’attentato armato posto in
essere in danno del Raschi il 28/05/2015, a fronte dell’univocità delle emergenze
indiziarie, costituite dalle captazioni, telefoniche e ambientali, eseguite nel corso
delle indagini preliminari, sulle quali nel provvedimento impugnato ci si
soffermava analiticamente nelle pagine 3 e 5.
Deve, invero, rilevarsi che il giudizio di insufficienza indiziaria sulle ipotesi
delittuose contestate ai capi A) e B) rubrica si fondava su una valutazione
analitica del compendio probatorio, che veniva articolata attraverso una disamina
del contenuto testuale delle captazioni eseguite nell’immediatezza dei fatti
delittuosi in contestazione. Tali attività di intercettazione eminentemente
riguardavano le captazioni ambientali eseguite all’interno della struttura
ospedaliera romana dove il Raschi veniva ricoverato dopo il suo ferimento e le
captazioni ambientali eseguite all’interno della struttura carceraria dove il Vigno
veniva incarcerato nella prima fase delle indagini preliminari, conseguenti
all’agguato in esame.
Su ciascuno di questi segmenti probatori, l’ordinanza impugnata si
soffermava analiticamente, mediante richiamo dei passaggi testuali salienti delle
conversazioni intercettate, con un percorso motivazionale sorretto da
argomentazioni congrue e logicamente coerenti.
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un risalente intervento chiarificatore (cfr. Sez. U, n. 11 dell’08/07/1994, Buffa,

Quanto, in particolare, alle intercettazioni ambientali effettuate durante il
ricovero ospedaliero delle persona offesa dal reato, che erano state attivate dalla
polizia giudiziaria a partire dal 29/05/2015, nel provvedimento impugnato, si
evidenziava che tali captazioni non consentivano di trarre elementi indiziari utili a
individuare il coinvolgimento personale, diretto o indiretto, dell’indagato
nell’attentato in danno del Raschi. A pagina 3 del provvedimento in esame, in
particolare, si richiamavano, mediante pertinenti richiami testuali dei passaggi
fondamentali di tali colloqui, le intercettazioni nn. 454, 160, 468, 562, 756, 558,

temporale compreso tra il 29/05/2015 e il 03/06/2015 – dalle quali emergeva
che la persona offesa dal reato non aveva identificato l’indagato quale suo
attentatore.
Sulla scorta di tale ricostruzione processuale, che non è sindacabile in sede
di legittimità, limitatamente a tale segmento probatorio, il Tribunale del riesame
di Roma riteneva che la persona offesa non avesse riconosciuto nel Vigno il suo
attentatore e comunque che il contenuto ambiguo delle intercettazioni sopra
richiamate non consentisse di esprimere un giudizio di elevata probabilità del
riconoscimento dell’indagato da parte della vittima. Sotto questo profilo, si
ritiene utile richiamare il passaggio motivazionale contenuto a pagina 3
dell’ordinanza impugnata, in cui il tribunale del riesame affermava: «Le
ambientali in ospedale, attive a partire dal 29.5.2015, non sono, allo stato,
idonee a fondare l’accusa, evincendosi da esse come il Raschi non abbia in realtà
riconosciuto l’attentatore nel suo fornitore Vigno».
Considerazioni processuali analoghe devono essere espresse con riferimento
al contenuto delle intercettazioni ambientali effettuate durante la carcerazione
cautelare subita dal Vigno nella prima fase delle indagini preliminari,
conseguente al ferimento del Raschi. Nemmeno tali captazioni, infatti,
consentivano di trarre elementi indiziari utili a ipotizzare che il Vigno potesse
essere ritenuto l’attentatore, atteso che, in nessuna di tali captazioni, l’indagato,
conversando con i suoi visitatori occasionali, si accusava di essere l’autore
dell’agguato in danno del Raschi o di esserne in qualche modo coinvolto nella sua
organizzazione.
Nelle pagine 3 e 5 dell’ordinanza impugnata, in particolare, si richiamavano,
mediante appropriati richiami testuali dei passaggi salienti di tali colloqui, le
intercettazioni ambientali eseguite nelle date del 13/07/2015 e del 16/07/2015,
dalle quali emergeva – sotto un profilo indiziario sostanzialmente speculare
rispetto a quello esaminato in relazione alle captazioni eseguite durante il
ricovero ospedaliero del Raschi – che l’indagato non si era mai accusato di essere
coinvolto, a qualsiasi titolo, nell’agguato in esame. Sul punto, si ritiene
6

789, 562, 793, 789, 1372, 1092, 1609, 1588 – che venivano captate nell’arco

richiamare il passaggio motivazionale contenuto a pagina 3 del provvedimento in
esame, nel quale si affermava: «Le ambientali in carcere non offrono elementi a
sostegno della riconducibilità dell’episodio in esame al Vigno, in quanto in esse
egli nega la paternità dell’attentato […]».
Né era possibile attribuire rilevanza al dato topografico della località dove
l’agguato era stato eseguito, che avveniva sotto l’abitazione del Vigna, atteso
che tale dato in assenza di ulteriori elementi indiziari – allo stato non ravvisabili
nel contenuto delle captazioni ambientali che si sono richiamate – non

dell’indagato nel tentato omicidio ai danni del Raschi, così come contestato ai
capi A) e B) della rubrica.
Ne discende che il presupposto processuale sulla base del quale la parte
ricorrente fonda il suo ricorso, limitatamente ai capi A) e B) della rubrica, risulta
smentito dalle emergenze indiziarie che si sono richiamate, dovendosi
evidenziare che, per ciascuna di tali conversazioni, analiticamente esaminate, nel
provvedimento impugnato, si forniva una spiegazione logicamente coerente e
immune da censure.
A tutto questo occorre aggiungere che non é comunque possibile una
reinterpretazione del contenuto delle conversazioni vagliate in relazione alle
ipotesi delittuose contestate al Vigna ai capi A) e B), sulla scorta di quanto
richiesto dalla parte ricorrente, essendo una tale operazione preclusa a questa
Corte, in presenza di una motivazione lineare e logicamente coerente, alla
stregua dell’orientamento giurisprudenziale consolidato secondo cui: «In materia
di intercettazioni telefoniche, costituisce questione di fatto, rimessa all’esclusiva
competenza del giudice di merito, l’interpretazione e la valutazione del contenuto
delle conversazioni, il cui apprezzamento non può essere sindacato in sede di
legittimità se non nei limiti della manifesta illogicità ed irragionevolezza della
motivazione con cui esse sono recepite» (cfr. Sez. 2, n. 35181 del 22/05/2013,
Vecchio, Rv. 257784).
Queste ragioni processuali impongono di ritenere inammissibili le doglianze
difensive.

3. Per queste ragioni, il ricorso proposto dalla Procura della Repubblica
presso il Tribunale di Roma deve essere dichiarato inammissibile.
Consegue a tali statuizioni la trasmissione, a cura della cancelleria, copia del
provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94, comma
1 ter, disp. att., cod. proc. pen.

P.Q.M.
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consentiva di esprimere un giudizio di elevata probabilità del coinvolgimento

Dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 26 novembre 2015.

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