Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 519 del 26/11/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 519 Anno 2016
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: CENTONZE ALESSANDRO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:
1) Vlashos Dimitrios, nato il 18/03/1966;

Avverso l’ordinanza n. 105/2014 emessa il 19/12/2014 dal G.U.P. del
Tribunale di Udine;

Sentita la relazione svolta dal Consigliere dott. Alessandro Centonze;

Lette le conclusioni del Procuratore generale, in persona del dott. Gabriele
Mazzotta, che ha concluso per l’annullamento con rinvio dell’ordinanza
impugnata;

Data Udienza: 26/11/2015

RILEVATO IN FATTO

1. Con ordinanza emessa il 19/12/2014 il G.U.P. del Tribunale di Udine,
quale giudice dell’esecuzione, in accoglimento dell’istanza proposta da Dimitrios
Vlashos, rideterminava la pena che era stata irrogata all’esecutato dallo stesso
organo giurisdizionale con la sentenza emessa il 19/10/2011, modificata dalla
Corte di appello di Trieste e divenuta irrevocabile il 16/04/2013. Tale
rideterminazione della pena irrogata al Vlashos in sede esecutiva conseguiva alla

stata dichiarata l’incostituzionalità degli artt. 4 bis e 4 vides del di. 30 dicembre
2005, n. 272
Per effetto di tale rideterminazione, conseguente alla riformulazione
dell’art. 73 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, imposta dalla sentenza della Corte
costituzionale n. 32 del 2014, il trattamento sanzionatorio che era stato
originariamente irrogato al Vlashos in anni sei, mesi quattro di reclusione e
40.000,00 euro di multa, veniva rideterminato in anni sei e 40.000,00 euro di
multa, ritenuta la continuazione tra i due episodi criminosi di cui uno relativo alla
detenzione di nandrolone – individuata quale sostanza stupefacente inclusa nella
tabella I allegata al d.P.R. n. 309 del 1990 – e l’altra relativa alla detenzione di
marijuana, individuato quale reato più grave.

2. Avverso tale ordinanza, il condannato ricorreva per cassazione, a mezzo
del suo difensore, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione, in
relazione alla rideterminazione della pena richiamata, tenuto conto dei parametri
ermeneutici affermati dalla sentenza della Corte costituzionale n. 32 del 2014, i
cui presupposti applicativi erano stati valutati dal G.U.P. del Tribunale di Udine,
con un percorso motivazionale contraddittorio, manifestamente illogico e
travisante.
Si deduceva, in particolare, che, in conseguenza della sentenza della Corte
costituzionale n. 32 del 2014, i fatti di reato concernenti la detenzione di
sostanze stupefacenti introdotte per la prima volta nelle tabelle seguite alla legge
21 febbraio 2006, n. 49 commessi prima dell’entrata in vigore del d.l. 21 marzo
2014, n. 36 – tra i quali occorreva ricomprendere il possesso del nandrolone
contestato al Vlashos – non hanno rilevanza penale, con la conseguenza che il
trattamento sanzionatorio irrogato al ricorrente andava sottoposto a una
rivisitazione, che tenesse conto dell’irrilevanza penale di uno dei due episodi
detentivi contestati.
Per queste ragioni, l’ordinanza emessa dalla Corte di appello di Bologna
doveva essere annullata.
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sentenza della Corte costituzionale 11 febbraio 2014, n. 32, con la quale era

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato nei termini di cui appresso.
In via preliminare, deve rilevarsi che l’istanza proposta nell’interesse di
Dimitrios Vlashos pone il problema della disciplina applicabile nelle ipotesi in cui
si procede per il reato di cui all’art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990, dopo la
sentenza della Corte costituzionale n. 32 del 2014, con cui veniva dichiarata
l’incostituzionalità degli artt. 4 bis e 4 vicies del d.l. n. 272 del 2005, in quanto

proporzionalità della pena.
Com’è noto, questa pronunzia della Corte costituzionale aveva eliminato con
efficacia ex tunc la disciplina che aveva introdotto un trattamento più severo per
lo spaccio delle cosiddette droghe leggere, ripristinando il più mite trattamento
sanzionatorio previgente.
Sulle conseguenze applicative di questa pronunzia si determinava un
contrasto giurisprudenziale in seno a questa Corte che imponeva l’intervento
risolutivo delle Sezioni unite (cfr. Sez. U, n. 42858 del 29/05/2014, Gatto, Rv.
260700).
La questione che era stata demandata alle Sezioni unite, originariamente,
scaturiva dall’interpretazione della sentenza della Corte costituzionale 5
novembre 2012, n. 251, con cui era stata dichiarata l’illegittimità costituzionale
dell’art. 69 cod. pen., nella parte in cui prevedeva il divieto di prevalenza
dell’attenuante di cui al comma 5 dell’art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990.
Tuttavia, in tale ambito, compulsate sulle conseguenze derivanti dal suddetto
intervento della Corte costituzionale in sede esecutiva, le Sezioni unite si
pronunciavano anche sulle conseguenze della sentenza n. 32 del 2014, nel
frattempo sopravvenuta, affermando i principi di diritto, qui di seguito,
sinteticamente richiamati
Le Sezioni unite, innanzitutto, sulle conseguenze sistematiche prodotte dalla
sentenza della Corte costituzionale n. 32 del 2014, affermavano che, in questo
caso, l’esecuzione della pena deve ritenersi illegittima sia sotto il profilo
oggettivo, in quanto derivante dall’applicazione di una norma di diritto penale
sostanziale dichiarata incostituzionale dopo il passaggio in giudicato della
sentenza, sia sotto il profilo soggettivo, in quanto, almeno per una parte, non
può essere positivamente finalizzata alla rieducazione del condannato imposta
dall’art. 27, comma 3, Cost. Infatti, l’illegittimità della pena irrogata costituisce
un ostacolo al perseguimento di tali obiettivi rieducativi, perché viene avvertita
come ingiusta da chi la sta subendo, per essere stata non già determinata dal
giudice nell’esercizio dei suoi legittimi poteri giurisdizionali, ma imposta da un
3

ritenuti in contrasto con i principi di ragionevolezza, uguaglianza e

legislatore che ha violato la costituzione (cfr. Sez. U, n. 42858 del 29/05/2014,
Gatto, cit.).
Sulla scorta di questa ricostruzione sistematica, che si è succintamente
richiamata in questo paragrafo, le Sezioni unite affermavano il seguente principio
di diritto: «Successivamente a una sentenza irrevocabile di condanna, la
dichiarazione d’illegittimità costituzionale di una norma penale diversa dalla
norma incriminatrice, idonea a mitigare il trattamento sanzionatorio, comporta la
rideterminazione della pena, che non sia stata interamente espiata, da parte del

A questo primo intervento ne seguiva un secondo nel quale le Sezione
unite erano chiamate a chiarire se, a seguito della sentenza della Corte
costituzionale n. 34 del 2014, dovessero considerarsi penalmente rilevanti le
condotte, poste in essere nell’arco temporale compreso tra l’entrata in vigore
della legge n. 49 del 2006 e l’entrata in vigore del decreto legge n. 36 del 2014,
riguardanti sostanze stupefacenti incluse nelle tabelle allegate al testo unico solo
successivamente all’entrata in vigore del d.P.R. n. 309 del 1990, nel testo
novellato dalla legge n. 49 del 2006. Si trattava di una questione interpretativa
sovrapponibile a quella in esame, atteso che, nel nostro caso, uno dei due
episodi illeciti contestati al Vlashos riguardava la detenzione di nandrolone, che è
una sostanza stupefacente compresa nella tabella I allegata al d.P.R. n. 309 del
1990.
Tale intervento chiarificatore, in particolare, conseguiva all’ordinanza
depositata 1’01/12/2014, con cui la Quarta sezione penale di questa Corte
poneva la questione di diritto riguardante la perdurante rilevanza penale delle
condotte riguardanti stupefacenti commesse in epoca antecedente all’entrata in
vigore della legge n. 79 del 2014, aventi a oggetto sostanze psicotrope – come
per l’appunto il nandrolone – inserite per la prima volta nelle tabelle introdotte
nel vigore della legge n. 49 del 2006, che dovevano ritenersi caducate per
effetto della pronuncia della Corte cost. n. 32 del 2014.
In sede di remissione, si rammentava ulteriormente che le quattro tabelle
vigenti prima della legge del 2006 e tornate in vigore dopo la sentenza della
Corte costituzionale n. 32 del 2014 facevano riferimento sia alle sostanze
considerate fin dall’entrata in vigore del testo unico, sia a quelle che vi erano
state progressivamente incluse attraverso i procedimenti di revisione e di
aggiornamento adottati fino al 27/02/2006, che è la data di entrata in vigore
della legge n. 49 del 2006. Dal susseguirsi di tali interventi normativi, secondo
l’ordinanza di rimessione, scaturivano delicate implicazioni in ordine alla
rilevanza penale delle condotte inerenti stupefacenti, poste in essere prima
4

giudice dell’esecuzione» (cfr. Sez. un., n. 42858 del 29/05/2014, Gatto, cit.).

dell’entrata in vigore del d.l. n. 36 del 2014, aventi per oggetto sostanze
classificate a decorrere dall’entrata in vigore della disciplina del 2006.
Invero, le tabelle in questione non contenevano – né avrebbero potuto
contenere – alcun riferimento alle varie tipologie di stupefacenti che, dopo
l’entrata in vigore della disciplina normativa del 2006, erano state inserite nella
tabella I in forza dei provvedimenti di aggiornamento adottati fino al
05/03/2014, data di pubblicazione della sentenza della Corte costituzionale. Da
tutto questo discendeva la necessità di valutare l’inclusione nel regime

classificate dopo il 27/02/2006, coinvolte dalla caducazione operata dalla
sentenza della Corte costituzionale.
A questo problema interpretativo le Sezioni unite fornivano una risposta
negativa, affermando il seguente principio di diritto: «La caducazione, per effetto
di dichiarazione di incostituzionalità, della legge che fissa le direttive di carattere
generale alle quali devono attenersi i decreti ministeriali di inserimento delle
singole sostanze stupefacenti nel catalogo legale comporta la conseguente
caducazione di tali atti amministrativi, integrativi del precetto di cui all’art. 73
d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, se adottati successivamente all’entrata in vigore
della legge incostituzionale e sulla base di essa» (cfr. Sez. U, n. 29136 del
26/02/2015, De Costanzo, Rv. 264264).
Sulla scorta dell’arresto ermeneutico che si è richiamato, occorre pervenire
alla conclusione che il decreto ministeriale dell’11/06/2010, che ha collocato il
nandrolone nelle Tabelle I e II, lettera A, allegate alla novella legislativa del
2006, è stato travolto dalla caducazione della legge di cui costituiva espressione,
conseguente alla sentenza della Corte costituzionale n. 32 del 2014, con
l’ulteriore conseguenza che le fattispecie di reato afferenti a tale sostanza
stupefacente devono ritenersi venute meno.
Queste conclusioni discendono dall’arresto giurisprudenziale in esame, nella
cui cornice ermeneutica, con specifico riferimento alla detenzione del nandrolone,
le Sezioni unite affermavano l’ulteriore principio di diritto, secondo il quale: «A
seguito della dichiarazione d’incostituzionalità degli artt. 4 bis e 4 vicies del D.L.
30 dicembre 2005, n. 272, convertito con modificazioni dalla legge 21 febbraio
2006, n. 49, pronunciata con sentenza della Corte costituzionale n. 32 del 2014,
deve escludersi la rilevanza penale delle condotte che, poste in essere a partire
dall’entrata in vigore di detta legge e fino all’entrata in vigore del D.L. 20 marzo
2014, n. 36, abbiano avuto ad oggetto sostanze stupefacenti incluse nelle tabelle
solo successivamente all’entrata in vigore del d.P.R. n. 309 del 1990, nel testo
novellato dalla citata legge n. 49 del 2006» (cfr. Sez. U, n. 29136 del
26/02/2015, De Costanzo, Rv. 264265).
5

sanzionatorio di numerose sostanze, tra le quali il nandrolone, tabellarmente

3.

Per queste ragioni processuali, l’ordinanza impugnata deve essere

annullata con rinvio per nuovo esame al G.U.P. del Tribunale di Udine, affinché si
conformi ai principi che si sono esplicitati, certamente refluenti sulla detenzione
del nandrolone contestata al Vlashos, costituente uno dei due episodi criminosi
unificati in sede esecutiva.

P.Q.M.

di Udine.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 26 novembre 2015.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al G.U.P. del Tribunale

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