Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5186 del 02/10/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 5 Num. 5186 Anno 2014
Presidente: OLDI PAOLO
Relatore: LAPALORCIA GRAZIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GIAMUNDO GASTONE ANDREA N. IL 03/04/1953
avverso la sentenza n. 9668/2009 CORTE APPELLO di ROMA, del
09/02/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 02/10/2013 la relazione fatta dal
Consig liere Dott. GRAZIA LAPALORCIA
Udito il Procuratore Generale in p ersona del Dott. Cr I Z
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv, L
Uditi difensor Avv.

k.

TI-

.

;

L

2)1 ;

Data Udienza: 02/10/2013

RITENUTO IN FATI-0

1. Con sentenza del 9-2-2012 la Corte d’Appello di Roma, confermando sul capo a) e parte
del capo b) quella in data 16-6-2009 del Gip del tribunale della stessa città (che sotto
altro profilo era riformata, con assoluzione dell’imputato dalla bancarotta documentale
sub b e conseguente rideterminazione della pena), riconosceva la responsabilità di
Gastone Andrea GIAMUNDO, quale legale rappresentante e socio unico della CIE

di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale (quest’ultima per tenuta delle
scritture contabili in modo da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del
movimento degli affari), e, quale amministratore di fatto e poi legale rappresentante
nonchè socio unico della Servizi Aziendali Serenissima srl, dichiarata fallita il 14-122006, di bancarotta fraudolenta patrimoniale (capo b).
2. Sotto il profilo della bancarotta patrimoniale CIE si addebitano al Giamundo operazioni
poste in essere nel 1997, prelievi effettuati dal 2002 al 2004, affitto alla società
Hypercom dell’azienda CIE, prelievi da conto corrente successivi alla dichiarazione di
fallimento.
3.

Le operazioni del dicembre 1997 attengono all’acquisto da parte della CIE dell’intero
capitale sociale della Leasing Serenissima srl (che il giorno prima aveva revocato il
proprio stato di liquidazione mutando la propria denominazione in Servizi Aziendali
Serenissima srl) di cui Giamundo era socio per un terzo, al prezzo di un miliardo e
seicento milioni di lire mediante stipula di un mutó ipotecario con Antonveneta per due
miliardi di lire garantito da ipoteca sull’immobile della Serenissima, con oneri a carico
della CIE; l’imputato aveva acquistato dagli altri soci di Serenissima il residuo capitale
sociale al prezzo di circa 400 milioni di lire nonché il 66,7 °A) del credito dei soci di
quella società nei confronti della stessa per un miliardo e novecento milioni, rinunciando
poi a parte del credito, rivendendo alla CIE la quota acquistata al prezzo di un miliardo
e 67 milioni e cedendo alla CIE per un miliardo e trecento milioni di lire anche il proprio
residuo credito verso la Serenissima. In tal modo la CIE aveva sborsato oltre due
miliardi e trecento milioni di lire confluiti nella disponibilità del prevenuto. Tra il 2002 e
il 2004 Giamundo aveva effettuato prelevamenti superiori a 170mila euro imputandoli a
diminuzione del conto debiti verso soci. Nel dicembre 2003 aveva affittato l’azienda
della CIE ad una società, Hypercom srl, all’uopo costituita dal figlio e da tre

ex

dipendenti della CIE, senza mai percepire il canone, cedendole il magazzino a prezzo
svalutato, peraltro neppure percepito. Dopo il fallimento, infine, Giamundo aveva
effettuato prelievi dal conto corrente della fallita per oltre 28mila euro.
4.

La bancarotta documentale CIE era ravvisata, nelle sentenze di merito, nella totale
inattendibilità della contabilità che, pur formalmente tenuta, occultava la vera
situazione economico-patrimoniale soprattutto con riguardo all’esposizione debitoria.
2

DATATEL TELECOMUNICAZIONI srl, dichiarata fallita il 27-10-2004, per i reati (capo a)

5. In ordine al fallimento Serenissima, si addebita al prevenuto (capo b) la distrazione del
patrimonio aziendale per avere, con una serie di operazioni, alienato da ultimo il
fabbricato ad uso industriale sito in Selvazzano Dentro al prezzo di C 1.470.000
comprensivo di IVA, che, dopo essere stato versato sui conti correnti della società,
veniva in gran parte distratto per essere utilizzato quanto a C 786mi1a circa, per
estinguere il mutuo già concesso alla CIE, soggetto terzo a lui riferibile, mentre
l’importo di C 370mila circa era oggetto di disposizione tramite assegni o bonifici privi di

6. Ricorre l’imputato avverso tale decisione tramite il difensore deducendo
preliminarmente nullità della procura speciale rilasciata al difensore per la richiesta di
rito abbreviato durante le indagini preliminari, in quanto anteriore alla formulazione
dell’imputazione, e quindi priva della determinazione dell’oggetto e dei fatti cui si
riferiva, e difetto di congrua motivazione nella sentenza impugnata in ordine al rigetto
di tale questione.
7.

Nel merito il ricorrente deduce violazione di legge in relazione a varie norme e vizio di
motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza di atti di distrazione patrimoniale.

8.

Quanto all’operazione CIE-Serenissima, premessa la citazione testuale tanto dei motivi
di appello -da valere quali motivi di ricorso- che della motivazione del provvedimento
impugnato, secondo una tecnica comune alla formulazione di tutte le doglianze, il
ricorrente rileva difetto di congrua motivazione sulle analitiche censure proposte con
l’appello evidenziando, a titolo esemplificativo due profili di incongruità motivazionale,
l’uno relativo alla distanza temporale di nove anni tra l’operazione e il fallimento,
trascurato anche nella prospettiva dell’elemento psicologico del reato, l’altro relativo
alla mancata considerazione che l’importo totale dell’operazione di oltre due miliardi e
300 milioni di lire, era comprensivo tanto del prezzo della cessione (lire 1.067.200.000)
-unico rilevante nel raffronto con il patrimonio netto della società partecipata- che del
credito del socio cedente verso la partecipata (lire 1.306.529.000).

9. Quanto ai prelevamenti a mezzo assegni e carta di credito, il ricorrente, utilizzando la
tecnica redazionale di cui sopra, osservava che, poiché detti prelievi rappresentavano
rimborsi parziali al socio creditore Giamundo, poteva al più ricorrere, astrattamente,
bancarotta preferenziale in base all’indirizzo di questa corte (in particolare Cass.
23730/2006) favorevole a tale qualificazione, mentre quello contrario (Cass.
17616/2008, 23672/2004) era ritenuto riferito a casi particolari, diversi da quello in
esame, nel quale anche l’ipotesi della bancarotta preferenziale sarebbe infondata
essendo i prelievi diluiti in tre anni ed anteriori all’insorgenza dello stato di insolvenza.
10. Nell’ambito del motivo inerente ai prelievi di cui sopra il ricorrente lamentava anche il
mancato esame da parte delle corte della questione proposta in appello relativa alla
violazione dell’art. 521 cod. proc. pen., per avere il Gip considerato anche alcune

3

giustificazione nella documentazione contabile.

compensazioni di debiti (verso fornitori e fisco) e crediti (verso clienti), rilevate dal
curatore, ma non oggetto dell’imputazione.
11.Quanto all’affitto di azienda a Hypercom srl, si osservava che il Gip, contrariamente alla
contestazione che individuava la distrazione nella mancata corresponsione del canone
alla CIE, l’aveva invece ravvisata nella irrisorietà dell’ammontare del canone,
rilevandosi, sotto il primo profilo che comunque da una relazione del curatore il canone
risultava corrisposto nella misura di C 3.545, inferiore a quella pattuita di C 10.000

avendo peraltro il curatore mai chiesto all’affittuaria il pagamento di canoni non
corrisposti. La corte territoriale, dal canto suo, aveva motivato la distrazione con
argomenti inidonei a superare le doglianze proposte con l’appello dal momento che,
senza dare atto che vi fosse prova del mancato versamento dei canoni di affitto, l’aveva
ancorata al fatto che la società affittuaria fosse stata costituita solo due settimane
prima e la compagine sociale rappresentata dal figlio del Giamundo e da alcuni ex
dipendenti della CIE, nonché alla circostanza che le due società fossero una cosa sola
avendo l’imputato svuotato la CIE a favore dell’altra mediante una serie di
compensazioni non veritiere.
12. In ordine alla distrazione rappresentata dalla sottovalutazione del valore del magazzino
e comunque dalla mancata corresponsione del corrispettivo pattuito, falsamente
riportato in contabilità come compensato, il ricorrente, sempre ribadendo i motivi di
appello, osservava come, sotto il primo profilo, tale prezzo fosse pari al 55% non del
prezzo di acquisto delle merci (come erroneamente indicato dal curatore), ma del
prezzo praticato da CIE ai propri clienti (come da contratto di affitto), sotto il secondo
come il corrispettivo fosse stato compensato con debito per TFR di fatto pagato non
avendo la procedura mai lamentato il mancato pagamento delle scorte né del TFR per il
quale i dipendenti non si erano insinuati al passivo. Mentre la corte non aveva motivato
su tali doglianze avendo motivato solo sull’affitto di azienda.
13.Quanto alla bancarotta postfallimentare, il ricorrente osservava che si trattava del
pagamento di debiti sociali, inopponibile alla procedura e quindi rilevante solo sul piano
civilistico, che non aveva determinato depauperamento dell’asse concorsuale in quanto
ad essi aveva fatto seguito una riduzione delle passività.
14.Censure di violazione di legge e vizio di motivazione investono anche la bancarotta
fraudolenta documentale della CIE sul rilievo che il curatore aveva potuto ricostruire
tutti i movimenti, salvo il ricorso di prassi ad acquisizioni presso uffici finanziari, e che la
mancata consegna riguardava esclusivamente i mastrini e le scritture ausiliarie di
magazzino, di rilevanza assai relativa, senza che la sentenza avesse indicato quali
impedimenti erano derivati dalla loro mancata consegna. Mentre il richiamo
all’inattendibilità delle scritture contabili esulava completamente dal capo d’imputazione
con conseguente violazione dell’art. 521 cod. proc. pen..
4

causa il subentro della Hypercom nei contratti di locazione dei due immobili, non

15.In ordine alla bancarotta patrimoniale relativa alla Serenissima, il ricorrente deduce
violazione di legge e vizio di motivazione sotto vari profili. In primo luogo quello
dell’attribuzione al Giamundo della qualifica di amministratore di fatto della Serenissima
prima del 1999, quando sull’immobile della società era stata iscritta ipoteca a favore del
mutuo concesso alla CIE, confondendo fa qualità di socio unico, quale in effetti era
l’imputato, con quella di chi gestisce in modo non episodico né occasionale la società e
trascurando i vantaggi derivati alla Serenissima dal perfezionamento di un negozio

dell’immobile, dei quali il pagamento del mutuo contratto da CIE rappresentava il
pagamento di un debito proprio della Serenissima derivante dalla garanzia ipotecaria
prestata con insorgenza di un credito di rivalsa verso il debitore principale, mentre i
prelievi a mezzo assegni o bonifici, pari alla somma, minore di quella contestata, di €
135mila rappresentavano, come evidenziato dal curatore fallimentare di Serenissima, il
rimborso all’imputato di finanziamenti di questi alla CIE effettuato dalla Serenissima
mediante accollo o delegazione di pagamento (artt. 1273 e 1269 cod. civ.), il che la
sentenza impugnata aveva escluso con una petizione di principio, affermando che
l’operazione costituiva l’ennesima dimostrazione della gestione unica delle due società
da parte dell’imputato trascurando le garanzie dei creditori delle stesse.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. La questione di nullità della procura speciale prospettata preliminarmente nel ricorso è
priva di serio fondamento. E’ infatti pienamente condivisibile la motivazione con cui la
corte territoriale è pervenuta al rigetto della questione osservando che la procura era
valida in quanto specificamente riferita al presente procedimento.
2. L’esattezza di tale conclusione, che individua l’oggetto della procura nella richiesta di
rito abbreviato e il fatto cui essa si riferisce nel presente procedimento, è confermata
sia dalla norma di cui all’art. 37 disp. att. cod. proc. pen. (che consente il rilascio in via
preventiva della procura speciale ‘per l’eventualità in cui si verifichino i presupposti per
il compimento dell’atto al quale la procura si riferisce’), sia dall’interpretazione
giurisprudenziale di questa corte secondo la quale, da un lato, l’oggetto della procura si
intende determinato anche quando con essa si conferiscano i poteri inerenti a tutto il
corso di una procedura, sempre che siano osservate le prescrizioni per la necessaria
determinazione dell’oggetto e dei fatti cui il mandato si riferisce (Cass. 9818/1992, in
tema di procura speciale al patteggiamento, citata nello stesso gravame), dall’altro il
conferimento della procura speciale prevista dall’art. 438, comma terzo, cod. proc. pen.
non prevede alcuna formula sacramentale, essendo necessario soltanto che l’imputato
manifesti la chiara e univoca volontà di conferire al difensore l’incarico di richiedere il
rito speciale senza che vi siano dubbi in ordine alla provenienza dal medesimo, così

5

giuridico complesso. In secondo luogo quello dei prelievi effettuati sul prezzo di vendita

sottintendendo che il conferimento di essa è possibile in qualunque fase procedimentale
(Cass. 3290/2005, citata in sentenza, relativa a fattispecie di procura a richiedere il rito
abbreviato contenuta in una lettera).
3.

Del resto, ad ulteriore conferma dell’esattezza dell’interpretazione contraria a quella
sostenuta nel ricorso, va richiamata anche quella che riconosce al difensore
dell’imputato, munito di procura speciale per la richiesta di “riti alternativi” non meglio
specificati, il potere di richiedere lo svolgimento del giudizio abbreviato cosiddetto

della restrittiva interpretazione del ricorrente intesa a limitare ingiustificatamente la
validità della procura alla fase procedimentale successiva alla formulazione del capo
d’imputazione.
4.

Quanto alle doglianze di merito, il ricorso è infondato salvo che per il profilo più oltre
esaminato.

5.

La configurazione come distrattiva dell’operazione CIE-Serenissima è esente dalle
censure del ricorrente se si considera che il reato di bancarotta fraudolenta per
distrazione, come pure il parallelo reato di bancarotta impropria patrimoniale, è reato di
pericolo che non richiede, per la sua sussistenza, la prova che la condotta abbia causato
un effettivo pregiudizio ai creditori (Cass. 1163/2012), il cui dolo consiste nella
consapevolezza e volontà della distrazione, non rilevando, quindi, né l’eventuale
distanza temporale tra l’atto distrattivo e la pronuncia di fallimento, la cui datazione è
tra l’altro influenzata dalle più varie evenienze, né l’eventuale inconsapevolezza da
parte dell’agente, al momento della consumazione, dello stato d’insolvenza dell’impresa
per non essersi lo stesso ancora manifestato (Cass. 44933/2011).

6.

Né ha maggior pregio la censura relativa alla mancata considerazione che l’importo
totale dell’operazione, di oltre due miliardi e 300 milioni di lire, era comprensivo tanto
del prezzo della cessione -unico rilevante nel raffronto con il patrimonio netto della
società partecipata- quanto del credito del socio cedente verso la partecipata (lire
1.306.529.000), se solo si tiene conto che, come evidenziato dai giudici di merito,
Giamundo, dopo aver corrisposto per l’acquisto delle quote di Serenissima di proprietà
dei familiari la somma di lire 400.200.000, aveva ricavato dalla cessione delle stesse
alla CIE, effettuata lo stesso giorno, quella, ingiustificatamente ben superiore, di lire
1.067.200.000, così tra l’altro determinando anche, come rilevato dal curatore, un
aggravio della situazione economico-patrimoniale delle due società, in particolare,
quanto alla CIE, anche per gli interessi passivi, dal 1998 al 2002, del mutuo contratto al
fine di sostenere il costo dell’operazione.

7.

Le doglianze relative al carattere distrattivo dell’affitto di azienda sono del pari
infondate sia per quanto attiene al pagamento del canone da parte di Hypercom sia per
quanto riguarda la sottovalutazione del magazzino ceduto alla predetta società dalla
CIE. Benchè la sentenza di secondo grado abbia dato particolare rilievo al dato
6

“condizionato” (Cass. 44469/2009). Orientamento che nel suo complesso fa giustizia

dell’irrisorietà del canone di affitto concordato tra le due società -peraltro assai sospetto
vista la creazione ad hoc della Hypercom solo due settimane prima della stipula del
contratto, con sede presso i locali CIE, e la composizione della sua compagine sociale,
della quale facevano parte il figlio dell’imputato, all’epoca studente, e alcuni

ex

dipendenti della stessa CE-, tuttavia la corte milanese, nel fare richiamo alla decisione
di primo grado, la cui motivazione integra quella di appello in caso di conformità delle
due pronunce, non ha mancato di ricordare anche che i canoni di affitto, secondo

stregua di tre elementi logici di indubbia rilevanza evidenziati dal giudice di primo
grado, e cioè: la denuncia di due ex dipendenti CIE circa il passaggio dei beni di CIE a
Hypercom; la sorte dei due contratti di locazione degli immobili, uno risolto
consensualmente, l’altro oggetto di sfratto per morosità (il che sottintendeva che, se
Hypercom non aveva corrisposto il canore di locazione ai terzi proprietari, a maggior
ragione non aveva pagato quello di affitto alla CIE, totalmente in mano al Giamundo,
padre di uno dei soci Hypercom); la compensazione di parte del canone di affitto,
depurata dal canone di locazione, con l’inesistente credito Hypercom per accollo del
TFR, essendo tale accollo contrattualmente previsto.
8. Conclusioni nient’affatto scalfite dall’osservazione inutilmente reiterata, perché già
esaminata e rigettata con congrua motivazione dalla corte territoriale, che da una
relazione del curatore il canone risulterebbe regolarmente corrisposto nella misura di C
3.545, pari a quella pattuita di C 10.000 depurata dai canoni di locazione degli immobili
pagati da Hypercom, subentrata nei relativi contratti, direttamente ai proprietari. Punto
sul quale la corte milanese ha osservato che la relazione del curatore si riferiva invece
al canone di affitto pagato da Hypercom alla procedura fallimentare, non a quello
precedentemente di spettanza di CIE. Mentre assertivo, e comunque irrilevante, è il
rilievo del ricorrente circa il fatto che il curatore non avrebbe chiesto all’affittuaria il
pagamento di pregressi canoni non corrisposti.
9. Quanto alla sottovalutazione del magazzino ceduto a Hypercom e al mancato
pagamento del relativo prezzo pattuito, le censure proposte dal ricorrente sono
infondate in primo luogo sotto il profilo della non congruità del prezzo, ritenuta nella
sentenza di primo grado, cui quella di secondo si è richiamata, sulla base di numerosi
elementi (identità sostanziale tra CIE e Hypercom; stima del magazzino effettuata in
sede fallimentare) diversi da quello della valutazione in misura pari al 55% del prezzo di
acquisto delle merci (a fronte dell’imputazione in tal senso, i giudici di merito hanno
correttamente dato atto che invece si trattava, come evidenziato dal ricorrente, del
5 5 % del prezzo praticato da CIE ai propri clienti, come previsto nel contratto). Mentre,

quanto al mancato pagamento delle scorte -fatto figurare in contabilità come
compensato con il TFR-, la tesi che la compensazione fosse reale non avendo la
procedura mai lamentato il mancato pagamento né delle scorte né del TFR, per il quale
7

quanto contestato nell’editto accusatorio, non risultavano neppure corrisposti alla

i dipendenti non si erano insinuati al passivo, è priva di fondamento basandosi su
elementi assertivi ed irrilevanti.
10.Del pari assertivo l’argomento in fatto su cui fa leva la censura che investe la
bancarotta postfallimentare CIE, e cioè che i prelievi dal conto corrente della società
successivi al fallimento sarebbero stati utilizzati per il pagamento di debiti sociali con
conseguente riduzione delle passività sociali senza depauperamento dell’asse
concorsuale.

anche in punto di bancarotta fraudolenta documentale in ordine al fallimento CIE
effettuando un’operazione di atomizzazione e di critica frammentata dei numerosi e
convergenti elementi, in sinergia tra loro, evidenziati dai giudici di merito a sostegno
dell’affermazione di responsabilità.
12.Tali elementi sono rappresentati dalla consegna/acquisizione in più riprese delle
scritture contabili, a fronte di comportamento dilatorio del Giamundo e della loro
dispersione in più luoghi; dalla mancanza dei mastrini e delle scritture ausiliarie; dalla
necessità per il curatore di ricorrere a fonti esterne per la ricostruzione del movimento
degli affari; dall’inattendibilità della contabilità (tramite registrazioni di vendite per
rilevanti importi verso soggetti esteri, create ad arte al solo scopo di compensare quelle
attività con consistenti passività in modo da azzerare contabilmente queste ultime ed
evitare che figurassero in bilancio) finalizzata all’occultamento della vera situazione
economico—patrimoniale soprattutto con riguardo all’esposizione debitoria. Non solo
dunque le conclusioni dei giudici di merito sono esenti dal vizio di motivazione, ma
neppure ha ragion d’essere la censura di violazione dell’art. 521 cod. proc. pen. per
l’ovvio rilievo che anche l’inattendibilità delle scritture preclude la ricostruzione del
movimento degli affari e non esula quindi dal capo d’imputazione.
13.11 ricorso è invece fondato per quanto attiene alla contestazione dei prelevamenti a
mezzo assegni e carta di credito negli anni 2002-2004 (punto 6 del capo a). Le
sentenze di primo e secondo grado si sono limitate sul punto a rifarsi, pur dando atto
anche di un orientamento contrario, alla giurisprudenza di questa corte che ritiene
integrata la bancarotta fraudolenta patrimoniale anche laddove l’amministratore si
ripaghi di propri crediti da finanziamento alla società, non potendo scindersi la qualità di
creditore da quella di amministratore, come tale vincolato alla società dall’obbligo della
fedeltà e da quello della tutela degli interessi sociali nei confronti dei terzi (Cass.
23672/2004, 17616/2008).
14.Allo stato risulta peraltro prevalente l’orientamento, che il collegio ritiene maggiormente
condivisibile, secondo cui l’amministratore che si ripaghi di propri crediti verso la società
fallita risponde di bancarotta preferenziale grazie alla presenza dell’elemento
caratterizzante di tale tipo di bancarotta rispetto alla fraudolenta patrimoniale,
rappresentato dalla alterazione della par condicio creditorum, essendo irrilevante, al
8

11.Invano il ricorrente censura poi la sentenza di violazione di legge e vizio di motivazione

fine della qualificazione giuridica del fatto -dal momento che la norma incriminatrice
prescinde dalla relazione dell’autore con l’organismo societario-, la specifica qualità
dell’agente di amministratore della società, se del caso censurabile in sede di
commisurazione della sanzione a fronte di una possibile maggior gravità, per tale
ragione, del reato (Cass. 23730/2006, 39043/2007, 14908/2008, 1793/2011,
13318/2013).
15. Poiché la bancarotta preferenziale esige, da un lato, che le restituzioni riguardino crediti

siano effettuate in periodo di insolvenza, e comunque che i pagamenti abbiano lo scopo
di favorire taluno dei creditori a danno degli altri, aspetti non approfonditi dai giudici di
merito che non hanno accertato se la causale dei prelievi operati dal Giamundo a mezzo
assegni e uso di carta di credito fosse rappresentata dal rimborso di crediti aventi la
caratteristiche di cui sopra, effettuato in periodo di insolvenza e animato dall’elemento
psicologico precisato, la sentenza merita annullamento con rinvio ad altra sezione del
giudice a quo per nuovo esame sul punto. Spese di parte civile al rescissorio.
16. Manifestamente priva di fondamento è invece la censura, prospettata nell’ambito del
motivo inerente ai prelievi di cui sopra, di mancato esame da parte delle corte
territoriale della questione proposta in appello relativa alla violazione dell’art. 521 cod.
proc. pen., per avere il Gip considerato anche alcune compensazioni di debiti (verso
fornitori e fisco) e crediti (verso clienti), rilevate dal curatore, ma non oggetto
dell’imputazione. Per quanto in effetti il Gip abbia evidenziato tali compensazioni, ciò è
stato fatto ad abundantiam, senza effetti sulla decisione.
17.In ordine alla bancarotta impropria patrimoniale relativa al fallimento Serenissima, il
ricorso è infondato per due ordini di considerazioni.
18. In primo luogo il tentativo di giustificare il pagamento del mutuo contratto dalla CIE con
parte dei proventi della vendita dell’immobile della Serenissima invocando la qualifica di
terzo datore d’ipoteca della Serenissima -per questo tenuta a garantire l’adempimento
del mutuo e titolare, una volta effettuato il pagamento, di credito di rivalsa verso il
debitore principale CE-, trascura in toto di considerare il complesso dell’operazione che
aveva avuto inizio con la prestazione dell’ipoteca da parte di Serenissima in favore del
terzo CIE senza alcuna contropartita e che era culminata per l’appunto nel pagamento
del debito del terzo grazie proprio alla gratuita prestazione di tale garanzia, con la
conseguenza che il mutuo contratto dalla CIE aveva finito per gravare sulla Serenissima
che non ne aveva tratto alcun beneficio.
19. Né vale ricordare che all’epoca dell’operazione CIE-Serenissima Giamundo non era
amministratore della seconda società ma solo unico socio. Nella specie infatti è
addirittura pleonastica, ai fini dell’accertamento della sua qualifica di amministratore di
fatto, la verifica di singoli e specifici elementi sintomatici di gestione o cogestione della
società (risultanti dall’organico inserimento, con funzioni gerarchiche e direttive, nei
9

per finanziamenti concessi dai soci alla società liquidi ed esigibili, dall’altro che esse

momenti rilevanti dell’organizzazione, produzione e commercializzazione dei beni e
servizi della società), avendo i giudici di merito fornito ampia e ragionata motivazione in
fatto, anche sulla base delle modalità dell’operazione in esame, come di altre, del ruolo
dell’imputato di dominus di entrambe le società, da lui gestite ed usate come cosa
propria in spregio degli interessi dei creditori.
20.In secondo luogo il richiamo del ricorrente agli istituti della delegazione e dell’accollo
per giustificare il pagamento con parte del prezzo di vendita dell’immobile della

risulta in concreto meramente assertivo in mancanza di qualunque prova non solo che i
consistenti prelievi a mezzo assegni o bonifici effettuati dal prevenuto dai conti
Serenissima avessero quale causale il rimborso di suoi crediti verso la CIE, ma anche
che la CIE avesse delegato la Serenissima ad eseguirne il pagamento o che la CIE e la
Serenissima avessero convenuto che quest’ultima assumesse il debito della prima verso
l’imputato.
21.Segue il parziale annullamento con rinvio della sentenza impugnata, con rigetto nel
resto del ricorso.
P. Q. M.

Annulla la sentenza impugnata/ limitatamente ai prelievi a mezzo assegni e pagamenti a mezzo
carta di credito eseguiti tra il 2002 e il 2004 di cui al capo a) dell’imputazione,con rinvio ad
altra sezione della Corte di Appello di Roma per nuovo esame.
Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso in Roma, il 2-10-2013

Il consigliere est.

Il Presidente , c

Serenissima di crediti del Giamundo verso la CIE, per quanto teoricamente plausibile,

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA