Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5183 del 17/09/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 5183 Anno 2014
Presidente: BEVERE ANTONIO
Relatore: GUARDIANO ALFREDO

Data Udienza: 17/09/2013

SENTENZA

sul ricorso proposto da
La Spesa Giuseppe, nato a Messina il 3.2.1969, avverso la sentenza
pronunciata in data 24.6.2011 dal tribunale di Messina;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Alfredo Guardiano;
udito il pubblico ministero nella persona del sostituto procuratore
generale dott. Eduardo Scardaccione, che ha concluso per
l’annullamento senza rinvio dell’impugnata sentenza, per essere il reato
estinto per prescrizione

FATI-0 E DIRITTO

1. Con sentenza pronunciata il 24.6.2011 il tribunale di Messina, in
composizione e monocratica, in qualità di giudice di appello, confermava
la sentenza con cui, in data 12.7.2010, il giudice di pace di Messina

(1

aveva condannato La Spesa Giuseppe, in relazione al reato di cui all’art.
582, c.p., commesso in danno di Ahmine Elmahdi, alla pena ritenuta di
giustizia, oltre al risarcimento dei danni derivanti da reato in favore della
persona offesa, costituita parte civile.
2. Avverso tale decisione, di cui chiede l’annullamento, ha proposto

motivi: 1) violazione di legge e mancanza di motivazione in relazione
agli artt. 336 e 529, c.p.p., per non avere il giudice di secondo grado
dichiarato l’inesistenza ovvero la inutilizzabilità della querela presentata
dalla persona offesa, stante la mancata conoscenza della lingua italiana
da parte di quest’ultima, che fa sorgere forti dubbi sulla effettiva
possibilità che il querelante, all’atto della proposizione della querela,
avesse inteso effettivamente chiedere la punizione del ricorrente; 2)
violazione di legge e mancanza di motivazione in ordine agli artt. 192 e
530, c.p.p., per avere il giudice di secondo grado confermato la
decisione del giudice di pace, senza fornire adeguata motivazione ai
rilievi prospettati nell’atto di appello in ordine alle discrasie individuate
nelle dichiarazioni della persona offesa; svalutato il contenuto della
deposizione del teste Augliera, dal quale si evince che “tra il La Spesa e
Ahmine Elmahdi vi fu una vera e propria rissa nel corso della quale
affermare che quest’ultimo fu la parte offesa, è arbitrario ancor prima
che apodittico ed, infine, omesso di considerare la mancanza del nesso
di causalità tra la condotta dell’imputato e le ferite lamentate dalla
persona offesa, che ha prodotto un certificato medico in cui si attestato
lesioni patite in punti diversi da quelli in cui quest’ultima ha riferito di
essere stata colpita; 3) violazione di legge e mancanza di motivazione in
relazione agli artt. 52, c.p. e 530, co. 3, c.p.p., per non avere il giudice
di secondo grado mandato assolto l’imputato riconoscendo in suo favore
la sussistenza della scriminante della legittima difesa, in quanto, come
riferito dai testi D’Amico e Grillo, la condotta del La Spesa si è
configurata come un tentativo di difendersi dall’aggressione violenta
subita, ovvero l’impossibilità di qualificare come “malattia” le lesioni
patite dalla parte civile; 4) violazione di legge e mancanza di

2

ricorso l’imputato, a mezzo del suo difensore di fiducia, per i seguenti

motivazione in relazione all’art. 133, c.p., per eccessiva gravità della
pena inflitta all’imputato, in considerazione della “minima gravità del
reato” riconosciuta dallo stesso giudice di appello; 5) estinzione del
reato per intervenuta prescrizione alla data del primo gennaio 2010.
3. Fondato appare il quinto motivo di ricorso.

1.1.2005, il termine ordinario di prescrizione – pari a cinque anni, in
applicazione, in quanto più favorevole, della disciplina vigente prima che
l’art. 157, c.p., venisse modificato dall’art. 6, co. 1, I. 5 dicembre 2005,
n. 251 – decorrendo dalla adozione di tale ultimo atto interruttivo ex art.
160, co. 3, c.p.p. ed in assenza di cause di sospensione, era già perento
alla data dell’I-1.2010, senza che il giudice di secondo grado, in
violazione dell’art. 129, c.p.p., lo abbia rilevato nella sentenza
pronunciata il 24.6.2011 (quando, peraltro, sarebbe stato già perento
anche il più lungo termine prescrizionale di sei anni previsto dalla nuova
formulazione dell’art. 157, c.p.)
Inoltre, trattandosi di reato commesso il 17.7.2004, in assenza di cause
di sospensione, il relativo termine, pari, nella sua estensione massima,
che tenga conto, cioè, degli atti interruttivi intervenuti, a setti anni e sei
mesi, sia sotto l’impero della previgente che della nuova disciplina
dell’art. 157, c.p., risulta ormai perento alla data del 17.1.2012.
4.

Quanto agli ulteriori motivi di ricorso, che vanno presi in

considerazione ai soli effetti delle statuizioni civili, giusto il disposto
dell’art. 578, c.p.p., va innanzitutto rilevata l’inammissibilità, a tali fini,
del motivo attinente alla entità del trattamento sanzionatorio.
5. Del pari inammissibili appaiono i motivi sub 2) e sub 3).
Con essi infatti il ricorrente, da un lato espone doglianze generiche,
indicando nelle dichiarazioni di alcuni testimoni, senza allegarne o
trascriverne il contenuto, le fonti probatorie che inficerebbero il
contenuto delle dichiarazioni accusatorie della persona offesa, violando
in tal modo il principio della “autosufficienza” del ricorso (cfr., ex
plurimis, Cass., sez. I, 17.1.2011, n. 5833, G.); dall’altro prospetta

censure che si risolvono in una mera rilettura degli elementi di fatto

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Ed invero, essendo stato emesso il decreto di citazione a giudizio in data

posti a fondamento della decisione impugnata, sulla base di nuovi e
diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, senza
individuare vizi di logicità tali da evidenziare la sussistenza di ragionevoli
dubbi, preclusa in sede di giudizio di Cassazione (cfr. Cass., sez. I,
16.11.2006, n. 42369, De Vita, rv. 235507; Cass., sez. VI, 3.10.2006,

Piras, rv. 235508).
Inammissibile, nella sua assoluta genericità, è, poi, il motivo volto a
contestare la possibilità di qualificare in termini di “malattia” le lesioni
patite dalla persona offesa.
6. Infondato, infine, è il primo motivo di ricorso, essendo orientamento
consolidato nella giurisprudenza di legittimità, come correttamente
evidenziato dal giudice di secondo grado, quello secondo cui non
sussiste l’obbligo di nominare un interprete per le persone diverse
dall’indagato, qualora queste non conoscano perfettamente la lingua
italiana e siano sentite da un verbalizzante che sia in grado di
raccoglierne le dichiarazioni (cfr. Cass., sez. III, 23.11.2006, n. 370, I.,
rv. 235848; Cass., sez. II, 18.9.2008, n. 36988, F., rv. 242049).
7. Sulla base delle svolte considerazioni la sentenza impugnata va,
dunque, annullata senza rinvio agli effetti penali, per essere il reato
ascritto al La Spesa estinto per sopravvenuta prescrizione, dovendosi,
invece, rigettare il ricorso dell’imputato, agli effetti civili.
P.Q.M.
annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato estinto
per prescrizione. Rigetta il ricorso agli effetti civili.
Così deciso in Roma il 17.9.2013

n. 36546, Bruzzese, rv. 235510; Cass., sez. III, 27.9.2006, n. 37006,

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