Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5165 del 11/12/2014
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5165 Anno 2015
Presidente: ZAMPETTI UMBERTO
Relatore: ROCCHI GIACOMO
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
ATTIMONELLI SABINO N. IL 17/12/1955
avverso la sentenza n. 1479/2009 CORTE APPELLO di BARI, del
27/06/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO ROCCHI;
Data Udienza: 11/12/2014
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 27/6/2013, la Corte d’appello di Bari confermava quella
del Tribunale di Trani, sezione distaccata di Andria, di condanna di Attimonellì
Sabino alla pena di anni uno e mesi otto di reclusione per il delitto di cui all’art.
9, comma 2, legge 1423 del 1956, con recidiva reiterata ed infraquinquennale. Il
reato era stato contestato perché l’imputato era stato sorpreso alla guida di
un’autovettura nonostante la patente di guida gli fosse stata revocata; inoltre
Attimonelli era risultato in possesso di telefono cellulare.
amministrativo e il precetto di vivere onestamente è una prescrizione generica,
non penalmente sanzionata, il reato non sussisteva; aveva, in subordine, chiesto
l’esclusione della contestata recidiva e la concessione delle attenuanti generiche.
La Corte rigettava il motivo di diritto, ritenendo che anche una violazione
amministrativa costituisce inosservanza alla prescrizione di vivere onestamente e
di rispettare le leggi dello Stato imposta dalla misura di prevenzione; riteneva
impossibile non applicare la recidiva contestata alla luce della personalità
dell’imputato, dedito al crimine fin dal 1976; riteneva non concedibili le
attenuanti generiche.
2. Ricorre per cassazione il difensore di Attimonelli Sabino, deducendo
erronea applicazione della legge penale e vizio di motivazione.
Il ricorrente ripropone a questa Corte la tesi secondo cui la consumazione di
un illecito amministrativo non integra il delitto contestato, attesa la natura
indeterminata del precetto di vivere onestamente e rispettare le leggi dello
Stato. Ritenere il contrario svuoterebbe di significato, per il sorvegliato speciale,
la portata garantista dell’art. 1 cod. pen., così portando a configurare una sorta
di reato d’autore, in violazione del dettato della Corte Costituzionale; per di più,
la guida senza patente è condotta colposa ed è solo attraverso una fictio iuris
che la violazione si trasforma in delitto doloso.
In un secondo motivo, il ricorrente deduce vizio di motivazione in relazione
al diniego delle attenuanti generiche: la decisione non è stata congruamente
motivata e la richiesta è stata respinta con una clausola di stile.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi.
Questa Corte ha ripetutamente insegnato che, per il sorvegliato speciale con
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L’appellante aveva sostenuto che, poiché la guida senza patente è un illecito
obbligo di soggiorno, integra inosservanza della prescrizione di vivere
onestamente e di rispettare le leggi anche la commissione di un illecito
amministrativo, quale la guida di un mezzo senza patente di guida, revocata
all’atto della sottoposizione alla misura di prevenzione, giacché la prescrizione di
“rispettare le leggi” si riferisce al dovere, imposto al prevenuto, di rispettare
tutte le norme a contenuto precettivo, che impongano cioè di tenere o non
tenere una certa condotta; non soltanto le norme penali, dunque, ma qualsiasi
disposizione la cui inosservanza sia ulteriore indice della già accertata
La motivazione del diniego delle attenuanti generiche è del tutto adeguata e
niente affatto apparente: il ricorrente riporta parte della motivazione della
sentenza impugnata, tralasciando la valutazione espressa immediatamente
prima, secondo cui “il certificato penale dell’Attimonelli testimonia di una
personalità dedita al crimine con sistematica continuità, a partire dal 1976 fino ai
giorni nostri”.
2. Alla declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione consegue ex lege, in
forza del disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento ed al versamento della somma, tale
ritenuta congrua, di euro 1.000 (mille) in favore delle Cassa delle Ammende, non
esulando profili di colpa nel ricorso palesemente infondato (v. sentenza Corte
Cost. n. 186 del 2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro 1.000 alla Cassa delle
ammende.
Così deciso 1 1 11 dicembre 2014
Il Presidente
pericolosità sociale (C. cost. n. 282 del 2010).