Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5160 del 11/12/2014
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5160 Anno 2015
Presidente: ZAMPETTI UMBERTO
Relatore: BONI MONICA
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
ABBRESCIA GIUSEPPE N. IL 26/02/1979
avverso la sentenza n. 456/2003 CORTE APPELLO di BARI, del
01/02/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MONICA BONI;
Data Udienza: 11/12/2014
Ritenuto in fatto
1.Con sentenza resa 11 febbraio 2013 la Corte di Appello di Bari, decidendo
su rinvio dalla Corte di Cassazione, riformava parzialmente la sentenza del G.U.P.
del Tribunale di Bari del 15 maggio 2001 e, previo riconoscimento della
circostanza attenuante di cui all’art. 8 L. nr. 203/91, rideterminava in anno uno,
mesi sei, giorni sei di reclusione la pena inflitta all’imputato Giuseppe Abbrescia in
D.P.R. nr. 309/90.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato
personalmente, il quale si duole del vizio di mancanza di motivazione in merito
alla concessione della circostanza attenuante di cui all’art. 8 L. nr. 203/91 nella
misura minima di un terzo, nonostante egli fosse meritevole della sua applicazione
della massima estensione possibile in ragione dell’apporto decisivo alle indagini
dallo stesso fornito.
Considerato in diritto
Il ricorso è inammissibile perché basato su motivo manifestamente infondato.
1.Invero, la sentenza impugnata, dopo avere riassunto i principi di diritto
espressi dalla sentenza rescindente della Corte di Cassazione, ha richiamato l’ampia
sfera di discrezionalità, che compete al giudice di merito nella determinazione degli
effetti derivanti dal riconoscimento della circostanza attenuante ad effetto speciale
di cui all’art. 8 L. nr. 203/91; quindi, in riferimento al caso specifico, ha ritenuto di
non applicarla nel massimo effetto mitigatore possibile per il suo concorso con altre
attenuanti, queste concesse nella loro più ampia estensione, e per l’esclusione
dell’aggravante di cui all’art. 7 stessa legge.
1.1 In tal modo la Corte di merito ha espresso dei precisi criteri di
commisurazione della pena in funzione della circostanza attenuante in questione,
frutto di un apprezzamento discrezionale, che risulta giustificato in modo compiuto,
razionale e non contraddittorio. Per contro, il ricorso sollecita a questo Collegio un
diverso e più favorevole apprezzamento del contributo collaborativo, offerto
dall’Abbrescia, per condurre ad una più ampia riduzione della pena, operazione
preclusa al giudice di legittimità.
Per i motivi esposti, la sentenza impugnata resiste alle censure mosse col
ricorso, di cui va dichiarata l’inammissibilità, con la conseguente condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in ragione dei profili di colpa
insiti nella proposizione di impugnazione di tale tenore, della somma che si stima
1
quanto ritenuto responsabile dei delitti di cui agli artt. 416-bis cod. pen. E 74
equa di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 11 dicembre 2014.