Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5158 del 11/12/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 5158 Anno 2015
Presidente: ZAMPETTI UMBERTO
Relatore: BONI MONICA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CIORNII SVETLANA N. IL 21/11/1972
avverso la sentenza n. 65/2013 GIUDICE DI PACE di FERMO, del
31/01/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MONICA BONI;

Data Udienza: 11/12/2014

Ritenuto in fatto

1.11 Giudice di Pace di Fermo con sentenza emessa il 31 gennaio 2014 dichiarava la
responsabilità dell’imputata Svetlana Ciornii in ordine al delitto di cui all’art. 14, comma
5-ter D.L.vo 286/98, contestatole per non avere ottemperato al decreto di espulsione,
emesso dal Prefetto di Ascoli Piceno il 12/3/2013, fatto accertato in Fermo il 17/4/2013
e, per l’effetto, concessegli le circostanze attenuanti generiche, la condannava alla pena

2. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputata a
mezzo del suo difensore, il quale si duole di inosservanza ed erronea applicazione della
legge penale e del vizio di motivazione. Secondo la ricorrente, la sentenza era carente di
motivazione ed il primo Giudice non aveva considerato che il provvedimento di espulsione
del Prefetto e l’ordine del Questore erano stati impugnati per nullità perchè emessi senza
assegnare il termine per l’allontanamento volontario in ragione del rischio di fuga
dell’espulsa, che avrebbe potuto dileguarsi per evitare di abbandonare il paese. Inoltre,
tali provvedimenti non riportavano adeguata motivazione in merito all’impossibilità da
parte dello Stato italiano di eseguire l’espulsione mediante accompagnamento alla
frontiera.
Del resto il giudice penale deve verificare anche d’ufficio la legittimità dell’atto
amministrativo presupposto per l’integrazione del reato, che resta escluso se l’ordine di
espulsione sia invalido. La medesima carenza motivazionale era ravvisabile quanto al
giustificato motivo, che nel caso consisteva nell’impossibilità materiale ed economica di
acquistare un titolo di viaggio, di disporre di documenti d’identità e di reperire un vettore
idoneo.

Considerato in diritto

L’impugnazione è inammissibile perché basata su motivi manifestamente infondati.
1.La fattispecie incriminata dalla norma di cui all’art. 14, comma 5-ter D.-Lgs. nr .
286/98 ha natura di reato omissivo proprio e presuppone la valida adozione da parte del
Questore dell’ordine di allontanamento ex art. 14, comma 5-bis e, da parte del Prefetto,
del provvedimento di espulsione o di respingimento al quale l’ordine di esecuzione è
chiamato a dare attuazione. Perché possa muoversi al cittadino straniero espulso
l’addebito di non avere ottemperato all’ordine del Questore è richiesto che tale
provvedimento amministrativo sia conforme ai requisiti sostanziali e formali richiesti dalla
legge e sia dotato di congrua motivazione con riferimento alla riconducibilità del caso di
specie alle ipotesi previste dalla legge sull’immigrazione.
Inoltre, nel sistema normativo, la diversa tipologia di espulsione condiziona anche
la configurazione delle diverse fattispecie incriminatrici: l’ingiustificata violazione
1

di euro 7.000,00 di multa.

dell’ordine di allontanamento in caso di espulsione disposta ai sensi dell’art. 13, comma
4, è ravvisabile nei vari casi in cui l’espulsione può essere eseguita con
accompagnamento coattivo alla frontiera, anche se in concreto non sia stato possibile
eseguire con immediatezza l’espulsione con l’accompagnamento forzoso o il
respingimento a causa di situazioni transitorie che ostacolano la preparazione del
rimpatrio o l’effettuazione dell’allontanamento. Qualora, pertanto, la vicenda esecutiva si
sia sviluppata attraverso l’adozione, da parte del Questore, di un ordine di

ventimila euro.
Il ruolo svolto dall’ordine di allontanamento e dal decreto prefettizio di espulsione
quali presupposti del reato, comporta che tali provvedimenti siano sindacabili in via
incidentale da parte del giudice penale quanto alla loro legittimità e che, riscontrata la
carenza dei requisiti prescritti per legge, gli stessi possano essere disapplicati.
1.1Ebbene, tanto premesso a livello generale, va detto che nel caso di specie,
nonostante la ricorrente assuma di avere impugnato al giudice amministrativo il
provvedimento di espulsione e l’ordine di allontanamento, perché il primo aveva negato il
termine di sette giorni per l’abbandono volontario del territorio del paese, non risulta che
a tale impugnazione sia seguito l’annullamento dei predetti provvedimenti. Per contro, la
sentenza ha dato atto che all’imputata il prescritto termine di sette giorni era stato
accordato con il provvedimento del Questore, che aveva anche dato conto
dell’impossibilità di disporne l’accompagnamento coattivo mediante la forza pubblica, il
che esclude la sussistenza del vizio denunciato e fa venir meno ogni ragione per disporre
la sospensione del giudizio.
1.2

In

riferimento

all’omessa

valutazione

del

giustificato

motivo

dell’inottemperanza, va rilevato che il ricorso non deduce che al primo giudice sia stato
sottoposto tale profilo di valutazione, che non risulta né dalle conclusioni riportate nella
sentenza impugnata e nemmeno dal verbale delle udienze; inoltre, si prospettano le
difficoltà economiche dell’imputata quale causa impediente l’allontanamento volontario,
ma quale opinione personale della difesa, che però nulla ha documentato al riguardo nel
giudizio di merito.
Per le ragioni esposte, il ricorso va dichiarato inammissibile; ne segue di diritto la
condanna della ricorrente al pagamento delle spese e di una somma, che si reputa equo
determinare in euro 1000,00, in favore della Cassa delle Ammende, non sussistendo
alcuna ipotesi di carenza di colpa nella determinazione della causa d’inammissibilità,
secondo l’orientamento espresso dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 186 del
2000.

P. Q. M.

2

allontanamento, la sua ingiustificata violazione è punita con la multa da diecimila a

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
del procedimento ed al versamento della somma di euro 1000,00 in favore della Cassa
delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 11 dicembre 2014.

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