Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5155 del 11/12/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 5155 Anno 2015
Presidente: ZAMPETTI UMBERTO
Relatore: BONI MONICA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
ALESTRA GIUSEPPE N. IL 06/02/1984
avverso la sentenza n. 3729/2013 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 17/02/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MONICA BONI;

Data Udienza: 11/12/2014

Ritenuto in fatto

1.Con sentenza deliberata il 17 febbraio 2014 la Corte di Appello di Palermo
confermava la sentenza del Tribunale di Marsala, sezione distaccata di
Castelvetrano, del 19 aprile 2013, che aveva condannato l’imputato Giuseppe

primo, I. n. 1423/56, contestatogli per avere violato le prescrizioni inerenti la
misura di prevenzione della sorveglianza speciale di p.s. ed al reato di cui all’art.
651 cod. pen. per non avere fornito a richiesta di ufficiali in servizio di polizia le
proprie generalità.
2. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato
a mezzo del difensore, il quale ha lamentato manifesta illogicità, contraddittorietà
ed insufficienza della motivazione, in quanto la Corte di Appello aveva basato la
conferma della sanzione irrogata all’imputato sulla base dei precedenti penali,
nonché sul presupposto che la difesa avesse ritenuto pena inflitta solo per
violazione della prescrizione di vivere onestamente in ragione della violazione
dell’obbligo di indossare il casco. In realtà il motivo di appello era stato formulato
per chiedere la riduzione della pena quanto al modesto disvalore dei fatti ed alla
natura amministrativa della violazione, con la quale era stato trasgredito l’obbligo di
vivere onestamente, per cui la giustificazione fornita dai giudici di appello era
errata.

Considerato in diritto

Il ricorso è inammissibile perché basato su motivi connotati da manifesta
infondatezza.
1.11 ricorrente assume del tutto infondatamente che la motivazione della
sentenza impugnata sia carente ed illogica in punto di conferma del trattamento
sanzionatorio. Al contrario, la Corte di merito ha ritenuto che quella comminata non
fosse pena eccessiva, sia perché prossima al minimo edittale, sia perché giustificata
dai precedenti penali plurimi riportati dall’imputato. Inoltre, ha evidenziato
l’obiettivo disvalore della condotta, dal momento che l’obbligo di vivere
onestamente e rispettare le leggi era stato violato dall’Alestra sotto molteplici profili
fattuali, in ragione della commissione di un’infrazione amministrativa, ma anche del
delitto di resistenza a pubblico ufficiale.
Per contro, il ricorso contesta soltanto in modo generico e comunque
infondato tali valutazioni, ribadendo il modesto disvalore della condotta e la
1

Alestra alla pena di mesi tre di arresto in relazione al reato di cui all’art. 9, comma

sussistenza di una mera violazione di natura amministrativa, ma in tal modo pare
dimenticare che l’imputato si era reso responsabile anche di resistenza a pubblico
ufficiale, comportamento correttamente preso in esame nella sentenza. Tale
pronuncia non ha dunque affatto ignorato le richieste difensive, ma le ha disattese
con motivazione sintetica, ma effettiva, compiuta e logicamente strutturata sulla
scorta di una disamina diretta del materiale probatorio e di dati di personalità
dell’imputato; si sottrae dunque alle doglianze mosse in modo del tutto pretestuoso

Per le considerazioni svolte il ricorso risulta inammissibile in tutte le sue
deduzioni; ne discende la condanna del proponente al pagamento delle spese
processuali e, in ragione dei profili di colpa insiti nella proposizione di impugnazione
di tale tenore, della somma che si stima equo determinare in euro 1.000,00 in
favore della Cassa delle Ammende.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali ed al versamento della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle
Ammende.
Così deciso in Roma, 1’11 dicembre 2014.

e generico col ricorso.

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