Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 515 del 21/11/2017


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 515 Anno 2018
Presidente: DE CRESCIENZO UGO
Relatore: DI PAOLA SERGIO

ORDINANZA
sui ricorsi proposti da:
MANTIA PIETRO nato il 14/10/1949 a TERMINI IMERESE
MANTIA SALVATORE nato il 23/01/1980 a TERMINI IMERESE

avverso la sentenza del 22/03/2017 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere SERGIO DI PAOLA;

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

La Corte d’Appello di Palermo, con sentenza in data 22/03/2017,
confermava la condanna alla pena ritenuta di giustizia pronunciata dal G.u.p. del
Tribunale di Termini Imerese, in data 24/05/2016, nei confronti di MANTIA
PIETRO e MANTIA SALVATORE, in relazione al reato, contestato in concorso di
cui ali’ art. 629 cod.pen.
Propongono ricorso per cassazione gli imputati, deducendo con il primo
motivo la mancanza e contraddittorietà della motivazione, in ragione delle
discordanti dichiarazioni delle persone offese, che non erano state
adeguatamente valutate e considerate; con il secondo motivo i ricorrenti
deducono la violazione di legge e il travisamento della prova, con riferimento alla
ritenuta responsabilità dell’imputato Lamantia Salvatore, non risultando elementi
di prova idonei a dimostrare la sua partecipazione materiale e morale ad alcuno

Data Udienza: 21/11/2017

degli atti di estorsione contestati; con il terzo motivo di ricorso si censura il
mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 62 n. 4 . cod. pen.
I ricorsi sono inammissibili, in quanto assolutamente generici e non
consentiti. La sentenza d’appello ha ampiamente e adeguatamente motivato
sulla valenza delle risultanze di prova tratte sia dalle intercettazioni eseguite, sia
dalle dichiarazioni delle persone offese, che sono convergenti nell’indicare le
condotte estorsive realizzate in loro danno; le assunte discrasie delle
dichiarazioni delle vittime, indicate peraltro genericamente, vanno rapportate a

ritorsioni dopo l’intervento degli organi di polizia, intendevano ridimensionare i
fatti accaduti, mostrando così l’intimidazione esercitata evidentemente dagli
imputati. Quanto alla posizione dell’imputato Mantia Salvatore, la sentenza
impugnata ha chiaramente individuato i dati di prova che dimostrano la sua
effettiva partecipazione alle condotte estorsive, materialmente poste in essere
dal padre, come attestato dal contatto diretto stabilito con le vittime e dalle
minacce rivolte alle persone offese, subito dopo un acceso diverbio intercorso tra
il padre e le vittime, a dimostrazione della perfetta consapevolezza del Mantia
Salvatore circa il contenuto delle condotte poste in essere dal genitore e in
ordine al contributo fornito per assicurare il profitto delle estorsioni e l’impunità
del padre.
La motivazione è dunque corretta e adeguata, atteso che il vizio del
travisamento della prova, per utilizzazione di un’informazione inesistente nel
materiale processuale o per omessa valutazione di una prova decisiva, può
essere dedotto con il ricorso per cassazione quando la decisione impugnata abbia
riformato quella di primo grado, non potendo, nel caso di cosiddetta ‘doppia
conforme’, essere superato il limite costituito dal devolutum con recuperi in sede
di legittimità, salvo il caso in cui il giudice d’appello, per rispondere alle critiche
contenute nei motivi di gravame, abbia richiamato dati probatori non esaminati
dal primo giudice (Sez. 4, n. 19710 del 03/02/2009, Buraschi, Rv. 243636; Sez.
2, n. 47035 del 03/10/2013, Giugliano, Rv. 257499; Sez. 4, n. 4060 del
12/12/2013, dep. 2014, Capuzzi, Rv. 258438).
Infine, per ciò che attiene il mancato riconoscimento della circostanza
attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen., la motivazione della sentenza
impugnata è logicamente coerente con i dati rilevati dagli atti processuali, sia in
ordine alla misura degli esborsi correlati alle richieste estorsive potratte per più
mesi – cento euro settimanali – sia per la valutazione complessiva del danno
cagionato alle persone offese, di cui deve necessariamente tenersi conto nella
valutazione della obiettiva gravità del danno (cfr. Sez. 2, n. 12456 del
04/03/2008, Umina, Rv. 239749: «Ai fini della configurabilità dell’attenuante del

dichiarazioni captate nel momento in cui le persone offese, nel timore di

danno di speciale tenuità (art. 62, n. 4, cod. pen.) in riferimento al delitto di
estorsione, non è sufficiente che il bene mobile sottratto sia di modestissim- o
valore economico, ma occorre valutare anche gli effetti dannosi connessi alla
lesione della persona contro la quale è stata esercitata la violenza o la minaccia,
atteso che il delitto ha natura di reato plurioffensivo perché lede non solo il
patrimonio ma anche la libertà e l’integrità fisica e morale aggredite per la
realizzazione del profitto; ne consegue che solo ove la valutazione complessiva
del pregiudizio sia di speciale tenuità può farsi luogo all’applicazione

Alli inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al
pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati
i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dai
ricorsi (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), ciascuno al versamento della
somma, che si ritiene equa, di euro tremila a favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e ciascuno al versamento della somma di tremila euro alla
cassa delle ammende.
Così deciso il 21/11/2017

Il Consigli
Serg

Estensore
aola

Il Pr
Ugo D

scie zo

dell’attenuante in questione»).

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