Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5149 del 11/12/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 5149 Anno 2015
Presidente: ZAMPETTI UMBERTO
Relatore: BONI MONICA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
LI KENG N. IL 14/12/1979
avverso la sentenza n. 706/2011 CORTE APPELLO di FIRENZE, del
05/11/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MONICA BONI;

Data Udienza: 11/12/2014

Ritenuto in fatto

1.Con sentenza deliberata il 5 novembre 2012 la Corte di Appello di Firenze
riformava parzialmente la sentenza del Tribunale di Prato del 21 ottobre 2010 ed
assolveva l’imputato Keng Li dal delitto ascrittogli ai sensi dell’art. 12 comma 5 del

riduceva la pena inflittagli ad anno uno, mesi undici di reclusione e confermava nel
resto l’impugnata sentenza
2. Avverso la predetta decisione ha proposto ricorso per cassazione
l’imputato a mezzo del difensore, il quale ha lamentato:
a) mancata traduzione degli atti giudiziari, a partire dall’ordine di convalida
dell’arresto con applicazione di misura cautelare, e dei provvedimenti successivi in
lingua nota all’imputato alloglotta, adempimento necessario per l’esercizio del
diritto di difesa, imposto dalla convenzione dei diritti dell’uomo e dal patto
internazionale relativo ai diritti civili e politici.
b)Mancanza e manifesta illogicità della motivazione per avere la Corte di Appello
ignorato che l’istruttoria dibattimentale non aveva offerta prova piena ed
incontrovertibile di responsabilità, che nel capo d’imputazione difetta la descrizione
degli elementi costitutivi del reato e che la motivazione della sentenza impugnata
non poteva esaurirsi nel richiamo “per relationem” agli argomenti della pronuncia di
primo grado.

Considerato in diritto

Il ricorso è inammissibile perché basato su motivi manifestamente infondati.
1.11 primo motivo di gravame, col quale si lamenta la mancata conoscenza
della lingua italiana da parte dell’imputato, cittadino cinese, nonché la mancata
traduzione in idioma a lui noto degli atti processuali costituisce doglianza formulata
per la prima volta col ricorso per cassazione, quindi non sottoposta previamente al
vaglio dei giudici di merito. Tanto preclude l’esame della relativa questione in
ossequio al disposto dell’art. 606 cod. proc. pen., comma terzo, il quale sanziona
con l’inammissibilità i motivi di violazione di legge non dedotti con l’appello.
2. In punto di responsabilità, il cui giudizio è stato contestato col secondo
motivo, la sentenza impugnata ha debitamente esaminato e disatteso i motivi di
gravame. Ha rilevato in particolare come non fosse dimostrato che l’imputato aveva
ignorato la condizione di clandestinità dei propri dipendenti e concittadini e che, in
ogni caso, anche qualora non avesse verificato il possesso di titolo di soggiorno e di
1

D.Lgs. nr. 286/98 quanto alla condotta commessa in riferimento al lavoratore Jin Li,

idonei documenti d’identità, egli aveva agito a titolo di dolo eventuale, essendosi
rappresentato la possibilità, cui aveva aderito coscientemente, di impiegare
lavoratori extracomunitari irregolari, mantenuti in condizioni di vita e di lavoro
disumane e degradanti perché non igieniche, retribuiti male e poco e privi di
coperture assicurative e previdenziali. In tal modo la sentenza in verifica ha
esaminato le fonti di prova acquisite, ne ha vagliato criticamente il portato
dimostrativo e ha disatteso le contestazioni difensive in modo logico e non

Per contro, il ricorso si affida a frasi generiche e prive di qualsiasi illustrazione
delle carenze ed illogicità denunciate, che prescindono dal percorso argomentativo,
logico, compiuto e ben comprensibile, della sentenza contestata.
Per le considerazioni svolte il ricorso risulta inammissibile in tutte le sue
deduzioni; ne discende la condanna del proponente al pagamento delle spese
processuali e, in ragione dei profili di colpa insiti nella proposizione di impugnazione
di tale tenore, della somma che si stima equo determinare in euro 1.000,00 in
favore della Cassa delle Ammende.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali ed al versamento della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle
Ammende.
Così deciso in Roma, l’11 dicembre 2014.

contraddittorio secondo un discorso giustificativo effettivo e congruo.

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