Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5146 del 16/01/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 5146 Anno 2014
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: LANZA LUIGI

SENTENZA
decidendo sui ricorsi proposti da

DEL GAUDIO SEBASTIANO, nato il giorno 12

giugno 1982, GUARFtACINO CHRISTIAN, nato il giorno 11 ottobre 1989 e
VANACORE GIOACCHINO, nato il giorno 29 gennaio 1978, avverso la sentenza
23 gennaio 2013 della Corte di appello di Napoli.
Visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso.
Udita la relazione fatta dal Consigliere Luigi Lanza.
Sentito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore Generale
Francesco Mauro Iacoviello che ha concluso per il rigetto del ricorso, nonché gli
avv.ti: Dezio, in sostituzione dell’avv. Chiummariello, per De Gaudio; l’avv.

Data Udienza: 16/01/2014

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Viggiano per Vanacore; l’avv. Bianchi per Guarracino, i quali tutti hanno chiesto
raccoglimento della relativa impugnazione.
RITENUTO IN FATTO

1.

Del Gaudio Sebastiano (per il capo 1: artt.74 commi 1,2,3, 80 lett.a-b-

c-d d.p.r. 309/90; capo 3 e capo 4: artt. 110, 81 capoverso cod. pen.; 73 commi 1

artt.110, 112 n.1, 81 capoverso cod. pen., 73 commi 1 e 6 d.p.r. 309/90), sono
stati dichiarati responsabili dei reati loro rispettivamente ascritti (concernenti fatti
commessi dal gennaio 2010 al 24 aprile 2010: in Pompei, Torre Annunziata,
Terzigno e zone limitrofe), unificati con il vincolo della continuazione, quanto al Del
Gaudio, ed esclusa la stessa quanto al Guarracino ed al Vanacore, riconosciute al
Del Gaudio le circostanze attenuanti generiche, giudicate prevalenti sulle
aggravanti allo stesso contestate, sono stati condannati, con sentenza 8 maggio
2012 del G.U.P. presso il Tribunale di Napoli, applicata la diminuente di cui
all’articolo 442 c. p. p.: il Del Gaudio, alla pena di anni sei di reclusione, il
Guarracino ed il Vanacore alla pena di anni quattro, mesi quattro di reclusione ed
euro 20.000,00 di multa ciascuno.
2. In riforma della sentenza del G. u. p. del Tribunale di Napoli, la Corte di
appello di Napoli, con la sentenza 23 gennaio 2013, oggi impugnata„ escluse le
aggravanti di cui all’art. 80 T. U. 309/90, contestate al Del Gaudio al capo 1) della
rubrica, ha rideterminato la pena allo stesso inflitta in anni cinque e mesi otto di
reclusione, confermando per lui e gli altri appellanti nel resto, comma condanna
del Guarracino e del Vanacore al pagamento delle ulteriori spese processuali.
3.

La Corte territoriale ha ritenuto infondata la questione inerente

all’eccepito difetto di competenza per territorio, come formulata nell’interesse del
Guarracino e del Vanacore.
3.1. In proposito i giudici territoriali, richiamati gli artt. 8 c. p. p.
(competenza per territorio in ordine ai reati permanenti contestati), 16 c. p. p.,
(competenza per territorio in caso di connessione di reati: articoli 74 e 73 T. U.
309/90), 21, commi 2 e 3 c. p. p., hanno osservato che l’articolo 73 T. U. 309/90
contempla delle fattispecie miste alternative; hanno considerato la connessione ex
art. 12 c. p. p. tra i reati contestati ed hanno in proposito ritenuto che la prima

e 6 d.p.r. 309/90; Guarracino Christian E Vanacore Gioacchino (per il capo 26:

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condotta cui andava fatto riferimento, sia perché integrativa di una delle fattispecie
di cui all’articolo 73, sia perché dimostrativa della sussistenza del reato associativo
di cui al successivo articolo, fosse quella che è consistita nella detenzione di
sostanza stupefacente, volta alla cessione a terzi, successivamente sequestrata a
Celentano Antonio, da parte di Commesso Gennaro (detenzione perpetrata in

3.2. Sulla base di tali premesse in fatto, il primo atto esecutivo atto a
radicare la competenza per territorio è stato pertanto individuato dai giudici di
merito nella condotta di detenzione in Gragnano (si cita in proposito: Cass., Sez.
VI, 7. 4. 2003, n. 16253, Angeletti ed altro, RV 225628; Cass., Sez. Vi, 23. 6.
2006, n. 22826; Cass., sezione IV, 15. 5. 2008, n. 19526).
4.Ribadita la competenza per territorio del Tribunale di Napoli e non quella
del Tribunale di Salerno, la corte distrettuale partenopea ha ribadito il giudizio di
colpevolezza degli odierni ricorrenti, riducendo la pena per il solo Del Gaudio. Tutti
gli imputati hanno presentato rituale impugnazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Tutti i condannati hanno proposto ricorso per cassazione.
1.

DEL GAUDIO SEBASTIANO

è stato ritenuto in primo grado

responsabile delle violazioni di cui ai capi 1: artt.74 commi 1,2,3, 80 lett.a-b-c-d
d.p.r. 309/90; capi 3 e 4: artt. 110, 81 capoverso cod. pen.; 73 commi i e 6
d.p.r. 309/90; la Corte di appello, ribadendone la colpevolezza, ma escluse le
aggravanti contestate al capo sub 1), ha ridotto la pena finale ad anni cinque e
mesi otto di reclusione.
La difesa del Del Gaudio propone tre motivi di ricorso.
1.1. Con un primo motivo di impugnazione viene dedotta inosservanza ed
erronea applicazione della legge, con riferimento alla ritenuta responsabilità ex
art. 74 d.p.r. 309/90, che sarebbe stata affermata in difetto della provata
esistenza di un gruppo di tre persone, nonché in mancanza di un accordo
associativo e tenuto conto che il ricorrente, pacifico abituale assuntore di droga,
si è limitato a porre in contatto i suoi fornitori con altre persone che come lui
assumevano di frequente sostanza stupefacente.

Gragnano presso l’officina di Sansone Alberto).

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1.2 Con un secondo motivo si lamenta violazione di legge e vizio di
motivazione in ordine alle statuizioni di colpevolezza per i capi 3 e 4 recuperate
da letture di captazioni telefoniche cui non si sono accompagnati convenienti
riscontri anche in relazione alle contestazioni formulate in appello (non riprese nel
ricorso).
superino il vaglio dell’ammissibilità.
1.4. La responsabilità del ricorrente è stata infatti ribadita dalla corte
distrettuale considerando:
a)

che sull’utenza dell’imputato sono state intercettate numerose

conversazioni tra lo stesso ed altri affiliati, fra cui, in specie, compaiono, in veste
dirigenziale, Commesso Genero, detto Rino, e Commesso Salvatore, detto Tatore;
b) che il tenore di tali conversazioni, interpretato in punto di traffico illecito
di stupefacenti, è stato validato dai sequestri di sostanza stupefacente operati a
seguito della “messa all’erta degli operanti”, costituita proprio dalle risultanze delle
conversazioni intercettate;
c) che in tale contesto ricorrevano la natura criptica del linguaggio
adoperato ( sigarette per droga, ma ciò che viene sequestrato è droga, anche se
custodita, appunto, in pacchétti per sigarette), l’immediato collegamento spazio temporale degli appuntamenti tra il Del Gaudio, i Commesso ed altri affiliati e
l’esito delle perquisizioni;
d) che il “febbrile susseguirsi delle conversazioni”, il numero delle accertate
cessioni, o detenzioni a fine di cessione, permettevano di affermare, con assoluta
certezza, che il Del Gaudio non si limitò a porre in essere degli episodi rilevanti
appena ex art. 73 T. U. 3 09/90, dovendosi, di contro, desumere la sua stabile
affiliazione ad una ben ramificata organizzazione criminale, rilevante ai fini
dell’inquadramento paradigmatico sotto l’egida del contestato delitto associativo.
e) che, per ciò che attiene ai delitti sub 3) e 4), sono state riprese le
argomentazioni poste a fondamento del delitto sub 1), circa l’efficacia probante
delle risultanze di intercettazione delle conversazioni del Del Gaudio con
Commesso Gennaro, Di Risi Salvatore e Biondi Gianluca.

1.3. Ritiene la Corte che i primi due motivi, per come formulati, non

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1.5. Trattasi all’evidenza di un articolato costrutto di responsabilità, adesivo
alle statuizioni del primo giudice, avverso il quale il ricorso finisce con il proporre
una sua alternativa, per lui preferibile, ma non consentita, rivalutazione sia delle
singole emergenze processuali, sia del complesso dei dati probatori, quali invece
ragionevolmente correlati ed interpretati dai giudici di merito, che hanno espresso

incoerenze, apprezzabili ex art. 606 cod. proc. pen., nonchè indenne da
travisamenti dei fatti oppure delle prove acquisite.
Da ciò l’inammissibilità di entrambi i primi motivi di impugnazione.
1.6. Con un terzo motivo si prospetta ancora vizio di motivazione e
violazione di legge per gli aumenti operati in continuazione.
Il motivo non ha fondamento.
La pena inflitta, tenuto conto dell’esclusione delle aggravanti contestate sub
1), è stata rideterminata in anni cinque e mesi otto di reclusione ( pena base:
anni dieci di reclusione, ridotta ad anni sei e mesi otto di reclusione ex artt. 65, n.
3. 62 bis, 69, 3°co., c.p., aumentata di mesi undici per ciascuna delle violazioni
poste in continuazione, sì da pervenire alla pena di anni otto e mesi sei di
reclusione, ridotta di un terzo a ‘sensi dell’articolo 442 e. p. p..
1.7. E’ noto, per consolidata giurisprudenza, che in tema di determinazione
della pena nel reato continuato, deve ritenersi congruamente motivata la
sentenza che faccia riferimento -per la pena base- come avvenuto nella specie,
alle modalità dei fatti ed alla personalità del reo; non sussiste, invece, l’obbligo di
specifica motivazione per gli aumenti di pena a titolo di continuazione, valendo a
questi fini le medesime ragioni a sostegno della quantificazione della pena-base
(cass. pen. sez. 5, 27382/2011 Rv. 250465).
Il motivo va quindi rigettato.
2.

GUARFtACINO CHRISTIAN, accusato con altri, del reato di cui al

capo 26: artt.110, 112 n.1, 81 capoverso cod. pen., 73 commi 1 e 6 d.p.r.
309/90, è stato ritenuto responsabile in entrambi i gradi di giudizio, con
conferma della pena inflitta dal primo giudice e pari ad anni quattro, mesi
quattro di reclusione ed euro 20.000,00 di multa.

il loro convincimento con una motivazione persuasiva, priva di illogicità od

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La difesa del Guarracino prospetta 4 motivi di ricorso, caratterizzati da
ulteriori articolazioni interne (A-B-C-D-E-F-G-H-I), che specificano e sviluppano la
censura di base, con la ricorrente ripetitiva deduzione del “travisamento del
fatto”.
2.1. Ciò posto, ritiene la Corte che la costante iterazione della censura
conseguente inammissibilità delle doglianze che, in sede di legittimità, facciano
riferimento critico a tale espressione.
E’ invero noto che, anche a seguito della modifica apportata all’art. 606,
lett. e), cod. proc. pen. dalla I. n. 46 del 2006, non è deducibile nel giudizio di
legittimità il “travisamento del fatto”, stante la preclusione per la Corte di
cassazione di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a
quella compiuta nei precedenti gradi di merito (cass. pen. sez. 6, 25255/2012
Rv. 253099).
2.2. E’ invece deducibile ex art. 606 cod. proc. pen. il “travisamento della
prova”, il quale si realizza nel caso in cui il giudice di merito abbia fondato il
proprio convincimento su una prova che non esiste o su un risultato di prova
incontestabilmente diverso da quello reale, considerato che, in tale ipotesi, non si
tratta di reinterpretare gli elementi di prova valutati dal giudice di merito ai fini
della decisione, ma di verificare se detti elementi sussistano o meno (cass. pen.
sez. 5, 39048/2007 Rv. 238215).
2.3. Siffatto vizio di travisamento della prova è comunque denunciabile con
il ricorso per cassazione:
a) quando ricorra la cosiddetta “contraddittorietà processuale” come quando
il giudice prosciolga l’imputato ritenendo che questi al momento del fatto non rosse
capace di intendere e volere, fondando tale decisione sulle risultanze di una perizia
psichiatrica che aveva invece affermato che i disturbi della personalità non erano
tali da escludere l’imputabilità (cass. pen. sez. 6, 8342/2011 Rv. 249583);
b) quando si tratti di

“travisamento di una prova decisiva” acquisita al

processo, che è integrato dall’esistenza di una palese difformità tra i risultati
obiettivamente derivanti dall’assunzione della prova e quelli che il giudice di merito
ne abbia tratto (Fattispecie in cui i giudici di merito hanno ritenuto che l’atto di

“travisamento del fatto” imponga un breve chiarimento sulla portata e la

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delega, quale fonte della responsabilità dell’imputato per il reato di scarichi di
acque reflue industriali, concernesse la gestione degli scarichi fognari e non invece,
come reso palese dalla intestazione e dal contenuto dell’atto, la sola materia
antinfortunistica) (cass. pen. sez. 3, 39729/2009 Rv. 244623);
c) quando si prospetti il vizio di “travisamento della prova dichiarativa”, e

palese e non controvertibile la tangibile difformità tra il senso intrinseco della
singola dichiarazione assunta e quello che il giudice ne abbia inopinatamente
tratto, con esclusione peraltro del detto vizio, laddove si faccia questione di un
presunto errore nella valutazione del significato probatorio della dichiarazione
medesima (cass. pen. sez. 5, 933872013 Rv. 255087.Massime precedenti
Conformi: N. 15556 del 2008 Rv. 239533, N. 46451 del 2009 Rv. 245611, N.
14732 del 2011 Rv. 250133).
Situazioni queste non rilevabili nella motivazione della sentenza oggi
impugnata.
2.4. Infine, e per concludere, va ribadito che il vizio della prova travisata,
desumibile dal testo del provvedimento impugnato o da altri atti del processo
purchè specificamente indicati dal ricorrente, è ravvisabile ed efficace soltanto
quando l’errore accertato sia idoneo a disarticolare l’intero ragionamento
probatorio, rendendo illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa
del dato processuale/probatorio, fermi restando il limite del “devolutum” in caso di
cosiddetto “doppia conforme” e l’intangibilità della valutazione nel merito del
risultato probatorio (cass. pen. sez. 1, 24667/2007 Rv. 237207, ricorrente
Musumeci).
Tanto premesso in punto di diritto, vanno ora vagliati i motivi di
impugnazione proposti.
2.5. Con il primo motivo di impugnazione il Guarracino prospetta
travisamento dei fatti, violazione di legge, artt. 81, 110 c.p., art. 73 d.p.r.
309/90, artt. 8, 9, 12 e 16 c.p.p.., con riferimento agli artt. 25 e 27 Cost., nella
parte in cui la Corte di Appello non ha rilevato la competenza del Tribunale di
Salerno in primo grado, in luogo del Tribunale di Napoli, relativamente alla
posizione del ricorrente, anche in ragione della insussistenza di ipotesi di

questo abbia un oggetto definito e non opinabile, tale da evidenziare in modo

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connessione e/o di vis attractiva con la fattispecie di cui all’art. 74 d.p.r. 309/90,
ad alcuni coimputati contestata, nonché per l’indeterminatezza del criterio utile
alla connessione adottato; con il relativo vizio di motivazione per essere la stessa
carente, illogica, irragionevole e contraddittoria.
Trattasi di doglianza comune anche al ricorrente Vanacore, che l’ha

infra: §:3.1).
2.6. Con articolazione del detto primo motivo, contrassegnata sub A, la
difesa del Guarracino deduce travisamento dei fatti, violazione di legge e falsa
applicazione artt. 8 e 9 c.p.p. 27 e 25 cost. con riferimento all’art. 73 d.p.r.
309/90, in punto di individuazione della singola ed unica condotta ascritta
all’imputato, in ordine alla quale confrontare l’eccezione di incompetenza per
territorio del Tribunale di Napoli, in favore di quello di Salerno.
Per il difensore sarebbe scorretta in punto di diritto la gravata sentenza nel
punto in cui richiama l’art. 8 c.p.p. “che tratta della competenza per territorio in
ordine ai reati permanenti”, richiamo normativo che testimonierebbe l’errore ed il
travisamento dei fatti in cui è caduta anche la Corte di Appello, in punto di
individuazione della singola condotta ascritta al Guarracino, inoltre non si sarebbe
spiegato il criterio di legge (applicato nella specie, al fine di pervenire al
convincimento dell’ipotesi di connessione tra i reati di cui agli art. 73 e 74 d.p.r.
309/90, fra quelli indicati nell’art. 12 c.p.p.).
2.7. Alle lettere B)

e C) il ricorso propone travisamento dei fatti,

violazione di legge e falsa applicazione degli artt. 73 d.p.r. 309/90, 12 e 16 c.p.p.
in punto di ritenuta connessione di reati, per la totale indeterminatezza del criterio
di connessione ritenuto ricorrente nella specie, omessa motivazione sul punto
della individuazione della condotta cui riferirsi per la determinazione della
competenza per territorio.
2.8. Ritiene la Corte, come rilevato dal Procuratore generale in udienza,
che la competenza territoriale sia stata correttamente affermata dai giudici di
merito, pur con un incongruo inefficace riferimento al reato associativo ed alla
detenzione, trattandosi, nella specie, di una ipotesi di concorso di più persone, il
Guarracino e il Vanacore con Commesso Gennaro, nella cessione a Celentano

proposta negli stessi termini con il primo motivo della sua impugnazione (cfr.

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Antonio di grammi 512 di canapa indiana, che, come risulta agli atti, era
materialmente detenuta in Gragnano (NA), stupefacente successivamente
sequestrato al Celentano stesso in Praiano (SA), circostanze tutte che consentono
l’assunta conclusione sul locus commissi delicti.
2.8. Con un secondo motivo si lamenta travisamento dei fatti, violazione di

27 Cost. in punto di qualificazione giuridica della condotta, di ritenuto concorso ex
art. 110 c.p., di affermazione della responsabilità, di mancato riconoscimento
dell’ipotesi tentata e vizio di motivazione sui rispettivi punti.
2.9. Alle lettere D ed E, come articolazione del II motivo, si prospetta
violazione dell’art. 73 d.p.r. 309/90 e 110 c.p., con riferimento all’art. 27 comma
I Cost. e vizio di motivazione in punto di qualificazione giuridica della condotta
contestata ed in punto di affermazione della colpevolezza e nell’assenza di
compiuta identificazione del ricorrente, motivazione carente, contraddittoria ed
intrinsecamente viziata.
2.10.

Alla lettera F (II motivo) si evidenzia travisamento dei fatti,

inosservanza di legge ed erronea applicazione dell’art. 73 d.p.r. 309/90 ed art. 56
c.p. in punto di esclusione del tentativo e relativo vizio di motivazione, da
considerarsi illogica, contraddittoria ed intrinsecamente viziata.
2.11. Tanto premesso ritiene questa Corte di legittimità che nessuna delle
tre critiche superi il vaglio dell’ammissibilità a fronte della puntuale motivazione dei
giudici di merito sulla identificazione del ricorrente, la ricostruzione dei fatti e
sull’apprezzamento e qualificazione delle condotte.
Per la gravata sentenza le risultanze « inequivoche » delle intercettazioni,
già chiare in sé, hanno ricevuto il tranquillante conforto dell’operazione di
sequestro della polizia giudiziaria, avuto specifico riguardo al suggestivo e rilevante
contenuto della conversazione intercettata il 29 maggio 2010 evocativa
dell’incontestabile coinvolgimento del Guarracino nei fatti che hanno portato
all’arresto del Celentano, trovato in possesso in Praiano della sostanza
stupefacente già detenuta in Gragnano.

legge, artt. 73 comma 1 e comma 1 bis d.r.. 309/90 con riferimento agli artt. 25 e

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2.12. In ogni caso l’avvenuto sequestro, come correttamente evidenziato
dalla corte distrettuale, ha reso irrilevante la questione se, nella specie, si possa
discutere di derubricazione del delitto nella corrispondente ipotesi tentata.
2.13. Le contrarie prospettazioni difensive tendono ad accreditare una
diversa lettura delle emergenze processuali non condivisibili attesa l’assenza di

2.14. Alla lettera G, sempre nell’ambito del II motivo, si lamenta erronea
applicazione dell’art. 73 d.p.r. 309/90 in punto dì esclusione dell’eccepito acquisto
di gruppo.
Anche per questa realtà vi è adeguata risposta dei giudici di merito, tenuto
conto della palese insussistenza delle condizioni fissate, nelle interpretazioni di
legittimità, per ipotizzare detta situazione, essendo in concreto richiesto: a) che
l’acquirente sia uno degli assuntori; b) che l’acquisto avvenga sin dall’inizio per
conto degli altri componenti del gruppo; c) che sia certa sin dall’inizio l’identità dei
mandanti e la loro manifesta volontà di procurarsi la sostanza per mezzo di uno dei
compartecipi, contribuendo anche finanziariamente all’acquisto (cfr.
sez. U, Sentenza n. 25401/13 Rv. 255258), ma soprattutto tenuto conto che la
non punibilità riguarda solo i casi in cui la sostanza non è destinata a terzi, ma
all’utilizzo personale degli appartenenti al gruppo che la codetengono.
2.15. con un terzo motivo si prospetta alle lettere H ed I ennesimo
travisamento dei fatti, violazione di legge e vizio di motivazione in punto di
trattamento sanzionatorio, di ritenuta sussistenza delle aggravanti di cui agli artt.
112 c.p. e comma 6 art. 73 d.p.r. 309/90 nonché di mancato riconoscimento
dell’attenuante di cui al comma 5 stesso articolo nonché di cui all’art. 62 bis c.p.,
omissione di motivazione in merito.
2.16. Le doglianze sono tutte inammissibili laddove siano confrontate con le
corrispondenti argomentazioni dei giudici di merito che hanno analiticamente e
ragionevolmente spiegato che l’attenuante di cui al comma quinto dell’articolo 73
T. U. 309/90 va esclusa in presenza di un quantitativo dì hashish notevole quanto
quello sequestrato.
Quanto alla lamentata incompatibilità tra l’aggravante dell’art.112 cod. pen.
con quella speciale del comma sesto dell’art. 73 d.p.r. 309/90, trattasi di critica

invalidità censurabili in questa sede.

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priva di sostanziale rilievo tenuto conto che già il G.U.P. nella determinazione della
sanzione ha fissato la pena base ignorando le dette aggravanti, rimaste a solo
livello di contestazione (come d’altro canto l’ipotesi della continuazione) e la Corte
di appello si è limitata a confermare la pena.
2.17. Con un quarto motivo si sono profilati nell’ordine: travisamento dei

della misura di sicurezza, omissione di motivazione in merito.
La Corte napoletana ha in proposito argomentato sostenendo, con un
giudizio di merito privo di vizi apprezzabili in questa sede, che l’applicazione della
misura di sicurezza della libertà vigilata, possa fondarsi sulla gravità del fatto,
riguardata nel rilievo ponderale della sostanza detenuta, che permette di
qualificare il Guarracino alla cifra di una persona inserita in organizzazioni
malavitose gravitanti nel settore dei traffici di sostanze stupefacenti, circostanza
che lo rende socialmente pericoloso, e meritevole dell’applicazione della misura di
sicurezza in esame.
Ritiene infatti questa Corte che tale assunto della gravata sentenza
secondo cui la quantità, consistente anche se non apprezzabile ex art. 80 d.p.r.
309/90 dello stupefacente negoziato, è indicativa di un inserimento in circuiti
criminali, risponda a massime di comune esperienza e di lettura della realtà
secondo “l’id quod plerumque accidit”, criterio di inferenza questo da ritenersi
quindi corretto e non suscettibile di invalidazione in questa sede.
In tema di valutazione della prova, infatti, il ricorso al criterio di
verosimiglianza e alle massime d’esperienza conferisce al dato preso in esame
valore di prova se, come nella specie, può escludersi plausibilmente ogni
spiegazione alternativa che invalidi l’ipotesi all’apparenza più verosimile,
ponendosi, in caso contrario, tale dato come mero indizio da valutare insieme con
gli altri elementi risultanti dagli atti (cass. pen. sez. 6, 5905/2012 Rv. 252066).
3. VANACORE GIOACCHINO, accusato del reato di cui al capo 26:
artt.110, 112 n.1, 81 capoverso cod. pen., 73 commi 1 e 6 d.p.r. 309/90, è stato
ritenuto responsabile in entrambi i gradi di giudizio con conferma della pena
inflitta dal primo giudice e pari ad anni quattro, mesi quattro di reclusione ed
euro 20.000,00 di multa.

fatti, violazione di legge e vizio di motivazione in punto di ritenuta applicazione

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3.1. La difesa del Vanacore propone due motivi di critica: il primo, per ciò
che attiene alla competenza per territorio; il secondo, con riferimento al
trattamento sanzionatorio, accompagnando le relative censure dalla formulazione
della corrispondente questione di diritto.
3.2. La regola da evincersi in punto di competenza e con riferimento alla

G.I.P. nelle pagine 32,33 e 34) è stata dal difensore così testualmente formulata:
«se, come rimasto provato, Vanacore Gioacchino intrattiene solo il contatto
telefonico con Celentano Antonio per la vendita di sostanza stupefacente sulla
‘piazza” di Praiano, ancorchè la droga possa essere stata fornita o successivamente
fornita al secondo dal Commesso Gennaro e/o dal’ Commesso Salvatore,
compartecipi, secondo l’Accusa, di un’associazione camorristica cui non si postula,
né si dimostra, la partecipazione del ricorrente, non per questo Vanacore
Gioacchino possa o meno essere ritenuto soggetto funzionale alla stessa
associazione camorristica o soggetto che vi abbia contribuito dall’esterno, con la
conseguenza, in punto di diritto, che il reato ex art.73, co.1/6, D.P.R. n.309/1990
addebitatogli dev’essere scrutinato dal Tribunale di Salerno per essersi verificato
nel territorio di quel Circondario il pactum sceleris tra Vanacore Gioacchino e
Celentano Antonio, in esclusivo concorso tra costoro, ad esso non potendosi
applicare il reato di associazione esterna e, in conseguenza, l’attrazione nella sfera
di competenza territoriale del Tribunale di Napoli ».
3.3. Ritiene la Corte, richiamate le argomentazioni dianzi sviluppate, in
risposta alla identica eccezione di incompetenza territoriale prospettata dal
Guarracino (cfr.§.2.8), che il motivo debba essere respinto, corretta apparendo la
soluzione territoriale sostenuta dai giudici di merito ed attese le provate
interrelazioni tra i correi.
3.3. Con un secondo motivo si lamenta violazione di legge e vizio di
motivazione con riferimento all’omesso riconoscimento delle circostanze
attenuanti generiche in correlazione ai criteri di commisurazione della pena di cui
all’art. 133 c.p.
Il motivo è inaccoglibile.

ricostruzione del fatto storico a carico di Vanacore Gioacchino (come effettuata dal

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In proposito va rammentato che il riconoscimento delle attenuanti generiche
risponde a una facoltà discrezionale, il cui esercizio, positivo o negativo che sia,
deve essere bensì motivato, ma nei soli limiti atti a far emergere in misura
sufficiente il pensiero dello stesso giudice circa l’adeguamento della pena concreta
alla gravità effettiva del reato ed alla personalità del reo.
serie di considerazioni che attengono al carattere della confessione, necessitato
dalle risultanze di causa, ed all’apprezzamento l’entità del fatto, cui è stata
correlata, in termini di corrispondente adeguatezza, la misura della pena inflitta.
Il motivo è quindi palesemente privo di fondamento.
In conclusione, verificata la tenuta logica e la coerenza strutturale del
provvedimento impugnato, tutti i ricorsi risultano infondati e le parti proponenti
vanno condannate ex art.616 C.P.P. al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti, ciascuno, al pagamento delle spese
proc

uali.
osì deciso in Roma il giorno 16 gennaio 2014.

Nella specie detta motivazione di diniego è ineccepibilmente fondata su una

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