Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 513 del 21/11/2017


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 513 Anno 2018
Presidente: DE CRESCIENZO UGO
Relatore: DI PAOLA SERGIO

ORDINANZA

sui ricorsi proposti da:

SERGI DOMENICO nato il 09/01/1986 a GALLARATE
SANTAGATA CHRISTIAN nato il 22/07/1984 a BUSTO ARSIZIO

avverso la sentenza del 29/01/2016 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere SERGIO DI PAOLA;

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

La Corte d’Appello di Milano, con sentenza in data 29/01/2016, confermava
la condanna alla pena ritenuta di giustizia pronunciata dal Tribunale di Busto
Arsizio, in data 22/09/2010, nei confronti di Sergi Domenico e Santagata
Christian, in relazione ai reati di cui ali’ art. 628 cod. pen. loro contestati.
Propongono ricorso per cassazione gli imputati, deducendo Sergi Domenico
la violazione di legge e il vizio di motivazione con riferimento al diniego delle
circostanze attenuanti generiche, in ragione del comportamento successivo al
reato da parte dell’imputato; Santagata Christian deduce anch’egli la violazione
di legge e il vizio di motivazione con riferimento sia al trattamento sanzionatorio
ritenuto eccessivo, sia al diniego delle circostanze attenuanti generiche, pur in
presenza di elementi positivi documentati, e della circostanza attenuante di cui

Data Udienza: 21/11/2017

all’art. 62 n. 4 cod. pen., in ragione del tenue valore del portafoglio e del
cellulare sottratti alla vittima.
Entrambi i ricorsi sono inammissibili, perché generici e relativi ad aspetti
della motivazione che risultano compiutamente affrontati dal giudice d’appello.
Premesso che la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche è
giustificata ove sorretta da motivazione esente da manifesta illogicità,
insindacabile in cassazione (Cass., Sez. 6, n. 42688 del 24/9/2008, Rv. 242419),
anche considerato il principio affermato da questa Corte secondo cui non è
necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle
attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o
sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli
faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo
disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Sez. 2, n.3609 del
18/1/2011, Sermone, Rv. 249163; Sez. 6, n. 34364 del 16/6/2010, Giovane, Rv.
248244), va osservato che la sentenza impugnata ha puntualmente fatto rilevare
il dato, evidentemente ostativo alla valutazione di eventuali elementi positivi per
gli imputati, rappresentato dalla condanna riportata dagli imputati in epoca di
poco successiva ai fatti di reato, in concorso fra loro, per i delitti di omicidio e
tentato omicidio. Dalla valutazione complessiva del fatto, quindi, discende la
correttezza della motivazione con cui è stata esclusa altresì l’attenuante di cui
all’art. 62 n. 4 cod. pen., alla stregua del costante insegnamento di legittimità
secondo il quale “Ai fini della configurabilità dell’attenuante del danno di speciale
tenuità con riferimento al delitto di rapina, non è sufficiente che il bene mobile
sottratto sia di modestissimo valore economico, ma occorre valutare anche gli
effetti dannosi connessi alla lesione della persona contro la quale è stata
esercitata la violenza o la minaccia, attesa la natura plurioffensiva del delitto “de
quo”, il quale lede non solo il patrimonio, ma anche la libertà e l’integrità fisica e
morale della persona aggredita per la realizzazione del profitto. Ne consegue
che, solo ove la valutazione complessiva del pregiudizio sia di speciale tenuità
può farsi luogo all’applicazione dell’attenuante, sulla base di un apprezzamento
riservato al giudice di merito e non censurabile in sede di legittimità, se immune
da vizi logico-giuridici”. (Sez. 2, n. 50987 del 17/12/2015, Salamone, Rv.
265685).
All’ inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al
pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati
i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dai
ricorsi (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), ciascuno al versamento della
somma, che si ritiene equa, di euro tremila a favore della cassa delle ammende.

7

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e ciascuno al versamento della somma di tremila euro in
favore della cassa delle ammende.

Così deciso il 21/11/2017

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