Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5125 del 11/12/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 5125 Anno 2015
Presidente: ZAMPETTI UMBERTO
Relatore: BONI MONICA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PISANU ALESSANDRO N. IL 20/01/1965
avverso la sentenza n. 820/2013 CORTE APPELLO di CAGLIARI, del
28/01/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MONICA BONI;

Data Udienza: 11/12/2014

Ritenuto in fatto

1.Con sentenza resa il 28 gennaio 2014 la Corte di Appello di Cagliari
riformava la sentenza del Tribunale di Cagliari, sezione distaccata di Sanluri, del 5
aprile 2013 e condannava l’imputato Alessandro Pisanu alla pena di mesi due di
arresto e di euro 100,00 di ammenda, in quanto ritenuto responsabile del reato di
porto ingiustificato fuori dell’abitazione di un coltello, fatto commesso il 19

2.Avverso l’indicato provvedimento ha proposto ricorso per cassazione
l’imputato personalmente, il quale, ricostruita la vicenda dalla quale aveva avuto
origine il processo, ne ha chiesto l’annullamento per:
a) inosservanza e/o erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. 4
comma 2 L. nr. 110/75, in quanto la ricostruzione della condotta era molto
controversa e non coperta dal punto di vista giuridico-fattuale dalla deposizione del
c.re Stevelli, persona offesa e portatore di interessi antagonisti a quelli
dell’imputato, contraddetta da quella del teste Mulas, del tutto logica e coerente, e
dalla documentazione versata in atti. In particolare, la difesa aveva potuto
dimostrare che, nonostante la presunta diagnosi di trauma cranico con sette giorni
di prognosi, lo Stevelli, due giorni dopo l’episodio per cui è processo, aveva preso
parte ad un incontro calcistico ed aveva proseguito nella prestazione del servizio.
Oltre a ciò, anche la sentenza della Corte di Cassazione nr. 77 del 2012 aveva
riscontrato le gravi carenze motivazionali della sentenza resa dalla Corte di Appello
di Cagliari del 30/6/2009, annullata con rinvio, per cui non poteva ritenersi falso
che egli avesse consegnato di sua spontanea iniziativa ai carabinieri il coltello,
utilizzato per i lavori agricoli e l’allevamento del bestiame, circostanze ignorate
dalla sentenza, motivata soltanto con frasi di stile.
b) Violazione e falsa applicazione dell’art. 62-bis cod. pen. e vizio di motivazione: la
Corte distrettuale aveva omesso di motivare in ordine al diniego delle circostanze
attenuanti generiche, di cui egli era meritevole per la condotta processuale tenuta,
avendo partecipato ad ogni udienza del processo.

Considerato in diritto

L’impugnazione è inammissibile in quanto basata su motivi non correlati con
le ragioni della decisione e comunque riguardanti profili fattuali della vicenda.
1.11 primo motivo di ricorso si diffonde nel descrivere circostanze relative al
controllo subito dal ricorrente da parte di una pattuglia di Carabinieri ed alla
conseguente sottoposizione a lungo periodo di custodia cautelare in carcere non
seguito poi dalla condanna definitiva; evidenzia falsità ed improprietà nella

dicembre 2008.

deposizione dei testi di accusa, smentiti dal teste a discarico Mulas, ma non affronta
per confutarlo il nucleo essenziale dei fatti come ricostruiti dalla sentenza
impugnata. Tale provvedimento ha rilevato, infatti, che all’esito del controllo
operato sulla persona del Pisanu alle ore 00.35 del 19/12/2008, egli era risultato in
possesso di un coltello pattadese con lama di cm. 9,2, che, per le caratteristiche era
idoneo all’offesa alla persona ed il cui porto, per le circostanze di tempo e luogo,
non risultava giustificato da ragioni legate all’attività agricola o pastolare, svolta

appello, la testimonianza del Mulas offriva elementi a suo favore, avendo il teste
piuttosto riferito di avere trascorso la serata prima del controllo in compagnia
dell’imputato per consumare la cena e poi in giro per bar, mentre l’avvenuta
consegna spontanea dell’arma ai militari operanti non assumeva alcun rilievo a
fronte dell’accusa di porto ingiustificato di strumento atto ad offendere.
1.1 Il ricorso ripropone le medesime argomentazioni già esaminate e
puntualmente disattese con motivazione effettiva e razionale, oltre che aderente
all’indirizzo interpretativo della giurisprudenza di questa Corte, secondo il quale “il
“giustificato motivo” del porto degli oggetti di cui all’art. 4, comma secondo, L. 18
aprile 1975 n. 110, ricorre solo quando particolari esigenze dell’agente siano
perfettamente corrispondenti a regole comportamentali lecite, relazionate alla
natura dell’oggetto, alle modalità di verificazione del fatto, alle condizioni soggettive
del portatore, ai luoghi dell’accadimento, alla normale funzione dell’oggetto” (Cass.
sez. 1, n. 4498 del 14/01/2008, Genepro, Rv. 238946; sez. 1, n. 41098 del
23/9/2004, Caruso, rv. 230630; sez. 1, n. 580 del 5/12/1995, Paterni, rv. 203466).
Tali condizioni nel caso sono state ritenute non sussistenti senza possa
muoversi nessun addebito al ragionamento probatorio esposto nella sentenza,posto
che lo stesso ricorrente assume di avere consegnato da sé l’arma, ammettendo di
averla portata fuori dall’abitazione.
2. Anche in riferimento al diniego delle circostanze attenuanti generiche la
sentenza in verifica ha riscontrato una pluralità di elementi negativi, tali da
impedire l’attenuazione della pena. In tal senso ha evidenziato le modalità e la
pericolosità dell’azione, le circostanze notturne in cui era avvenuto il porto, la
personalità dell’imputato, gravato da seri precedenti per omicidio volontario, rapina,
tentata estorsione continuata, minacce, violazione della disciplina sugli stupefacenti
ed in materia di armi, nonché l’assenza di qualsiasi profilo positivo da considerare in
suo favore. Pertanto, la motivazione risulta effettiva, compiuta e logicamente
strutturata sulla scorta di una disamina diretta del materiale probatorio e degli
elementi oggettivi e soggettivi della fattispecie, sicchè sotto ogni profilo considerato
assolve efficacemente alla sua funzione di esternare le ragioni della decisione; si
sottrae dunque alle doglianze mosse in modo del tutto pretestuoso col ricorso.
2

dall’imputato in via saltuaria rispetto a quella di carrozziere. Né, secondo i giudici di

Per le considerazioni svolte il ricorso risulta inammissibile in tutte le sue
deduzioni; ne discende la condanna del proponente al pagamento delle spese
processuali e, in ragione dei profili di colpa insiti nella proposizione di impugnazione
di tale tenore, della somma che si stima equo determinare in euro 1.000,00 in
favore della Cassa delle Ammende.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali ed al versamento della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle
Ammende.
Così deciso in Roma, 1’11 dicembre 2014.

P. Q. M.

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