Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 51246 del 17/11/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 51246 Anno 2015
Presidente: CONTI GIOVANNI
Relatore: GIORDANO EMILIA ANNA

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:
Pastore Roberto, n. a Carrara il 25.5.1967
avverso la sentenza del 15.7.2014 della Corte di Appello di Genova
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Emilia Anna Giordano
udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale,
Aldo Policastro, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza
impugnata.
Ritenuto in fatto
1.

Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Genova, in riforma della

sentenza del Tribunale di La Spezia del 7.7.2011, qualificato il fatto ai sensi dell’art. 73,
comma 5, d.P.R. 309/1990, come modificato dalla I. 16.5.2014 n. 79 e ritenuta la
continuazione tra il presente reato e quello di cui alla sentenza del giudice per le indagini
preliminari del Tribunale di La Spezia del 7.10.2009 (irr. il 31.12.2009), ha aumentato di anni
due di reclusione ed euro duemila di multa la pena inflitta con la sentenza definitiva e, per
l’effetto, ha determinato la pena finale in quella di anni nove di reclusione ed euro 34.000,00 di
multa. Al Pastore è contestato il reato di cessione, dietro il pagamento del corrispettivo di euro
35,00, di due bustine di eroina, a tale Mariani Alessandro, condotta del 17.12.2008, con la
recidiva specifica, reiterata e infraquinquennale.

1

Data Udienza: 17/11/2015

2.

Avverso la sentenza propone ricorso, per il tramite del difensore, Pastore Roberto

deducendo i vizio di violazione di legge per inosservanza delle norme processuali stabilite a
pena di inutilizzabilità e, segnatamente, per violazione degli artt. 361, 431 e 500 cod. proc.
pen. e vizio di motivazione. Rileva, in particolare, che il Tribunale di La Spezia, in violazione
delle disposizioni di cui all’art. 500, comma 4, cod. proc. pen., con ordinanza dell’8.7.2011, ha
disposto l’acquisizione del verbale redatto dalla polizia giudiziaria contenente l’individuazione
fotografica eseguita dal Mariani che, nel corso della ricognizione personale eseguita in
dibattimento, dichiarava di non essere in grado di confermare che l’imputato fosse lo stesso

dibattimento del verbale di individuazione, poi posto a fondamento del giudizio di colpevolezza
a carico del Pastore, è consentita con la ritenuta valenza probatoria solo nei casi di cui al
comma 4 dell’art. 500 cod. proc. pen. ovvero ai limitati fini delle contestazioni. E’ evidente, ad
avviso del ricorrente, il duplice errore in cui è incorso il Tribunale, dapprima disponendo
l’acquisizione del verbale di individuazione eseguito dal teste al di fuori dei casi di cui al comma
5, art. 500 cod. proc. pen. e poi nel ritenere prevalente, sull’esito negativo della disposta
ricognizione personale eseguita in dibattimento, il contenuto probatorio dell’atto di polizia.

Considerato in diritto
1. Il ricorso deve trovare accoglimento con annullamento della sentenza impugnata e
rinvio, per nuovo giudizio, ad altra sezione della Corte di appello di Genova.
2. Dalla lettura della sentenza di appello si rileva che a fondamento del giudizio di
colpevolezza del Pastore è stato posto l’esito della ricognizione fotografica eseguita dal Mariani
nella fase delle indagini preliminari, il cui verbale, su richiesta del P.M., era stato acquisito
all’udienza dell’8.7.2011. La Corte di merito, nel disattendere le doglianze difensive oggi
riproposte con il ricorso, ha ritenuto utilizzabile, quale prova atipica, l’esito della ricognizione
fotografica eseguita in fase di indagini richiamando sul punto la giurisprudenza di legittimità.
3. La conclusione alla quale è pervenuta la Corte di appello, tuttavia, non è condivisibile e
discende da una valutazione erronea, perché parziale, dei principi di diritto affermati dalla
Corte di Cassazione richiamati nella sentenza impugnata. Invero la giurisprudenza di
legittimità, condivisa dal Collegio per la sua conformità ai principi del giusto processo che
regolano l’acquisizione della prova nel contraddittorio tra le parti, afferma che il giudice di
merito può trarre il proprio convincimento anche da ricognizioni non formali (quale, appunto,
l’individuazione fotografica), utilizzabili in virtù dei principi di non tassatività dei mezzi di prova
e del libero convincimento del giudice, sottolineando tuttavia, che la valenza dimostrativa della
prova sta non nell’atto in sé, bensì nella testimonianza che dà conto dell’operazione ricognitiva
(Sez. 4, sentenza n. 25658 del 27.6.2011, Sula Taulant, non massimata; Sez. 2, sentenza n.
33567 del 13.5.2009, Perrone, non massimata). Si ribadisce, inoltre, che in tali ipotesi,
seppure i verbali di individuazione non possono sicuramente acquisirsi al dibattimento,
neanche per il tramite delle contestazioni a norma dell’art. 500 cod. proc. pen., è indubbio che
2

Roberto da cui aveva acquistato lo stupefacente e che l’acquisizione al fascicolo per il

l’esame testimoniale ben può svolgersi anche sulle modalità della pregressa individuazione al
fine di procedere ad una valutazione globale di chi rende la dichiarazione (Sez.2, n. 16204 del
11.3.2004, Kerkoti Perparinn, Rv 228777). E ciò in quanto l’individuazione di un soggetto – sia
personale che fotografica – è una manifestazione riproduttiva di una percezione visiva e
rappresenta, una specie del più generale concetto di dichiarazione; pertanto la sua forza
probatoria non discende dalle modalità formali del riconoscimento, bensì dal valore della
dichiarazione confermativa, alla stessa stregua della deposizione testimoniale (Sez. 6,
sentenza n. 6582 del 5.12 2007, Major, Rv 239416).
4. Dai richiamati principi deriva che la identificazione dell’autore della cessione di droga

trovata indosso al Mariani, non può essere fondata, per come ritenuto nella sentenza
impugnata, sul verbale di individuazione fotografica, inutilizzabile nella ritenuta valenza
probatoria perché acquisito in violazione del disposto di cui al comma 4 dell’art. 500 cod. proc.
pen., ed apparendo ultroneo il riferimento agli artt. 361 e 431 cod. proc. pen., richiamati nei
motivi di ricorso, in quanto disposizioni che fanno riferimento ad altri momenti processuali.
5. Devono, invece, costituire oggetto di valutazione, da qui il disposto annullamento con
rinvio, le dichiarazioni rese dal Mariani nel corso del dibattimento, tenuto conto, ai fini del
complessivo giudizio di attendibilità del teste, che anche il momento ricognitivo costituisce
parte integrante della testimonianza, di tal che l’affidabilità e la valenza probatoria
dell’individuazione informale possono discendere dall’attendibilità accordata al teste ed alla
deposizione dal medesimo resa, valutate alla luce del prudente apprezzamento del giudice che,

ove sostenuto da congrua motivazione, non è sindacabile in sede di legittimità.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di
appello di Genova.
Cosi deciso in Roma, il 17 novembre 2015

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