Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 51244 del 10/11/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 51244 Anno 2015
Presidente: CARCANO DOMENICO
Relatore: GIORDANO EMILIA ANNA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1. Bria Ana Maria, n. a Cluj Napoca (Romania) il 25.4.1983
Difesa di fid. dall’avv. Alessandro Farau
2. Palazzo Giovanni, n. a Bergamo il 24.11.1976
avverso la sentenza n. 3483/2014 della Corte di Appello di Napoli del 9 maggio 2014;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita alla pubblica udienza del 10 novembre 2015 la relazione del Consigliere, Emilia Anna
Giordano;
Udito il Sostituto Procuratore generale, dott. Giovanni Di Leo che ha concluso chiedendo
dichiarare l’inammissibilità dei ricorsi;
Ritenuto in fatto
1. La Corte di appello di Napoli, pronunciando nei confronti di Bria Ana Maria e Palazzo
Giovanni, con sentenza del 9 maggio 2014 confermava la sentenza del giudice dell’udienza
preliminare del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere emessa il 24 aprile 2012, appellata dal
Palazzo e dalla Bria che condannava al pagamento delle spese processuali.

1

Data Udienza: 10/11/2015

•1′

2. Il giudice dell’udienza preliminare, all’esito di giudizio abbreviato e con la diminuente
del rito, esclusa l’aggravante dell’ingente quantità di cui all’art. 80 d.P.R. 309/1990 / ha
condannato la Bria per il reato di cui al capo D) e, ritenuta la continuazione con i reati di cui
alla sentenza del Tribunale di Latina del 5 luglio 2011- irr. il 30 ottobre 2011-, l’ha condannata
alla pena complessiva di anni cinque, mesi due di reclusione ed euro ventimila di multa. Alla
Bria sono state inflitte le pene accessorie della interdizione in perpetuo dai pubblici uffici e
dell’interdizione legale durante l’esecuzione della pena; ne è stata disposta l’espulsione dallo
Stato, a pena espiata.

sostanze stupefacenti, ascrittogli al capo B), previa assoluzione dall’episodio del 9.4.2010 ed
esclusione della circostanza aggravante dell’ingente quantità

di cui all’art. 80

d.P.R.

309/1990, ed è stato condannato, concessegli le circostanze attenuanti generiche e con la
diminuente del rito abbreviato alla pena di anni due, mesi otto di reclusione ed euro dodicimila
di multa.
4. A fondamento del giudizio di colpevolezza della Bria è stato evidenziato il contenuto
delle operazioni di intercettazione telefonica, dalle quali risultava la detenzione di stupefacenti,
in parte rinvenuti all’esito della perquisizione eseguita in occasione dell’arresto per i fatti del
presente procedimento, e la destinazione della droga al rifornimento di una pluralità di
tossicodipendenti, ovvero a terze persone che la coadiuvavano per lo smercio.
5. Quanto al Palazzo, i giudici di merito evidenziavano che dalle conversazioni telefoniche
intercettate risultava che questi acquistava, quasi quotidianamente, sostanze stupefacenti da
vari spacciatori operanti in Mondragone, Castel Volturno, Villa Literno, Capua, Formia e
Pignataro Interamna, località ove si portava da Latina, sua città di residenza. Il Palazzo era
stato identificato attraverso le intercettazioni a carico degli spacciatori e in seguito ne erano
stati monitorati, attraverso le intercettazioni sulla sua utenza cellulare, i contatti con altri
consumatori ai quali il Palazzo destinava parte della droga acquistata. L’assiduità degli acquisti,
secondo la motivazione della sentenza appellata, trova giustificazione nella successiva
commercializzazione della droga nella zona di provenienza, quantomeno per rifarsi delle spese
sostenute per le quasi quotidiane trasferte in Campania: da qui la prova della destinazione,
perlomeno di parte della droga acquistata, alla cessione a terzi, piuttosto che la destinazione
ad uso esclusivamente personale in ragione dello stato di tossicodipendenza (da cocaina ed
eroina) allegato dal Palazzo nell’interrogatorio di garanzia e documentato dalla produzione
delle certificazioni attestanti l’iscrizione al Ser.t e dalle indagini difensive, (attraverso le
dichiarazioni rese dal medico del Servizio e dai genitori dell’imputato), ovvero al consumo di
gruppo, dedotto a giustificazione delle cessioni in favore di tale Stefano Terrezza.
4. Avverso la sentenza hanno proposto ricorso per Cassazione, con atti sottoscritti
personalmente, il Palazzo e la Bria, deducendo i seguenti motivi, enunciati nei limiti
2

3. Il Palazzo è stato ritenuto colpevole del reato di detenzione a fini di cessione a terzi di

strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173 , comma 1, disp. att.
cod. proc. pen.
°

5. Bria Ana Maria: deduce la nullità della sentenza di condanna per violazione degli artt.

606, comma 1, lett. b), c) e d), cod. proc. pen. in rel. agli artt. 129 e 125 n. 3 cod. proc. pen.
per la erronea e mancata applicazione di norme penali e processuali e per illogicità della
motivazione. Deduce la ricorrente che la Corte di appello e il giudice dell’udienza preliminare
(erroneamente nel ricorso si fa riferimento al Tribunale di Latina) avrebbero dovuto
prosciogliere l’imputata ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen. poiché non vi era prova che la

una voce maschile e comunque, perché le conversazioni intrattenute sono prive di qualsiasi
richiamo al presunto spaccio di sostanze stupefacenti.
6. Il Palazzo: Motivo 1. Erronea applicazione della legge penale o altre norme giuridiche,
con particolare riguardo alla sentenza della Corte Costituzionale n. 32 del 2014 ed al d.l. 20
marzo 2014 n. 36, convertito, con modificazioni, dalla I. 16 maggio 2014, n. 79, violazione che
impone l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata onde scrutinare la sussumibilità
dei fatti nel paradigma del comma 5 dell’art. 73 d.P.R. 309/1990, configurato quale fattispecie
autonoma di reato e non più circostanza attenuante ad effetto speciale ed i cui contorni
Sostanziali, costitutivi ed edittali si applicano alla fattispecie naturalistica in esame, ove si
considerino i mezzi, le modalità o le circostanza dell’azione ovvero la quantità delle sostanze;
Motivo 2. Violazione di norme processuali stabilite a pena di nullità e inutilizzabilità ex artt.
266, 267 271 cod. proc. pen. in relazione all’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen.
poichè, sebbene le operazioni di intercettazione siano state regolarmente effettuate, a seguito
di decreto del P.M., presso gli uffici della Procura della Repubblica del Tribunale di S. Maria
Capua Vetere, le ulteriori attività di ascolto sono state eseguite, su autorizzazione del P.M.
procedente priva di motivazione sulle ragioni di necessità e urgenza, “in remoto” presso la
Compagnia Carabinieri di Casal di Principe;
Motivo 3. Erronea applicazione della legge penale (art. 73 d.P.R. 309/1990) e, comunque,
mancanza e manifesta illogicità della motivazione e omessa valutazione di tutti gli elementi
indiziari previsti dal disposto normativo in relazione agli artt. 125, 533, 546, comma 1, lett. e)
e 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen.. Il ricorrente lamenta che la Corte di Appello, ha
incentrato la dichiarazione di colpevolezza sull’assiduità dei contatti e degli acquisti effettuati
dal Palazzo e non ha valutato gli elementi di segno contrario dedotti dalla difesa e, in
Particolare, la circostanza che la ricorrenza degli acquisti, effettuati ogni due/tre giorni, era
finalizzata ad evitare, in caso di controlli, il sequestro della droga acquistata e, con riguardo ai
rapporti intercorsi con Terrezza Stefano, che la Corte di merito ha erroneamente valutato le
risultanze processuali poiché l’acquisto della droga veniva concordato con il Terrezza, che

3

Bria fosse l’interlocutrice delle conversazioni intercettate nel corso delle quali viene registrata

forniva al Palazzo la provvista necessaria, sicché la condotta dell’imputato è sussumibile nella
fattispecie, non costituente reato, dell’acquisto per uso di gruppo;
Motivo 4. Mancanza, manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione risultante da
atti specificamente indicati ex art. 125, 533 e 546 comma 1, cod. proc. pen. perché le
conclusioni della sentenza appellata contraddicono le dichiarazioni rese dal medico del Ser.t e
dai genitori del Palazzo circa lo status di grave tossicodipendenza del ricorrente, iscritto al Ser.t
fin dall’anno 1997 e sulle necessarie quantità di assunzione giornaliera, ca.

1/2 gr., di eroina e

cocaina, dichiarazioni difensive acquisite a riscontro delle dichiarazioni rese dal Palazzo

acquisti a giorni alterni per contenere perdite in caso di controllo e documentava il possesso di
un reddito (ca. euro 2.667,00 nel periodo febbraio-marzo 2010), adeguato a sostenere gli
acquisti di stupefacenti per i quali, nel periodo in esame, aveva speso la somma di euro
1.800,00.
Considerato in diritto
1. Il ricorso della Bria deve essere rigettato perché infondato. La congiunta lettura delle
sentenze di merito che, concordando nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova
posti a fondamento delle rispettive decisioni, vengono a saldarsi in unico corpo argomentativo,
(cfr. Sez. 1, sentenza n. 8868 del 26.6.2000, Sangiorgio, Rv 219606), consente ad avviso del
Collegio, di enucleare una ricostruzione dei fatti precisa e circostanziata, cui si correla una
attenta valutazione degli stessi ai fini di ritenere provata la penale responsabilità della
ricorrente. Il giudice dell’udienza preliminare ha ricostruito, riportando il contenuto delle
intercettazioni telefoniche, le condotte ascritte alla Bria ed ha illustrato (si vedano le pagg. 58
e ss. della sentenza di primo grado) i contatti che personalmente la Bria, intestataria
dell’utenza telefonica monitorata e più volte chiamata dai suoi interlocutori con il secondo
nome, Maria, ha intrattenuto con gli acquirenti. I contatti avevano inequivocabilmente ad
oggetto cessioni di droga, stupefacente che venne trovato nella disponibilità della Bria in
occasione dell’arresto per i fatti del presente procedimento ed a seguito della cessione in
favore di tale Michielon Marco. Nella sentenza di primo grado, inoltre, sono riportate alcune
conversazioni dalle quali si evince che la Bria, oltre a cedere sostanze stupefacenti ad
occasionali acquirenti, si avvaleva della collaborazione di terze persone che si occupavano, in
cambio di un regalo, delle successive cessioni (si vedano in proposito le conversazioni riportate
a pagg. 60 e 61). Si tratta di elementi che convergono nell’individuare la Bria non solo come
la persona che collaborava con tale Alì, detto anche Tito, nello smercio – è, infatti, questi ad
usare talvolta il cellulare della Bria, che talvolta gli passava la chiamata dopo avere risposto ma come la persona che si occupava direttamente della cessione a terzi raccogliendo gli ordini
telefonici con indicazione del numero e qualità delle dosi, concordando con gli acquirenti le
modalità di consegna, il luogo dell’incontro e le modalità di pagamento della droga e che
4

nell’interrogatorio di garanzia nel corso delle quali questi riferiva di recarsi ad effettuare gli

talvolta era destinataria delle lamentele degli acquirenti sulla qualità della droga ceduta (si
veda la conversazione a pag. 60 con tale Giancarlo che lamenta la pessima qualità di quanto
cedutogli raccogliendo le scuse di Maria che promette di portargli “quella originale”): può
dunque pervenirsi alla conclusione che i giudici di merito hanno ritenuto, sulla base di
apprezzamenti di fatto insindacabili in questa sede e di argomentazioni univoche e
conseguenziali, comprovata la penale responsabilità della Bria in ordine al reato ascrittole,
quale diretta cessionaria della droga e, quindi, autrice diretta delle condotte di reato
contestatele.

3. Sono, infatti, infondate le censure del ricorrente nella parte in cui sostengono che la
sentenza impugnata deve essere annullata onde scrutinare la sussumibilità dei fatti nel
paradigma dell’ipotesi lieve a seguito della modifica subita dalla fattispecie incriminatrice di cui
al comma 5 dell’art. 73 D.P.R. 309/1990, oggi configurata quale fattispecie autonoma di reato
e non più come circostanza attenuante ad effetto speciale. Rileva il Collegio che, anche all’esito
della disposta modifica dell’art. 73 comma 5, d.P.R. cit. a seguito dell’art. 1, comma 24 ter,
lett. a), d.l. 20.3.2014, convertito, con modificazioni, nella I. 16.5.2014, n. 79, sono
strutturalmente immodificati la descrizione della condotta e dei profili del fatto, inerenti ai
mezzi, modalità e circostanze dell’azione ovvero qualità delle sostanze, idonei a connotarne la
lieve entità, ravvisabile solo allorquando l’offensività penale della condotta sia minima. Nella
sentenza impugnata la Corte di appello, con una valutazione di merito insindacabile in sede di
legittimità ove supportata da motivazione esente da vizi logico-giuridici e nel caso in esame del
tutto genericamente contrastata dalla difesa, ha escluso che la condotta del Palazzo, consistita
nella reiterazione delle attività di spaccio per un apprezzabile arco temporale, potesse essere
inquadrata nell’ipotesi lieve, ipotesi che, solo ove ritenuta sussistente, può assumere rilievo ai
fini della sussunzione della fattispecie concreta sotto l’una o l’altra delle fattispecie
incriminatrici oggi astrattamente applicabili ai fatti previsti dall’art. 73 d.P.R. 309/1990.
4. Con riguardo alla eccezione di inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche, rileva il
Collegio che la Corte di Appello ha diffusamente motivato la insussistenza del dedotto vizio di
legittimità del decreto con il quale, dopo che le intercettazioni erano state eseguite presso la
Procura della Repubblica, veniva disposto che le operazioni di ascolto e trascrizione fossero
eseguite presso gli Uffici dei Carabinieri della Stazione di Villa Literno, decreto – nella
Prospettazione difensiva – illegittimo per violazione del comma 3 dell’art. 268 cod. proc. pen..
Le conclusioni alle quali è pervenuta la Corte di merito sono in linea con la giurisprudenza di
legittimità ( cfr. sul punto Sez.1, sentenza n. 35643 del 4/7/2008, Di Nucci, Rv 240988)
secondo la quale la “remotizzazione” delle intercettazioni presso gli uffici di polizia giudiziaria
non esclude la piena utilizzabilità dei risultati di tale mezzo di ricerca della prova, essendo
sufficiente che la registrazione sia avvenuta per mezzo di impianti installati presso la Procura
5

2. Miglior sorte non può avere il ricorso del Palazzo.

della Repubblica, anche se le operazioni di ascolto, verbalizzazione e riproduzione dei dati così
registrati siano state eseguite negli uffici della polizia giudiziaria. Ritiene il Collegio che tali
conclusioni debbano essere condivise perché le operazioni di ascolto e trascrizione
costituiscono attività diversa da quella di registrazione, presidiata dal disposto dell’art. 268,
comma 3, cod. proc. pen., in punto di requisiti che legittimano il ricorso al compimento delle
operazioni al di fuori degli impianti installati nella Procura della Repubblica e correlativa
motivazione del provvedimento autorizzativo, in ragione del bene costituzionale compromesso
da un mezzo invasivo quale quello dell’ascolto e captazione delle conversazioni telefoniche, che

già effettuata, e tenuto conto che i divieti di utilizzazione dei risultati delle intercettazioni di
cui all’art. 271 cod. proc. pen., in quanto tassativi, non possono essere oggetto di applicazione
analogica.
5. Sono infondati anche i motivi di ricorso dedotti ai punti 3 e 4 che è opportuno, perché
logicamente connessi, esaminare congiuntamente. Secondo la prospettazione difensiva, infatti,
non hanno costituito oggetto di valutazione, e correlativa motivazione da parte dei giudici di
merito, le prove contrarie addotte dall’imputato a giustificazione della destinazione all’uso
esclusivamente personale dello stupefacente acquistato, giustificazione allegata nel corso
dell’interrogatorio di garanzia dal Palazzo che aveva sostenuto di avere necessità di effettuare
acquisti a giorni alterni per contenere le perdite, in caso di controlli di polizia e di possedere,
essendo dipendente di un ente pubblico, un reddito adeguato e sufficiente a finanziare i
reiterati acquisti. La difesa, come cennato, ha comprovato la condizione di tossicodipendenza
del ricorrente attraverso il certificato di risalente iscrizione al Ser.t, le dichiarazioni rese dal
medico della struttura sanitaria e dai genitori del Palazzo secondo le quali l’imputato aveva
necessità di circa mezzo grammo di droga al giorno.
6. Rileva il Collegio che il giudice di appello, investito delle medesime doglianze oggi
proposte come motivo di ricorso, ha concluso nel senso che gli elementi allegati dalla difesa
non appaiono idonei a dimostrare l’uso esclusivamente personale dello stupefacente,
analogamente al prospettato uso di gruppo, poiché, a tenore del contenuto delle inequivoche
intercettazioni telefoniche, risultava che il Palazzo aveva rapporti continui ed abituali con gli
acquirenti dello stupefacente, finalizzati alla cessione di droga sicché poteva pervenirsi alla
conclusione che l’azione del prevenuto era volta a garantirsi, attraverso i frequenti viaggi in
zona diversa da quella di residenza, una considerevole disponibilità di stupefacente da
destinare anche alla cessione a terzi (cfr. pag. 6 della sentenza impugnata).
7. Risulta evidente, dalla motivazione innanzi riportata, che la Corte di appello ha valutato
lo status di tossicodipendenza del Palazzo, le sue capacità economiche e così il dedotto uso
finalizzato al consumo di gruppo in relazione alle conversazioni telefoniche intervenute con il
Terrezza, sicchè non si è in presenza di mancanza di motivazione che ricorre solo quando 6

evidentemente non ineriscono alle successive attività di mera documentazione della captazione

oltre ai casi di mancanza grafica – il giudice del gravame si limiti a respingere i motivi di
impugnazione specificamente proposti dall’appellante e a richiamare la contestata motivazione
del giudice di primo grado in termini apodittici o meramente ripetitivi, senza farsi carico di
argomentare sull’inconsistenza ovvero sulla non pertinenza della relativa censura (Sez, 6,
sentenza 35346 del 12/62008, Bonarrigo, Rv 241188).
8. Né, ritiene il Collegio, si è in presenza di una motivazione carente ovvero illogica avuto
riguardo ai contatti che il Palazzo intratteneva con altri consumatori per la cessione della droga
al suo rientro, contatti che non fanno riferimento esclusivamente al Terrezza e analiticamente

contenuto delle conversazioni dalle quali si evince che il Palazzo chiedeva ai fornitori di
approntare confezioni diverse, talvolta precisando che non erano a lui stesso destinate (si
veda pag. 23 e ss. della sentenza), mentre a pag. 38 e ss. vengono riportate le conversazioni
intercorse con il fornitore abituale, Ashimordi Cristopher, nel corso delle quali il Palazzo lo
invitava a recarsi a Formia dicendogli che si sarebbe occupato lui della raccolta di soldi in modo
da fargli fare un solo viaggio e che già per il giorno seguente poteva portargli “sette nero e tre
bianca”, contenuto ribadito in una successiva conversazione nel corso della quale gli ripeteva
rinvito, precisando che lo avrebbe richiamato l’indomani per dirgli cosa portare. Infine, a pag.
45, il giudice evidenzia che il Palazzo ha ceduto stupefacente a tale Stefano e successivamente
lo ha invitato a contattare tale Michele, per un’altra cessione, aggiungendo “sai, perché voglio
recuperare soldi”.
9. Dai passaggi motivazionali innanzi riportati si evince che lo status di tossicodipendenza
del Palazzo e così le sue condizioni economiche sono state adeguatamente valutate dai giudici
di merito che, tuttavia, hanno valorizzato al fine di ritenere parte della droga acquistata
destinata allo smercio elementi ulteriori, emergenti dalle conversazioni intercettate, e costituiti
dalle modalità di confezionamento della droga acquistata e dai contatti che il Palazzo
intratteneva con altre persone alle quali cedeva parte della droga acquistata nel corso dei
viaggi in Campania o recapitatagli a Latina direttamente dai fornitori. Infatti la destinazione
allo spaccio della sostanza stupefacente, al di fuori delle ipotesi di flagranza, può essere
comprovata attraverso una serie di elementi indiziari che, soprattutto in presenza di un dato
quantitativo modesto, devono confrontarsi con la condizione di tossicodipendenza
dell’assuntore e con la sua disponibilità economica onde ritenere la detenzione scriminata dalla
destinazione ad uso esclusivamente personale della droga detenuta (sanzionata solo ma via
amministrativa).
10. Le conclusioni alle quali sono pervenuti i giudici di merito, in linea con le risultanze
processuali, possiedono adeguata valenza dimostrativa perchè rivenienti da una pluralità di
fattori convergenti verso la dimostrazione della destinazione di una parte della droga
acquistata allo smercio a terze persone, destinazione che non discende affatto, per come
7

descritti nella sentenza di primo grado. Il giudice dell’udienza preliminare ha illustrato il

sostenuto dalla difesa, dalla mera frequenza ed assiduità degli acquisti compiuti dal Palazzo.
Né tali conclusioni sono smentite dalla circostanza che in qualche occasione il Palazzo abbia
concordato l’acquisto della droga con il Terlezza posto che, ai fini della destinazione all’uso di
gruppo, deve ricorrere la condizione che l’acquisto avvenga, fin dall’inizio, per conto degli altri
componenti del gruppo e che, fin dall’inizio, sia certa l’identità dei mandanti e la loro
manifestazione di volontà di procurarsi la sostanza stupefacente per mezzo di uno dei
compartecipi contribuendo, anche finanziariamente, all’acquisto ( v. S.U., sentenza n. 25401
del 31/1/2013, Galluccio, Rv 255258): condizioni che all’evidenza non ricorrono né con

richiesta di fornitura indirizzata all’Ashimordi poiché dalle conversazioni riportate emerge che il
Palazzo si adoperava per raccogliere adesioni alla sua proposta ( sicchè non è affatto certo che
egli avesse già ricevuto mandato per l’acquisto da persone determinate), né si evince dal
contenuto delle conversazioni intercettate nei casi in cui il Palazzo acquistava più dosi di
stupefacente sollecitando ai fornitori modalità di confezionamento diverse e distinte della
droga.
11. Per mera completezza, con riguardo al trattamento sanzionatorio inflitto alla Bria e al
Oalazzo, in relazione al reato come contestato e ritenuto, rileva la Corte che esso è conforme e ragguagliato al minimo edittale – a quello previsto dall’art. 73 D.P.R. 309/1990 come
modificato dall’art. 4 bis, co. 1 lett. b) del d.l. 30.12.2005, convertito, con modificazioni, nella
I. n. 49 del 21 febbraio 2006, dichiarato costituzionalmente illegittimo con sentenza n. 32 del
25 febbraio 2014 e che, comunque, continua ad applicarsi ai fatti commessi nel periodo di
vigenza se, come nel caso in esame, più favorevole.
12. Consegue al rigetto dei ricorsi la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese
processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 10 novembre 2015
Il Consigliere estensore

riferimento al tentativo di vendere una parte della droga a tale Michele né con riferimento alla

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