Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5121 del 11/12/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 5121 Anno 2015
Presidente: ZAMPETTI UMBERTO
Relatore: ROCCHI GIACOMO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
VAGO MASSIMO N. IL 07/03/1968
avverso la sentenza n. 553/2010 CORTE APPELLO di VENEZIA, del
16/01/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO ROCCHI;

Data Udienza: 11/12/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 16/1/2014, la Corte d’appello di Venezia, provvedendo
sull’appello proposto da Vago Massimo e Bottega Monica avverso quella del
G.U.P. del Tribunale di Verona, assolveva la Bottega, dichiarava prescritto nei
confronti di Vago il reato di minacce, confermava la condanna di Vago per il
delitto di incendio e rideterminava la pena in anni tre e mesi quattro di
reclusione.

Celeste, con recidiva specifica e reiterata.
Nell’ambito di un conflitto tra due famiglie di origine sinti, l’abitazione di
Vago Celeste era stata data alle fiamme. La Corte riteneva che le testimonianze
di due donne, vicine di casa della persona offesa, fossero decisive, avendo le
stesse riconosciuto entrambi gli imputati e descritto la loro condotta; le
discordanze tra le due testimonianze erano minime e vertevano su circostanze
irrilevanti. Per di più, in un’altra occasione, Vago era stato sentito da un terzo
testimone minacciare la persona offesa di incendiarle la casa.
La Corte riteneva non concedibili le attenuanti generiche.

2.

Ricorre per cassazione il difensore di Massimo Vago, deducendo

violazione di legge e vizio di motivazione.
Il ricorrente ripropone per intero le considerazioni esposte nell’atto di
appello in ordine all’inattendibilità delle due testimoni e lamenta che la sentenza
impugnata si sia limitata a ribadire genericamente la sufficienza delle due
testimonianze, senza valutare la loro incompatibilità con i rilievi della polizia
giudiziaria e ipotizzando – in maniera del tutto congetturale – che qualcuno
avesse chiuso la porta dell’abitazione.
La Corte non aveva valutato l’argomentazione esposta nell’atto di appello,
secondo cui l’incendio era stato appiccato dall’esterno, mentre le due testimoni
avevano affermato di avere visto Vago entrare nell’appartamento per darvi
fuoco. La motivazione era, quindi, mancante.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.

Pur deducendo un vizio di motivazione, il ricorrente non fa altro che
sollecitare questa Corte a rivalutare le circostanze di fatto poste a base della
sentenza di conferma della condanna, operazione preclusa in questa sede; ma
2

Vago è accusato di avere cagionato l’incendio dell’abitazione di Vago

rinuncia a dimostrare la contraddittorietà della pronuncia con atti del processo
specificamente indicati, ad esempio sulla questione del punto (esterno o interno
all’appartamento) in cui l’incendio è stato appiccato, così risultando il ricorso non
autosufficiente.

2. Alla declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione consegue ex lege, in
forza del disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento ed al versamento della somma, tale

esulando profili di colpa nel ricorso (v. sentenza Corte Cost. n. 186 del 2000).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro 1.000 alla Cassa delle
ammende.

Così deciso 1’11 dicembre 2014

Il Consigliere estensore

Il Presidente

ritenuta congrua, di euro 1.000 (mille) in favore delle Cassa delle Ammende, non

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