Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 51202 del 25/11/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 51202 Anno 2015
Presidente: FRANCO AMEDEO
Relatore: DE MASI ORONZO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da

PUCCIO Morena, nato a Gela il 15 ottobre 1956
COLLODORO Crocifisso, nato a Gela il 28 novembre 1976

avverso la sentenza n. 199/2013 della Corte di Appello di Caltanissetta, in data 10
dicembre 2014;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Oronzo De Masi;
udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale Paola Filippi,
che ha concluso per il rigetto del ricorso;

Data Udienza: 25/11/2015

RITENUTO IN FATTO

La Corte di Appello di Caltanisetta, con sentenza n. 261/2014, in parziale riforma della
sentenza emessa dal Tribunale di Gela, in composizione monocratica, in data 4/12/2012,
appellata da PUCCIO Morena e COLLODORO Crocifisso, dichiarate le già concesse attenuati
generiche prevalenti sulla contestata aggravante, rideterminava la pena loro inflitta, per i reati
in materia urbanistica e di violazione di sigilli loro ascritta, in quella di mesi quattro e giorni

I predetti risultano imputati: (capo a), del reato di cui agli artt. 81, 110 c.p., 44, c.1, D.P.R.
380/2001, perché in qualità di proprietario, la prima, e di committente dei lavori, il secondo,
con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso e con violazione di diverse
disposizioni di legge, in assenza della concessione edilizia, presso il lotto di terreno,
catastalrnente meglio descritto in atti, realizzavano un immobile ad una elevazione fuori terra
(piano terra) della superficie di circa 80 metri quadrati, con struttura portante in cemento
armato, munito di pavimentazione interna ed esterna, pareti interne rivestite con pittura e
infissi alla apertura, arredato e reso abitabile; (capo b), del reato di cui agii artt. 81, 110 c.p.,
64, 65, 71 e 72 D.P.R. 380/2001, perché nelle suindicate qualità, con diverse violazioni di
legge e con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, realizzavano le opere
descritte al precedente capo a), mediante strutture metalliche intelaiate e cemento armato, in
assenza di un progetto esecutivo redatto da tecnico a ciò abilitato, iscritto nel relativo albo,
senza la direzione di un tecnico a ciò abilitato, iscritto nel relativo albo, nonché in assenza della
preventiva denuncia di tali opere al Comune di gela ovvero all’Ufficio del Genio Civile di
Caltanissetta; (capo c), del reato di cui agli artt. 81, c. 1 e 2, 110 c.p., 93, 94 e 95 D.P.R.
380/2001, in relazione a quanto previsto dall’art. 32 L. R. n. 7/2003, perché nelle suindicate
qualità, con violazione di diverse disposizioni di legge e con più azioni esecutive del medesimo
disegno criminoso, realizzavano le opere descritte al precedente capo a) in area classificata
zona sismica 2, senza avere dato preventivamente avviso al Comune di Gela e senza avere
preventivamente presentato all’Ufficio del Genio Civile di Caltanissetta la progettazione
antisismica afferente all’esecuzione dei lavori di cui al capo a); (capo d), del reato di cui agli
artt. 81 cpv, 110 e 349, c.1 e 2, c.p., perché il COLLODORO, nella qualità di committente, ed
la PUCCIO, quale custode giudiziario nominato all’atto del sequestro dell’1/3/2011, con più
azioni esecutive del medesimo disegno criminoso ed in tempi diversi, violavano i sigilli posti in
data 1/3/2011 realizzando pavimentazione interna ed esterna all’immobile, la pittura delle
pareti interne e la posa di sei infissi tra porte e finestre; (capo e), del reato di cui agli artt. 81
cpv, 110 e 349 c. 1 e 2, c. p., perché la PUCCIO nella qualità di proprietario ed il COLLODORO
quale custode giudiziario nominato all’atto del sequestro del 18/5/2011, con più azioni
esecutive del medesimo disegno criminoso ed in tempi diversi, violavano i sigilli posti in data
18/5/2011 continuando i lavori presso l’immobile in modo da ultimarlo in ogni sua parte,
arredandolo e rendendolo abitabile.
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quindici di reclusione ed Euro 300 di multa ciascuno.

Avverso la sentenza la PUCCIO ed il COLLODORO, tramite il difensore fiduciario, ricorrono
per cassazione e chiedono l’annullamento della sentenza impugnata, per due motivi.
Con il primo motivo di doglianza, i ricorrenti deducono la mancanza di prova in ordine alla
sussistenza dell’aggravante di cui al capo d) ed e) in quanto sul posto, durante i sopralluoghi
eseguiti dalla P.G., era presente solo il COLLODORO, e non anche la PUCCIO, per cui i reati di
cui ai capi d’imputazione sopra indicati devono essere ascritti al solo COLLODORO.
Con il secondo motivo di doglianza, i ricorrenti deducono la violazione dei parametri di

dei sigilli apposti al manufatto abusivo in data 1/3/2011 e 18/5/2001, nonché l’illegittimità
della pena inflitta, quella di mesi quattro e giorni quindici di reclusione ed Euro 300 di multa
ciascuno, in quanto non si indica, nella motivazione della sentenza, l’aumento della
continuazione per ciascun reato, per cui la pena risulta indeterminata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorsi sono infondati e non meritano accoglimento.
Quanto al primo motivo, in punto di responsabilità della PUCCIO, coniuge del COLLODORO,
anche per i reati di cui all’art. 349 c.p., aggravati dalla qualità di custode giudiziale, attesa
l’accertata violazione dei sigilli apposti in occasione dei due sequestri effettuati,
rispettivamente, in data 2/3/2011 e 18/5/2001, si legge nella gravata sentenza che “la stessa,
certamente consapevole di essere stata nominata custode dei sigilli apposti al manufatto
abusivo all’esito del sopralluogo del 2/3/2011, ed inoltre della circostanza che il coniuge …
all’esito dell’ispezione del 18/5/2011 era stato designato custode giudiziario del manufatto
oggetto di sequestro, ha consentito al marito di proseguire le opere edilizie compiutamente
descritte dei capi d) ed e) fino all’ultimazione del manufatto abusivo, che, come constatato
dagli operanti, il 9/9/2011 era arredato e abitabile, sicchè non si procedette a nuovo
sequestro.
Emerge dunque che i sigilli sono stati apposti in data 1/3/2011 e 18/5/2001 e che il
completamento degli interni è stato effettuato dopo tali date e quindi con violazione dei sigilli.
La Corte territoriale, nel valutare gli elementi indiziari a carico di entrambi degli imputati,
ponendosi in sostanziale continuità con il giudizio in fatto espresso dal giudice di primo grado,
si è attenuto al principio di diritto, affermato da questa Corte, secondo cui il custode è
obbligato ad esercitare sulla cosa sottoposta a sequestro una custodia continua ed attenta, e
non può sottrarsi a tale obbligo se non adducendo oggettive ragioni di impedimento e
chiedendo ed ottenendo, per esse, di essere esonerato dall’incarico e sostituito nella funzione
di custodia o, qualora non abbia avuto la possibilità ed il tempo di chiedere il detto esonero,
fornendo la prova del caso fortuito o della forza maggiore come cause impeditive dell’esercizio,
da parte sua, del menzionato dovere di vigilanza (Sez. 3, n. 29040 del 20/2/2013, Rv.
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determinazione della pena, in relazione a tutti i reati contestati e segnatamente alle violazioni

256670; Sez. 3, n. 19424 del 24/5/2006, Rv. 233830; Sez. 3, n. 26848 del 29/4/2004, Rv.
229463; Sez. 3, n. 2989 del 28/1/2000, Rv. 215767).
Ne discende che non ha alcun pregio l’affermazione, contenuta nel motivo del ricorso, che la
PUCCIO “abitava a 8 chilometri dal fatto e non si recava mai nell’abitazione abusiva costruita
per la sola volontà del marito”, in quanto il motivo di doglianza fa leva unicamente su tale
circostanza e trascura le altre argomentazioni dei giudici di merito, secondo cui la
consumazione del reato può essere desunta anche da indizi gravi, precisi e concordanti e da
nozioni di comune esperienza (pag. 5 della sentenza di primo grado, pag. 2 della sentenza di

La Corte territoriale ha esattamente osservato che la circostanza aggravante di cui all’art. 349
c.p., comma 2, costituisce una circostanza soggettiva che si comunica al compartecipe quando
sia servita, come nel caso di specie in forza del rapporto di coniugio tra i concorrenti, ad
agevolare l’esecuzione del reato.
La conoscenza da parte della ATTRUIA della qualità di custode in capo al coniuge è stata
chiaramente ritenuta ed adeguatamente motivata dalla sentenza impugnata, laddove viene
affermato che il rapporto di coniugio con il compartecipe custode aveva agevolato l’esecuzione
del reato di violazione dei sigilli.
La Corte territoriale ha evidenziato che la prevenuta, proprietaria del suolo, era stata nominata
“custode dei sigilli apposti al manufatto abusivo all’esito del sopralluogo dei 2/3/2011” e che la
stessa ha consentito al marito che, “all’esito dell’ispezione del 18/5/2011″ era stato designato
custode giudiziario del manufatto oggetto di sequestro, la prosecuzione dei lavori, come
constatato dagli operanti in occasione del sopralluogo del 9/9/2011, sino a rendere l’immobile,
compiutamente arredato, abitabile.
Quanto al secondo motivo, in punto di determinazione della pena finale, i ricorrenti si dolgono
del fatto che, in motivazione, la Corte territoriale non ha specificato l’ aumento per la
continuazione con riferimento ai singoli reati satellite contestati.
Deve, innanzitutto, darsi atto del fatto che, nella quantificazione della pena da irrogarsi agli
imputati, la Corte territoriale ha determinato la pena base per la violazione ritenuta più grave
(” p.b. per il più grave reato sub d: mesi sei ed E. 300,00 di multa – art. 62 bis c.p. = mesi
4 ed E. 200,00 … “) ed ha, poi, applicato un aumento unitario, peraltro di minima entità, per
tutti gli altri episodi ritenuti in continuazione (“… -t- art. 81 c.p. = pena finale come sopra
indicata.”).
Sebbene vi sia contrasto nella giurisprudenza di questa Corte in ordine alla necessità di
indicare specificamente l’aumento di pena correlato a ciascun reato satellite (Sez. 5, n. 16015
del 18/2/2015, Rv. 263591, Sez. 1, n. 27198 del 28/5/2013, Rv. 256616, Sez. 3, n. 4209 del
16/12/2008, dep. il 29/1/2009, Rv. 242873, Sez. U. n. 7930 del 21/4/1995, Rv. 201549, in
senso contrario, Sez. 1, n. 3100 del 27/11/2009, dep. 26/01/2010, Rv. 245958, Sez. 5, n.
7164 del 13/1/2011, Rv. 249710, Sez. 2, n. 23659 del 15/5/2008, Rv. 240612), la questione
non assume concreta rilevanza e la sentenza impugnata non è censurabile atteso che dal
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appello).

modesto aumento di pena correlato ai reati satellite si desume che la Corte territoriale non ha
inteso distinguere quantitativamente l’aumento di pena operato per ciascuno di essi, e
pertanto non aveva l’obbligo di motivare sul punto “reato per reato”.
A norma dell’art. 616 c.p.p., segue la condanna delle parti ricorrenti al pagamento delle spese
del procedimento.

P.Q.M.

Così deciso in Roma, il 25 novembre 2015.

Rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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