Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 512 del 25/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 512 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: MULLIRI GUICLA

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
Cefalo Luigi, nato a Benevento il 15.2.49
imputato art. 5/ b) e d)L. 283/62
avverso la sentenza del Tribunale di Benevento del 5.12.11

Sentita la relazione del cons. Guida Mùlliri;

osserva
Il ricorrente è stato condannato perché, in qualità di esercente l’attività di ristorazione,
deteneva gli alimenti in cattivo stato di conservazione (in particolare in frigoriferi promiscuamente
contenenti carne e pesce, senza alcuna protezione o schermatura).

Avverso detta sentenza del Tribunale, il ricorrente ha proposto appello che è stato
convertito in ricorso dinanzi a questa S.C. in quanto si trattava di condanna alla sola pena
dell’ammenda. Nel gravame si sostiene la erroneità della decisione in quanto le risultanze
processuali consentono «una diversa interpretazione dei fatti» (f. 1 ricorso). Segue un riepilogo
delle testimonianze acquisite in dibattimento e si conclude affermando la mancanza di
elemento soggettivo ed una carenza istruttoria che avrebbe potuto permettere di acquisire
maggiori elementi di valutazione in ordine al modo in cui i cibi venivano conservati.
Il ricorso è manifestamente infondato e, quindi, inammissibile.

Data Udienza: 25/10/2013

Alla presente declaratoria segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di 1000 C.
P.Q.M.
Visti gli artt. 610 e ss. c.p.p.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
ed al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di 1000 C.

Così deciso in Roma nell’udienza del 25 ottobre 2013

Il Presidente

Come è possibile evincere anche solo dalla breve sintesi dei motivi appena fatta, gli
argomenti svolti dal ricorrente si risolvono essenzialmente in un invito a questa S.C. a
rivalutare le risultanze processuali per trarne conclusioni più favorevoli all’imputato.
Si tratta, però, di richiesta inammissibile perché l’unico controllo che questa corte di
legittimità può svolgere sulla motivazione dei giudici di merito deve puntare alla verifica che
questi abbiano preso in considerazione tutte le emergenze, non le abbiano travisate ed, anzi
ne abbiano dato una lettura non manifestamente illogica.
Non ha, quindi, alcun rilievo che la stessa prova possa essere suscettibile di diverse
altre interpretazioni perché, una volta che il giudice del merito abbia fornito una spiegazione
plausibile della propria analisi probatoria l’esame del giudice di legittimità non può andare oltre
il controllo della chiave interpretativa essendo preclusa (sei. ii 11.1.07, Messina, Rv. 235716) “la
possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella
effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura, sia pure anch’essa logica, dei
dati processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o
attendibilità delle fonti di prova”.
Tutto ciò premesso, va anche soggiunto che la motivazione qui in esame non presta il
fianco a critiche di sorta perché la pronuncia di responsabilità risulta compiutamente
argomentata con il richiamo a quanto riferito dai testi e, quindi, con il riferimento ai parametri
di integrazione della fattispecie contestata ed alle finalità della norma violata.

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