Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 5119 del 10/10/2013
Penale Sent. Sez. 3 Num. 5119 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: MARINI LUIGI
SENTENZA
sul ricorso proposto da
ORLANDO Filippo, nato a Torre del Greco il 1/2/1963
avverso l’ordinanza del 14/3/2012 della Corte di appello di Napoli, che ha
respinto l’istanza volta a ottenere la restituzione “provvisoria” delle cose in
sequestro in relazione a procedimento penale per violazione della legge n.150
del 1992;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Luigi Marini;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale, Sante Spinaci, che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il
ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 14/3/2012 la Corte di appello di Napoli ha respinto
l’istanza volta a ottenere la restituzione “provvisoria” delle cose poste in
sequestro (corni in avorio) in relazione a procedimento penale per violazione
della legge n.150 del 1992.
La Corte di appello ha ritenuto non accoglibile l’istanza di restituzione
temporanea presentata dal sig. Orlando per ottenere la disponibilità delle cose
Data Udienza: 10/10/2013
al fine di procurarsi le autorizzazioni amministrative di regolarizzazione della
detenzione.
2. Avverso tale decisione il sig. Orlando propone ricorso in sintesi
lamentando:
Vizio di motivazione ai sensi dell’art.606, lett.e) cod proc. pen. ed errata
applicazione di legge ex art.606, lett.b) cod. proc. pen. in relazione all’art.240
cod. proc. pen. per avere la Corte di appello omesso di considerare che l’istanza
è stata presentata anteriormente alla definitività della decisione assunta dalla
avere, altresì, la Corte di appello omesso di considerare che la possibilità di
regolarizzare la detenzione delle cose rende inapplicabile la disposizione di cui al
comma 2 dell’art.240 cod. proc. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.
Il ricorso è manifestamente infondato. L’art.4 della legge 7 febbraio
1992, n.150, modificata con legge 13 febbraio 1993, n.59, al comma 1 recita:
“In caso di violazione dei divieti di cui agli articoli 1 e 2 è disposta la confisca
degli esemplari vivi o morti degli animali selvatici o delle piante ovvero delle
parti o prodotti derivati. Nel caso di esemplari vivi è disposto il loro rinvio allo
Stato esportatore, a spese del detentore, o l’affidamento a strutture pubbliche o
private, in grado di curarne il mantenimento a scopi didattici e la sopravvivenza,
sentita la commissione scientifica di cui al comma 2. Nel caso di esemplari morti,
loro parti o prodotti derivati, il Servizio certificazione CITES del Corpo Forestale
dello Stato ne assicura la conservazione a fini didattico-scientifici e, ove
necessario, provvede alla loro distruzione, sentita la commissione scientifica di
cui al comma 2.”
2. Si versa in ipotesi di confisca obbligatoria che trova fondamento in una
disposizione speciale e non può essere ricondotta al regime dell’art.240 cod. pen.
richiamato dal ricorrente.
3. Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere
dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente, ai sensi
dell’art.616 c.p.p., al pagamento delle spese del presente grado di giudizio.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13
giugno 2000, n.186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso
sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via
equitativa, di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
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stessa Corte, così che si versa in fase di cognizione e non in fase esecutiva; per
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del presente giudizio, nonché al versamento della somma di Euro 1.000,00
alla Cassa delle ammende.
Così deciso il 10/10/2013